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Sangue infetto in Gran Bretagna, inchiesta choc: almeno 3 mila morti e 30 mila contagiati, "non fu incidente"

Choc in Gran Bretagna: secondo un’inchiesta, tra il 1970 e il 1991 ci sarebbero stati almeno 3 mila morti e 30 mila contagiati per del sangue infetto

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Ubaldo Argenio

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista esperto di cultura, sport e cronaca, scrive anche di attualità, politica e spettacolo. Laureato in Scienze della Comunicazione, inizia a collaborare con testate locali di Benevento per poi passare a testate nazionali, per le quali si è occupato principalmente di approfondimenti sportivi e culturali. Lavora anche come editor.

Scandalo in Gran Bretagna in seguito all’uscita di un’inchiesta durata cinque anni, secondo la quale, tra il 1970 e il 1998, medici, governo e servizio sanitario nazionale hanno deciso di lasciare che le persone contraessero l’HIV e l’epatite da sangue infetto: almeno 30 mila pazienti sarebbero state contagiati, con la conta dei morti ora arrivata a 3 mila persone.

L’inchiesta che ha creato scandalo in Gran Bretagna

In Gran Bretagna erano da tempo attesi i risultati di un’inchiesta, durata cinque anni, che si è concentrata sui motivi per i quali molti pazienti che hanno hanno ricevuto sangue o prodotti ematici dal Servizio Sanitario Nazionale britannico (NHS), in particolare tra il 1970 e il 1998, “sono morti o hanno sofferto miseramente, e molti continuano a soffrire”.

Il rapporto d’inchiesta è ora stato reso pubblico, e i risultati hanno creato uno scandalo che si sta alimentando sempre più nel Paese, dato che l’accusa venuta fuori dal documento è che medici, governo e servizio sanitario nazionale abbiano lasciato che i pazienti contraessero l’HIV e l’epatite.

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Un post con il quale l’Infected Blood Inquiry, che si è occupata dell’inchiesta sul sangue infetto in Gran Bretagna, ha condiviso informazioni utili a tutela dei morti e dei contagiati a causa delle trasfusioni

Secondo il direttore dell’inchiesta, Brian Langstaff, oltre 30 mila persone hanno ricevuto sangue e prodotti ematici infetti dal Servizio Sanitario Nazionale britannico, 3 mila delle quali sono morte e molte altre potrebbero avere a breve la stessa sorte.

I contagiati e i morti per il sangue infetto

“L’inchiesta non si limita a indagare su qualcosa accaduto anni fa – ha detto Langstaff nella Westminster Central Hall, nei pressi del Parlamento, durante la presentazione del rapporto – ma anche su ciò che sta ancora accadendo”.

“Le persone devono ancora fare i conti con le conseguenze di ciò che è accaduto, di cui soffrono ancora i loro cari. Il dolore e il trauma vissuti da tutti coloro che hanno perso i propri cari continuano ancora oggi”, ha poi proseguito Langstaff.

“Ogni aspetto della loro vita è stato definito dalle loro infezioni: infanzia; formazione scolastica; carriera; tempo libero; relazioni; matrimoni; proprietà della casa; viaggio; finanze; sogni e ambizioni che sono andati perduti e le relazioni si sono interrotte”. Il rapporto finale, lungo 2.527 pagine, ha rilevato che i pazienti sono stati ingannati sui rischi e, in alcuni casi, sono stati infettati durante ricerche condotte senza il loro consenso o, nel caso dei bambini, quello dei loro genitori.

L’insabbiamento del governo britannico

Langstaff ha affermato che i rischi di contrazione di epatite e di HIV derivanti dalle trasfusioni di sangue o dall’uso di plasma erano ben noti, e che l’importazione di prodotti pericolosi, specialmente dagli Stati Uniti, non avrebbe mai dovuto essere autorizzata dal governo, che avrebbe invece dovuto mantenere una comunicazione chiara nei confronti dei pazienti.

“I rischi di epatite erano stati ammessi dai produttori” ha detto Langstaff, che alla domanda “c’è stato un insabbiamento?” ha risposto di sì, ma “non nel senso di una manciata di persone che complottano in una cospirazione orchestrata per fuorviare, bensì in un modo più sottile, più pervasivo e più agghiacciante nelle sue implicazioni. Per salvare la faccia e risparmiare sulle spese, gran parte della verità è stata nascosta”.

“Nel corso dei decenni i governi successivi hanno ripetuto linee di condotta imprecise, difensive e fuorvianti – ha poi concluso il direttore dell’inchiesta – Il loro persistente rifiuto di condurre un’inchiesta pubblica, unito a una mentalità difensiva che rifiutava di ammettere che fosse stato commesso un torto, ha lasciato le persone senza risposte e senza giustizia”.

Fonte foto: iStock

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