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Sentenza d'appello per la tragedia di Rigopiano: 22 assoluzioni e 8 condanne, le novità dopo il primo processo

L'ex prefetto di Pescara Francesco Rivolo è tra i tre condannati in Appello sulla strage di Rigopiano: la Corte conferma l'impianto della sentenza

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Claudio Carollo

GIORNALISTA

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di cronaca e attualità economico-politica, interessandosi nel tempo di tematiche sociali e sport. Ha collaborato con diverse testate nazionali, con esperienze anche in radio.

La Corte d’Appello dell’Aquila ha emesso otto condanne e 22 assoluzioni per la strage di Rigopiano, dove 29 persone morirono nella valanga che distrusse il resort alle pendici del Gran Sasso, il 18 gennaio del 2017. Dopo cinque ore di camera di consiglio i giudici hanno ribadito l’impianto della sentenza di primo grado, condannando l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, il tecnico comunale Enrico Colangeli e l’ex capo di gabinetto della Prefettura Leonardo Bianco, tutti e tre assolti nel verdetto di un anno fa.

Le condanne in Appello

La Corte d’Appello ha confermato la condanna a due anni e otto mesi per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, a tre anni e quattro mesi ciascuno per i dirigenti della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, a sei mesi per il tecnico Giuseppe Gatto e per l’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso. Rimango 22 le assoluzioni.

Rispetto al primo grado, i giudici hanno inflitto una pena di un anno e otto mesi per falso e omissioni di atti di ufficio nei confronti dell’ex prefetto Provolo, assolto invece dall’accusa di depistaggio. Per lui l’accusa aveva chiesto una condanna di 12 anni.

Veduta aerea di quello che rimane dell’hotel di Rigopiano, alle pendici del Gran Sasso, distrutto da una valanga il 18 gennaio 2017

Condannato a due anni e otto mesi il tecnico del Comune di Farindola, Enrico Colangeli, per omicidio colposo e lesioni plurime, mentre un anno e quattro mesi per falso all’ex dirigente della Prefettura Leonardo Bianco.

La condanna all’ex prefetto di Pescara

Il legale di Francesco Provolo, Gian Domenico Caiazza, ha sottolineato come per il suo cliente sia stata confermata l’assoluzione “già dichiarata dal giudice di primo grado, riguardo alle due più gravi accuse che lo avevano raggiunto per la tragedia di Rigopiano”.

L’avvocato ha dichiarato che anche per la Corte di Appello, l’ex prefetto di Pescara “non ha alcuna responsabilità né per la tragica morte o per le gravi lesioni in danno degli ospiti, né per la infamante accusa di depistaggio delle successive indagini”.

Provolo è stato ritenuto responsabile, “per una ipotesi di omissione di atti di ufficio e per la relativa, asseritamente falsa comunicazione al Ministero degli interni, entrambe relative al giorno 16 gennaio”, ha aggiunto Caiazza, parlando di “fatti del tutto privi di rilevanza in ordine alla tragedia” di due giorni dopo e annunciando “il ricorso in Cassazione”.

Il commento dei parenti delle vittime di Rigopiano

Delusi i parenti delle vittime della tragedia di Rigopiano, che avevano fatto scoppiare il caos in aula un anno fa, dopo la lettura della sentenza di primo grado: “Ci aspettavamo di più. La condanna della Regione e della Provincia” ha commentato Alessio Feniello, padre del 28enne Stefano, morto sotto le macerie.

“Non penso che sia una cosa normale tirare dentro un tecnico comunale e l’ex prefetto per depistaggio. Andavano condannati altri personaggi. Se oggi avessero preso tutti l’ergastolo a me non cambiava nulla. Potevo guardare la foto di mio figlio e dire ho fatto il mio dovere per darti giustizia” ha detto all’Ansa.

Questa non è una sentenza, è una pagliacciata” ha dichiarato Feniello a Adnkronos.

“Oggi è stato confermato quanto fatto a Pescara, non me lo aspettavo, sono deluso. Di certo ricorreremo in Cassazione” ha aggiunto, sostenendo che “con tre nuove condanne, misere, ci hanno dato un contentino. Se rubi una gallina in questo Paese ti fai 10 anni di carcere, se ammazzi 30 persone resti libero. Che messaggio passa? Che puoi uccidere e passarla liscia?”

“Ci sembra che la Corte abbia ragionato in termini di giustizia. Le sentenze si commentano leggendole – ha dichiarato l’avvocato di parte civile, Romolo Reboa – Non c’è giustizia di fronte alla morte. C’è la possibilità di avere risarcimenti e ristori. Sono processi in cui gli essere umani devono essere rispettati, anche quanti sono stati condannati. Ci sembra che questa sentenza possa riaprire degli spazi“.

Fonte foto: ANSA

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