Benzina mai così cara con il Governo Meloni, ma Urso spegne ancora le promesse di Salvini sul taglio accise
Da quando si è insediato il Governo Meloni la benzina non è mai stata così cara: e del taglio accise restano solo le promesse di Matteo Salvini
Il Governo non taglia le accise sulla benzina. Poco importa se il prezzo del carburante, da quando alla guida dell’Esecutivo c’è Giorgia Meloni, non è mai stato così alto. Lunedì 31 luglio la verde tocca 1,91 euro al litro, mentre il diesel arriva a 1,76 euro. Colpa del contesto internazionale, parola del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso: “In Italia abbiamo una tassazione più elevata sui carburanti rispetto ad altri Paesi”. E non si farà nulla per aiutare gli automobilisti, perché “le risorse pubbliche sono destinate al cuneo fiscale”.
- Dal 1° agosto arriva il cartellone
- Nessun taglio delle accise
- Benzina e diesel mai così cari da circa un anno
- Le promesse elettorali dei leader di Governo sui tagli delle accise
- Salvini propone la riduzione delle accise, ma il Governo no
- Cosa sono le accise
Dal 1° agosto arriva il cartellone
Giornata nera per chi ha un mezzo di trasporto, soprattutto nei giorni degli esodi estivi: il prezzo medio è di 1,91 euro per la benzina e 1,76 euro per il diesel.
Da martedì 1° agosto i distributori saranno tenuti a esporre i cartelli col prezzo medio e con la sua variazione, così da fornire tutte le informazioni possibili al cittadino che vuole fare il pieno: qualora i consumatori notassero picchi davvero anomali, questi potranno “denunciarli sul sito del ministero o alla Guardia di finanza”, ha detto Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, che ha parlato di “operazione di trasparenza” con cui “pensiamo di mantenere il prezzo al di sotto dei livelli internazionali“.
Secondo il Garante per la sorveglianza dei prezzi, Benedetto Mineo, “non ci sono speculazioni. Quello che sta avvenendo, sta avvenendo nella stessa direzione del mercato internazionale”.
Urso ha dichiarato che “in Italia abbiamo una tassazione più elevata sui carburanti rispetto ad altri Paesi, per contribuire al bilancio dello Stato perché siamo più indebitati di altri”, ma escludendo le tasse “il prezzo industriale è anche al di sotto di alcuni Paesi europei, al di sotto di Francia, Germania e Spagna”.
Considerando comunque tutte le tasse, la situazione nei Paesi citati dal ministro – al 24 luglio 2023 – è questa (fonte: GlobalPetrolPrices.com):
- Spagna: 1,620 euro al litro;
- Germania: 1,826 euro al litro;
- Francia: 1,827 euro al litro.
In Italia, il 24 luglio 2023, costava 1,862 euro al litro.
Sempre prendendo come riferimento il 24 luglio 2023, il costo della benzina in Italia è tra i più alti in Europa: peggio solo Grecia (1,901), Svizzera (1,914), Danimarca (1,995), Olanda (1,998), Norvegia (2,036) e Islanda (2,114).
Nessun taglio delle accise
Insomma, c’è poco da stare allegri se si ha un’auto o una moto.
Anche perché il Governo non prevede tagli delle accise: “Quello fatto dal precedente Governo era stato fatto in occasione di un contesto diverso, i dati oggi sono diversi. Il Governo ha preferito destinare risorse pubbliche a diverse emergenze, dal taglio del cuneo fiscale ad altri interventi a tutela del potere d’acquisto per le fasce sociali più svantaggiate”.
Parole che arrivano il giorno dopo lo stop, per migliaia di persone, del Reddito di cittadinanza.
Benzina e diesel mai così cari da circa un anno
Il 1° gennaio 2023 sono aumentate le accise sui carburanti, con l’abolizione definitiva degli sconti da 30 centesimi al litro introdotti dal governo Draghi che erano già stati tagliati del 40 per cento nel mese di dicembre.
Lunedì 31 luglio 2023, con la benzina a 1,91 euro al litro, si è di fronte ai massimi da fine luglio 2022 (quando però era in vigore lo sconto sull’accisa di 30 centesimi al litro, al netto dello sconto siamo ai massimi dai primi di dicembre 2022). Per il diesel siamo ai massimi da metà aprile. Lo riporta Adnkronos, citando i dati di Staffetta Quotidiana.
Le promesse elettorali dei leader di Governo sui tagli delle accise
Ma cosa dicevano i leader di Governo prima delle elezioni del 25 settembre 2022 sul tema del caro carburanti?
