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Bere troppo caffè fa male al cervello, lo studio sul declino cognitivo: quante tazzine ci si può concedere

Lo studio americano sottolinea i possibili effetti di un eccessivo consumo di caffè: il rischio è di danni al cervello legato alla caffeina

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Gabriele Silvestri

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista, esperto di media, scrive di cronaca, politica e attualità. Laureato in comunicazione alla Sapienza, si è affermato come autore e conduttore di TG e programmi giornalistici. Collabora con diverse redazioni online, emittenti televisive e radiofoniche.

Che gli effetti della caffeina possano avere un impatto negativo sulla salute non è certo una novità, ma a quanto già si conosce sul tema si aggiunge, adesso, un nuovo studio che associa il troppo caffè a possibili danni importanti al cervello. La ricerca, presentata all’Associazione Internazionale Alzheimer suggerisce che berne troppo potrebbe accelerare il declino cognitivo, in particolare nell’intelligenza fluida. Guai a demonizzare la bevanda, però: come sostengono altri ricercatori, anche il caffè può avere effetti benefici se si riesce a limitarne il numero di tazzine giornaliere.

Caffeina e danni al cervello: quando il caffè è troppo

I ricercatori hanno analizzato come diverse quantità di e caffè influenzino l’intelligenza fluida, che valuta abilità cognitive come il ragionamento astratto, il pensiero logico e la capacità di riconoscere schemi.

Lo studio ha considerato anche la solida evidenza, sia osservativa che epidemiologica, che indica i potenziali benefici di queste bevande nella prevenzione di ictus, infarti, alcune forme di cancro, diabete e il morbo di Parkinson.


Il nuovo studio suggerisce che l’abuso di caffè crei danni al cervello, accelerando il declino cognitivo

Presentata alla conferenza dell’Associazione Internazionale Alzheimer (Aaic), la ricerca ha rivelato però che superare le tre tazze di caffè al giorno potrebbe accelerare il declino cognitivo con il passare del tempo.

I dati dello studio sul caffè e i suoi effetti

Il recente studio ha coinvolto 8.451 persone di età superiore ai 60 anni (età media di 67,8 anni), principalmente donne (60%) e individui di etnia caucasica (97%) senza segni di deterioramento cognitivo.

Il campione studiato aveva un Indice di Massa Corporea di circa 26 (lievemente in sovrappeso), e il 26% portava il gene APOE e4, noto per aumentare il rischio di Alzheimer.

I ricercatori hanno classificato il consumo di e caffè in tre categorie: alto, moderato, e nullo. Il 18% dichiarava di bere quattro o più tazze di caffè al giorno (alto consumo), il 58% da una a tre tazze (consumo moderato), mentre il 25% non consumava caffè.

“I grandi consumatori hanno mostrato il declino più rapido nell’intelligenza fluida, rispetto agli altri” ha spiegato Kelsey R. Sewell, ricercatrice dello studio condotto dall’Advent Health Research Institute di Orlando. “I nostri dati suggeriscono che invece nel periodo di tempo esaminato un consumo moderato può assumere un qualche ruolo protettivo contro il declino cognitivo”.

Gli studi sugli effetti benefici del caffè a piccole dosi

Quanto affermato da Sewell in merito ai benefici di un consumo limitato di caffè trova in parte riscontro nell’ampio studio della psichiatra Ira Driscoll, dell’Università del Wisconsin-Milwaukee.

La ricerca, basata su un campione di 6500 donne over 65, seguito per un decennio, ha rivelato che il consumo di almeno due o tre tazze di caffè al giorno (o sei-otto tazze di tè) riduce del 36% il rischio di demenza e declino cognitivo.

Tuttavia, lo studio è stato condotto solo su donne, estratte da una ricerca più ampia sulla salute femminile, quindi non è certo se i risultati siano applicabili anche agli uomini.

C’è poi almeno un’altra ricerca, quella dell’Università di Verona, pubblicato sul *Journal of Agricultural and Food Chemistry*, che suggerisce come il caffè possa avere un effetto protettivo contro l’Alzheimer. Secondo lo studio gli ingredienti chiave della bevanda, come caffeina e genisteina, riducono infatti l’aggregazione della proteina tau, notoriamente associata alla malattia.

Fonte foto: iStock

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