Veto dell'Ungheria all'embargo sul petrolio russo, Europa spaccata. Cosa può cambiare per l’Italia
Scontro in Europa sull'embargo russo dopo il veto posto dall'Ungheria di Viktor Orban: cosa può cambiare per l'Italia
Una proposta “inaccettabile”. È scontro in Europa sull’annosa questione dell’embargo al petrolio russo, rispetto alla quale il governo ungherese di Viktor Orban ha deciso di porre il veto. Mercoledì 4 maggio la Commissione europea ha infatti presentato il sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca, contestato proprio da Budapest. Ma cosa può cambiare per l’Italia?
- La posizione dell'Ungheria di Orban
- Le cifre: quanto petrolio importiamo e da quali Paesi
- Aumenti record e stangata bollette
La posizione dell’Ungheria di Orban
Oltre ad aver sanzionato il Patriarca Kirill e aver cacciato dal circuito SWIFT Sberbank, la principale banca russa – nel pacchetto della Commissione europea guidata da Ursula von Der Leyen è contenuto l’atteso embargo al petrolio russo. La presidente Leyen ha proposto un divieto totale d’importazione di tutto “l’oro nero”, via mare e via oleodotto, greggio e raffinato. Sarà un embargo graduale che seguirà una precisa road map, che si concretizzerà nell’arco di sei mesi.
Benché la stessa Commissione Ue abbia previsto delle deroghe proprio a Ungheria e Slovacchia, Orban ha annunciato di essere fermamente contrario alla proposta europea. Secondo il portavoce del governo di Budapest, infatti, l’Ue sa esattamente che quello che sta proponendo va “contro gli interessi ungheresi”, spiegando che si tratterebbe di una misura che manderebbe “in rovina” l’economia del Paese.
L’embargo è invece sostenuto dagli altri Paesi dell’Europa centrale e orientale, come la Romania e la stessa Germania.
Le cifre: quanto petrolio importiamo e da quali Paesi
Ma quanto petrolio importano i Paesi europei dalla Federazione Russa? Si stima che il 25,7% del greggio arrivi proprio dalla Russia. Per quando concerne l’Italia, i dati dicono che nel 2021 il nostro Paese ha comprato da Mosca 204 mila barili di petrolio al giorno, pari al 13% del totale delle importazioni. Un dato molto simile a quello della Francia e poco superiore all’11% di Spagna e Regno Unito.
I primi Paesi dai quali l’Italia importa il petrolio sono Azerbaigian (23%), Libia (18%) e Iraq (14.5%). L’Italia può dunque sostituire quel 10% circa di importazioni dalla Russia? Assolutamente sì e la storia lo dimostra. In passato, infatti, il nostro Paese importava il 20% del suo fabbisogno dalla Libia, ma la guerra civile del 2011 ha interrotto il flusso di greggio e Roma ha dovuto rivolgersi altrove.
Aumenti record e stangata bollette
C’è un altro aspetto da sottolineare. Il prezzo del petrolio russo è aumentato, rispetto allo scorso anno, del 520% nei soli primi due mesi del 2022, secondo i dati dell’Istat. Nel complesso, nel solo primo bimestre del 2022 l’Italia ha speso 3 miliardi di euro per acquistare materie prime dalla Russia, con i conseguenti rincari sulle bollette: nel primo trimestre 2022, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, si è registrato un aumento del 131% sulle utenze domestiche della luce e del 94% su quelle del gas.
Sul gas, il discorso è diverso rispetto al petrolio: la dipendenza dell’Italia verso Mosca è decisamente più rilevante, dato che il 40% del nostro fabbisogno arriva proprio dalla Federazione russa. Un embargo sul gas o un’interruzione unilaterale decisa dal Cremlino avrebbe conseguenze molto gravi e potenzialmente devastanti per la nostra economia, con la perdita di 565 mila posti di lavoro in due anni, secondo le stime del Def.