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Candida Auris, 5 cose da sapere su sintomi e cure del fungo killer: parla Bassetti

Il fungo killer desta preoccupazione tra le corsie ospedaliere, ma basta attenzione e rigore per evitare il contagio da un paziente a un altro

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Luca Bucceri

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista esperto del mondo dello sport e della politica, scrive anche di attualità ed economia. Laureato in Scienze della Comunicazione, muove i primi passi nelle redazioni sportive di Palermo per poi trasferirsi a Milano e lavorare per importanti testate.

Negli ultimi giorni è balzata agli onori della cronaca la Candida Auris, il fungo killer che ha causato il decesso di un 82enne in Veneto. L’uomo, rientrato da poco dall’Africa dove si trovava per lavoro, è deceduto a Mestre per le complicazioni dovute all’infezione dal fungo molto pericoloso, ma soffriva di patologie pregresse che hanno fatto aggravare il quadro clinico. Ecco allora che gli esperti tengono a fare un punto sulla situazione, cercando di fare chiarezza sui contagi, i casi presenti in Italia e soprattutto quali sono le cure.

Candida Auris, come si contrae

A cercare di fornire un quando un po’ più chiaro della situazione dopo il decesso dell’82enne in Veneto ci ha pensato il direttore della Clinica Malattie infettive al San Martino di Genova, Matteo Bassetti. Nel corso di un’intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale, l’infettivologo ha infatti informato sulle modalità attraverso le quali è possibile contrarre il fungo.

Bassetti ha infatti sottolineato che si tratta principalmente di un’infezione che si può contrarre in ospedale. “Se non sei in ospedale o non hai contatti con l’ospedale è assolutamente improbabile che tu possa infettarti con la Candida Auris” ha spiegato Bassetti, che ha svelato che anche una procedura fatta male, come per esempio un catetere venoso, può causare l’infezione.

Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie infettive del San Martino di Genova

Dove si può contrarre il fungo killer

Passando ai luoghi di infezione, Bassetti non ha potuto far altro che confermare come siano gli ospedali i più colpiti. Il direttore della Clinica Malattie infettive del San Martino, infatti, non si è nascosto e ha anzi sottolineato: “Le infezioni ospedaliere sono un problema serissimo. La Candida Auris è uno dei tanti germi”.

“I problemi vanno affrontati senza nascondere nulla ma dicendo le cose come stanno” ha poi spiegato, sottolineando come ci siano alcune strutture che nascondono il problema.

Quanti casi in Italia

Quello dell’82enne morto a Mestre, ovviamente, è il caso che ha creato scalpore e ha fatto preoccupare tutti, ma non si può di certo parlare di una nuova epidemia.

Nel corso dell’intervista al Quotidiano Nazionale, Bassetti ha comunque rivelato che ci sono diversi casi di Candida Auris in Italia: “Sicuramente si può parlare di centinaia di malati. I casi di Candida in generale sono decine di migliaia“.

Candida Auris e tasso di mortalità, i numeri

Il dato che interessa a tutti è sicuramente quello sul tasso di mortalità, ovvero quel numero che può far preoccupare o meno sulla forza del fungo. Bassetti, al momento, non si sbilancia più di tanto, svelando che la situazione è da “50 e 50”.

L’infettivologo ha infatti dichiarato: “La mortalità può arrivare anche al 50%, dev’essere trattata dmani esperte. Il messaggio realistico da dare è questo: in generale bisogna far sì che si verifichino meno infezioni possibili da Candida. Con misure rigorose di igiene e anche con un sistema altrettanto rigoroso di vigilanza”.

Come curare l’infezione

Ma cosa bisogna fare una volta che l’infezione ci ha colpiti? A rispondere a questa domanda sono Bassetti e Pierluigi Vitale, direttore del Dipartimento interaziendale di Malattie infettive di Bologna.

Matteo Bassetti ha spiegato che il fungo “è molto resistente agli antifungini“, che comunque restano la cura principale per sconfiggerlo.

Vitale invece ha sottolineato: “La Candida Auris è molto resistente ai comuni farmaci quindi è molto difficile da curare. Il problema è la candidiasi invasiva, patologia che abbiamo visto crescere negli ultimi vent’anni. Ma in Emilia Romagna siamo riusciti a curare tanti casi“.

Fonte foto: 123RF

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