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Scheletro umano trovato sulla spiaggia di Gaeta: era sotto la sabbia, sarebbe di un 60enne di 2 mila anni fa

Dopo la scoperta, avvenuta lo scorso novembre, sono state effettuate le analisi del radiocarbonio: i resti umani risalgono a circa duemila anni fa

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Ubaldo Argenio

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista esperto di cultura, sport e cronaca, scrive anche di attualità, politica e spettacolo. Laureato in Scienze della Comunicazione, inizia a collaborare con testate locali di Benevento per poi passare a testate nazionali, per le quali si è occupato principalmente di approfondimenti sportivi e culturali. Lavora anche come editor.

Il 23 novembre dello scorso anno un macabro ritrovamento era avvenuto sulla spiaggia di Sant’Agostino, a Gaeta: uno scheletro umano, quasi intero, che spuntava dalla sabbia. Dopo la denuncia di un passante, la polizia scientifica ha portato alla luce i resti, che sono stati poi analizzati in laboratorio.

La scoperta sulla spiaggia di Gaeta

Gaeta, provincia di Latina. È il 23 novembre 2023, un uomo cammina sulla spiaggia di Sant’Agostino quando vede qualcosa spuntare dalla sabbia. Si avvicina, guarda meglio, sono ossa. Femori, a essere precisi.

L’uomo contatta le autorità, e in breve tempo sul posto si presentano gli agenti della Polizia Scientifica, che portano alla luce uno scheletro umano, quasi intero e completo di cranio, adagiato in posizione distesa, prono.

Uno strano ritrovamento

Gaeta, in provincia di Latina. Qui, sulla spiaggia di Sant’Agostino, sono stati ritrovato i resti dell’uomo

Ad un primo sguardo, lo stato di preservazione delle articolazioni sia la posizione del ritrovamento hanno lasciato intendere che potesse trattarsi di una deposizione specifica, cioè che la persona sia stata posizionata di proposito in quel modo.

Le indagini, condotte dai poliziotti del commissariato di Gaeta e coordinate dalla procura di Cassino, hanno portato a ipotesi che hanno richiesto la necessità di una analisi antropologica e odontologica dello scheletro.

I risultati delle analisi

La sorpresa è arrivata in seguito all’analisi isotopica del radiocarbonio (C14), che ha certificato come i resti, conservatisi in condizioni più che discrete, appartengano a un periodo compreso tra il 154 a.C. e il 78 d.C.

Basandosi solo sui resti non è stato però possibile definire con certezza il sesso della persona, che da una prima valutazione del cinto pelvico, completo ma danneggiato, sembrava essere un maschio.

Ipotesi successivamente confermata dall’approfondimento genetico, che ha rilevato una netta presenza del cromosoma Y nei resti dell’uomo.

I particolari dei resti

Altro elemento molto utile alle analisi è stato il cranio. Le suture craniche difatti, data la saldatura completa, hanno indicato che l’individuo potesse avere un’età avanzata per il suo tempo, pari a circa 60 anni.

Grazie alla condizione dei resti è stato anche possibile stabilire che l’uomo, di origine caucasoide, aveva un’altezza compresa tra 168 e 191 cm.

Fonte foto: IPA

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