NOTIZIE
CRONACA ESTERA

L'articolo del Financial Times distrugge i miti della cucina italiana: le fake news svelate da Alberto Grandi

L'attacco del quotidiano economico britannico arriva dopo la candidatura della cucina italiana a patrimonio Unesco e scatena la rabbia della Coldiretti

Pubblicato:

Claudio Carollo

GIORNALISTA

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di cronaca e attualità economico-politica, interessandosi nel tempo di tematiche sociali e sport. Ha collaborato con diverse testate nazionali, con esperienze anche in radio.

“Il vero parmigiano si fa in Wisconsin” e la carbonara è “un piatto americano nato in Italia”. Il Financial Times prende di mira la cucina italiana, provando a ridimensionare alcuni capisaldi della tradizione, e fa scoppiare la bufera. Lo speciale del quotidiano economico britannico arriva dopo la candidatura dell’arte gastronomica del nostro Paese a patrimonio immateriale Unesco, lanciata dal Governo Meloni. Un articolo che tra le tante reazioni ha scatenato la rabbia della Coldiretti.

L’attacco del FT alla cucina italiana

“Tutto quello che io, un italiano, pensavo di sapere sul cibo italiano è sbagliato” è il titolo dell’articolo pubblicato dal Financial Times, che per realizzare questo speciale si è affidato allo storico del cibo e docente all’Università di Parma,  Alberto Grandi.

Un piatto di pasta alla carbonara servito durante la VII edizione della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo alla Farnesina

Dal panettone al tiramisù, molti ‘classici’ sono in realtà invenzioni recenti” si legge così nell’approfondimento a firma Marianna Giusti.

Le ricostruzioni di Alberto Grandi

Grandi ha dedicato la sua carriera a sfatare i miti sulla cucina italiana, raccolti e analizzati nel suo libro del 2018 “Denominazione di origine inventata“, dal quale è nato un podcast che mette in discussione le convinzioni più diffuse sui piatti simbolo della tradizione del nostro Paese.

Nell’articolo del Financial Times l’esperto spiega, ad esempio, che le forme di parmigiano reggiano prima degli anni ’60 “pesavano solo circa 10 kg (rispetto alle pesanti forme da 40 kg che conosciamo oggi) ed erano racchiuse in una spessa crosta nera. La sua consistenza era più grassa e morbida di quanto non lo sia oggi”.

Grandi sostiene, come riportato dal quotidiano economico-finanziario, che “gli immigrati italiani dell’inizio del XX secolo, probabilmente dalla regione del Po ‘a nord di Parma, abbiano iniziato a produrlo nel Wisconsin e, a differenza dei casari di Parma, la loro ricetta non si è mai evoluta. Così, mentre il parmigiano in Italia è diventato nel corso degli anni un formaggio a pasta dura e dalla crosta chiara prodotto in forme giganti, il parmigiano del Wisconsin è rimasto fedele all’originale“.

Per il professore, inoltre, la storia della carbonara rispecchia l’idea di “invenzione della tradizione”, in quanto, come sostenuto da un altro storico della cucina citato da FT, Luca Cesari, sarebbe “un piatto americano nato in Italia” e prima della seconda guerra mondiale non esisteva.

La reazione di Coldiretti

Una ricostruzione della storia della cucina italiana che la Coldiretti rifiuta, definendo l’articolo del Financial Times,  “un attacco surreale ai piatti simbolo della cucina italiana, proprio in occasione dell’annuncio della sua candidatura a patrimonio immateriale dell’Umanità all’Unesco”.

Secondo quanto scrive l’associazione di categoria, lo speciale “cerca di banalizzare la tradizionale alimentare nazionale, dalla carbonara al panettone, dal tiramisù fino al Parmigiano Reggiano”.

È “un articolo ispirato da una vecchia pubblicazione di un autore italiano che – rileva la Coldiretti – potrebbe far sorridere, se non nascondesse preoccupanti risvolti di carattere economico ed occupazionale. La mancanza di chiarezza sulle ricette Made in Italy offre infatti terreno fertile alla proliferazione di falsi prodotti alimentari italiani all’estero, dove le esportazioni potrebbero triplicare se venisse uno stop alla contraffazione alimentare internazionale che è causa di danni economici, ma anche di immagine”.

L’associazione ricorda che “l’agropirateria mondiale nei confronti dell’Italia ha raggiunto un fatturato di 120 miliardi“, in una classifica ai cui vertici ci sono i formaggi, a partire da Parmigiano Reggiano e Grana Padano, seguiti dai salumi, con i prosciutti di Parma e San Daniele, gli olii extravergine di oliva, le conserve come il pomodoro San Marzano e i vini, dal Chianti al Prosecco.

Fonte foto: ANSA

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963