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Una delle psicologhe di Alessia Pifferi indagata lascia il lavoro in carcere: cosa dicono le intercettazioni

Ha deciso di lasciare il lavoro al carcere, una delle due psicologhe di Alessia Pifferi: cosa è emerso dalle intercettazioni secondo il pm

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Luca Mastinu

GIORNALISTA

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Ha deciso di lasciare il lavoro in carcere, una delle due psicologhe di Alessia Pifferi ora indagate per falso ideologico favoreggiamento. Parliamo di Paola Guerzoni, che attraverso il suo avvocato respinge le accuse. Il 30 gennaio è stata ascoltata dal pm insieme alla collega Letizia Marazzi. Insieme a loro è indagata per falso ideologico l’avvocato di Alessia Pifferi, Alessia Pontenani.

Una delle psicologhe di Alessia Pifferi lascia il lavoro in carcere

Paola Guerzoni ha chiesto all’Asst, l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale, di essere affidata ad altri incarichi. Così Paola Guerzoni, una delle psicologhe di Alessia Pifferi, ha deciso di rinunciare al suo lavoro nel carcere.

Lo avrebbe riferito anche il 30 gennaio di fronte al pm presso il quale si è presentata insieme alla collega Letizia Marazzi. Lo riporta ‘Il Giorno’.

Alessia Pifferi al processo. Al suo fianco l’avvocato Alessia Pontenani, indagata insieme alle psicologhe Paola Guerzoni e Letizia Marazzi

Nel frattempo l’avvocato Mirko Mazzali, che difende Paola Guerzoni, fa sapere che “non è stato commesso alcun reato” e che la psicologa sua assistita è da considerarsi “estranea a ogni illecito” dal momento che l’operato della donna ” è sempre stato svolto alla luce del sole, senza alcun accordo clandestino“.

La sua assistita e la sua collega, infatti, sono accusate di aver formulato una diagnosi falsificata al fine di far ottenere la perizia psichiatrica ad Alessia Pifferi durante il processo.

Le intercettazioni

Come riporta ‘Il Giorno’, al centro dell’inchiesta del pm Francesco De Tommasi sono finite anche alcune intercettazioni sulle quali le due psicologhe dovranno fornire spiegazioni.

Ad esempio, in un’intercettazione del 5 gennaio una delle due psicologhe dice alla collega: “Voglio dire… la Pifferi avevamo bisogno che il test confermasse! L’ha confermato!”, riferendosi probabilmente al test contestato dal pm De Tommasi che ha portato alla conclusione del quoziente intellettivo di livello 40 di Alessia Pifferi.

Ancora, il 13 gennaio una delle due dice all’altra: “Il giorno che sono andata alla festa di Natale, a fare il pranzo con lei, non l’ho scritto“, affermando nella sostanza di non aver segnalato un presunto incontro avvenuto con Alessia Pifferi presso il carcere. Un’ulteriore anomalia, secondo il pm, sarebbe dovuta a “contatti frequenti tra l’attuale difensore” e una delle due professioniste, quando “di norma gli esperti del carcere” non avrebbero “contatti diretti con difensori delle persone detenute”.

L’avvocato si difende

Intervenuta a ‘Quarto Grado’, l’avvocato Alessia Pontenani ha parlato di “accuse che lasciano un po’ il tempo che trovano” in quanto sarebbe entrata in possesso della cartella clinica di Alessia Pifferi il 9 maggio per poi inviare le sue conclusioni al pm De Tommasi il giorno successivo. Inoltre, Pontenani afferma di aver acquisito quella documentazione “pagando di tasca mia”.

A proposito del rapporto tra lei e le due psicologhe, ha detto: “L’unico contatto che ho avuto è stato un caffè a San Vittore davanti alle macchinette”, poi ha fatto chiarezza sulla telefonata per la quale è finita sotto indagine: “La psicologa mi dice ‘Bravissima‘ e io dico ‘Ce l’abbiamo fatta‘. Io non ho un divieto di parlare con la psicologa del carcere. Ho detto ‘Ce l’abbiamo fatta’ perché è vero, è una soddisfazione personale. I test del perito forse ci daranno ragione. Ha sottoposto tantissimi test alla signora Pifferi e pare che non possano altro che confermare che ci sia un deficit”.

Fonte foto: ANSA

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