Giorgia Meloni
Nel gennaio 2023 Giorgia Meloni è intervenuta pubblicando un video in cui ne ha commentato un altro risalente al 2019, che la vedeva alle prese con un pieno di benzina da 50 euro, a bordo della sua auto.
In una sorta di sketch, la leader di Fratelli d’Italia aveva tirato in ballo l’atavico problema delle accise, sottolineando come “quando voi fate 50 euro di benzina, 15 vanno al benzinaio e 35 vanno allo Stato tra Iva e le famose accise. Delle tasse in alcune casi vecchissime, certe le abbiamo da quando hanno inventato il motore a scoppio: 35 euro su 50 vanno allo Stato italiano, ed è una vergogna. E non solo noi chiediamo che non aumentino le accise sulla benzina (…), noi pretendiamo che le accise vengano progressivamente abolite perché è uno scandalo che le tasse dello Stato italiano compromettano così la nostra economia. Quando io faccio 50 euro di benzina il grosso deve finire nella mia macchina, non in quella dello Stato”.
Quattro anni dopo, la segretaria di FdI diventata nel frattempo premier si ritrova a guidare la maggioranza e non più all’opposizione: “Gira da più parti il video del 2019 nel quale io facendo benzina con la mia auto parlavo della necessità di tagliare le accise sulla benzina (…). Sono ancora convinta che sarebbe ottima cosa tagliare le accise sulla benzina, il punto è che si fanno i conti con la realtà con cui ci si misura. Dal 2019 a oggi il mondo intorno a noi è cambiato e purtroppo stiamo attraversando una situazione emergenziale. Io non ho promesso in questa campagna elettorale (cioè quella del 2022, ndr) che avrei tagliato le accise sulla benzina perché banalmente sapevo qual era la situazione di fronte alla quale mi sarei trovata”.
In realtà il 13 marzo 2022, su Facebook, Giorgia Meloni aveva definito “ingiustificato” l’aumento “di gas e benzina”, dicendo che “il Governo ha il dovere di intervenire immediatamente per fermare la speculazione. Stiamo attraversando una crisi potenzialmente devastante che rischia di bloccare il nostro sistema produttivo, già messo a dura prova da due anni di folle gestione della pandemia. Non c’è più un minuto da perdere, non fermare gli speculatori significa fare il loro gioco. Il Governo intervenga”. Intervenire come? “Il Governo riduca subito accise e Iva e colpisca chi specula sul caro benzina”, aveva twittato il 15 marzo dello stesso anno.
Matteo Salvini
Nel programma elettorale della Lega è scritto nero su bianco che tra le proposte sul caro carburanti c’è quella di “proseguire con misure transitorie di riduzione delle accise di gasolio, benzina e GPL, nonché, per il gas naturale per autotrazione l’azzeramento dell’accisa e la riduzione (anche l’azzeramento) dell’Iva nella misura del 5%”.
E ancora: “La riduzione delle accise, da attuarsi come politica generale di riduzione del carovita, ha importanza fondamentale per garantire livelli minimi di competitività dell’autotrasporto”.
Salvini propone la riduzione delle accise, ma il Governo no
Matteo Salvini parla di riduzione delle accise da anni, lo fa anche da quando è al Governo.
L’8 febbraio 2023 ha promesso che “se si arrivasse sopra i 2 euro, il Governo interverrà, come è stato già fatto l’anno scorso“. Un mese prima, Giorgia Meloni aveva spiegato perché il Governo non avrebbe tagliato le accise.
Anche il ministro Urso proprio quell’8 febbraio – prima del 31 luglio 2023, dove ha ribadito che non si taglieranno le accise – aveva minimizzato le richieste di Salvini dicendo che i prezzi stessero scendendo.
Ora, invece, i 2 euro sono dietro l’angolo e i prezzi sono ascesa.
Cosa sono le accise
Le accise sono imposte indirette che lo Stato fissa per la produzione di determinati prodotti, tra cui la benzina.
Il 1° gennaio 2023 sono tornate in vigore (dopo essere state tagliate a causa della crisi nata dalla pandemia): 728,4 per mille litri per la benzina (cioè 73 centesimi al litro) e 617,20 per il diesel (62 centesimi al litro).
Non ci sono più le accise relative alla guerra di Etiopia, al disastro del Vajont o al terremoto del Belice, tutte soppresse nel 1993 (come sottolineato da Repubblica, non esiste un rapporto diretto tra il gettito incassato e queste destinazione).
Restano in vigore le relative aliquote che concorrono a formare il monte complessivo delle accise, il cui gettito però è destinato al bilancio dello Stato per le sue spese.