Bombardamenti a Beirut durante la visita del leader di Hezbollah Nasrallah: "Difficile sia sopravvissuto"
Israele ha attaccato il quartier generale di Hezbollah a Beirut: l'obiettivo era il capo del gruppo Hassan Nasrallah
“Difficile che sia sopravvissuto”. L’esercito di Israele ha bombardato il bunker di Beirut dove si trovava il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah. Il leader stava tenendo un discorso mentre è avvenuto l’attacco. Fonti israeliane sostengono che sia probabile il suo decesso.
- Bombe su Beirut: cosa sappiamo
- Come sta Hassan Nasrallah e cosa sostengono Hezbollah e Israele
- Le reazioni internazionali: tensione in Iran
- Chi è Hassan Nasrallah
Bombe su Beirut: cosa sappiamo
Attorno alle 18:00 di venerdì 27 settembre l’esercito di Israele ha bombardato il quartier generale di Hezbollah nella zona di Dahiya a Beirut, la capitale del Libano.
L’obiettivo dell’attacco, secondo fonti sia libanesi che israeliane, era Hassan Nasrallah, 64 anni, capo di Hezbollah dal 1992.
Stando a quanto riporta la rete araba al Jazeera, sei cadaveri sarebbero stati estratti dalle macerie degli edifici distrutti. Il primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu anticiperà il suo ritorno da New York, dove si trova per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a oggi.
In serata l’esercito di Israele ha invitato tramite il proprio portavoce in lingua araba Avichay Adraee, tutti i residenti della periferia sud di Beirut a lasciare le proprie abitazioni.
Come sta Hassan Nasrallah e cosa sostengono Hezbollah e Israele
Pochi minuti dopo l’attacco al quartieri generale di Hezbollah a Beirut, una fonte vicina al gruppo libanese avrebbe fatto sapere che Hassan Nasrallah sarebbe scampato all’attacco e starebbe bene. Qualche ora dopo, però, Reuters ha scritto che una fonte vicina alle milizie libanesi ha riferito che il leader del gruppo armato non era raggiungibile.
Inoltre, secondo fonti della sicurezza libanese, nell’attacco sarebbero stati colpiti importanti dirigenti di Hezbollah tra cui Hashem Safieddime, presidente del consiglio esecutivo e cugino di Nasrallah. Nessuna conferma dello stato di salute del capo di Hezbollah.
Nelle ore successive però, fonti israeliane hanno iniziato a contraddire questa ricostruzione. Una televisione di Israele, Channel 12, sostiene che il leader di Hezbollah sia morto nel bombardamento.
Sempre secondo Channel 12 anche Zainab Nasrallah, figlia del capo di Hezbollah, sarebbe morta nell’attacco. Un funzionario israeliano avrebbe confermato al Times of Israel che ritiene che sia “Estremamente difficile”, che Nasrallah sia uscito vivo dal bombardamento.
Le reazioni internazionali: tensione in Iran
Attorno alle 22:30, quattro ore dopo l’attacco, l’ayatollah iraniano Ali Khamenei ha convocato una riunione di emergenza del consiglio supremo di sicurezza, stando a quanto riportato dal New York Times. Teheran ipotizza una risposta all’attacco di Israele.
Ali Larijani, consigliere della guida suprema iraniana Ali Khamenei ha dichiarato in un’apparizione televisiva: “La Resistenza ha leader e quadri forti, e ogni leader che verrà martirizzato verrà sostituito“.
Il presidente americano Joe Biden ha tenuto a sottolineare che gli Usa non hanno avuto nessun ruolo nell’attacco. Il segretario della Nato Antony Blinken ha dichiarato che l’alleanza sta indagando su quanto accaduto.
Subito dopo l’attacco il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha invitato tutti gli italiani che ancora si trovano in Libano a lasciare il prima possibile il Paese.
Chi è Hassan Nasrallah
Hassan Nasrallah è il capo di Hezbollah dal 1992. Nato nel 1960 da una famiglia umile, si avvicinò fin da giovane all’islam sciita. Dopo una breve pernamenza in Iraq, Paese da cui fu espulso nel 1978, iniziò la sua carriera in Hezbollah nel 1982.
Dieci anni dopo ne aveva scalato i ranghi, fino a diventarne uno dei leader più importanti sotto la guida di Abbas Musawi, che fu assassinato dall’esercito israeliano nel 1992.
Nasrallah fu acclamato come suo successore e da allora guida Hezbollah. Il suo risultato più significativo è stato costringere Israele a terminare nel 2006 l’occupazione del Libano meridionale, dopo la Guerra dei 34 giorni.