'Ndrangheta, maxi operazione contro il clan Bandiera di Rho: 49 arresti
Violenze e svariati reati nelle intercettazioni della Polizia, che nella retata di questa mattina a Rho hanno emesso 49 ordinanze di custodia cautelare
È di 49 persone il bilancio totale degli arrestati nella mattinata del 22 novembre dalla Polizia di Stato nel milanese.
I reati contestati ai soggetti raggiunti dalle misure cautelari vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso al traffico di sostanze stupefacenti, passando per ogni tipo di reato.
- La maxi operazione contro la 'Ndrangheta
- L’inchiesta contro i Bandiera
- Le intercettazioni della Polizia
- Lo Stato contro le mafie
La maxi operazione contro la ‘Ndrangheta
Le 49 ordinanze di custodia cautelare, firmate dal gip Stefania Donadeo su richiesta del pubblico ministero Alessandra Cerreti della Direzione Distrettuale Antimafia, coordinata da Alessandra Dolci, sono una lista di un gran numero di reati.
Oltre alle già citate associazione a delinquere di stampo mafioso e al traffico di sostanze stupefacenti, gli illeciti contestati riguardano estorsione, minacce, violenza privata, incendio, detenzione e porto illegale di armi (pistole, mitragliette e bombe a mano), aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa e intestazione fittizia di beni.
È il risultato dell’inchiesta “Vico Raudo”, che dopo oltre un anno di lavoro ha permesso di assestare un duro colpo alla famiglia Bandiera, che ha preso il controllo di Rho.
L’inchiesta contro i Bandiera
Tutto è nato poco più di un anno fa, nella primavera del 2021. Il clan Bandiera, che controlla la cittadina di Rho, voleva punire l’ex socio Marco Giordano, scarcerato dopo essere stato arrestato perché trovato con un etto di cocaina.
Oltre ad aver avuto un diverbio con Cristian Bandiera, figlio del boss Gaetano, veniva ritenuto nell’ambiente uno pronto a parlare, a collaborare. Un “infame”.
Così, tra una telefonata minatoria e un giro per trovare gli “strumenti” giusti per intimorirlo, le cimici e gli uomini delle Forze dell’Ordine tenevano traccia di parole e spostamenti.
Le intercettazioni della Polizia
Minacce, aggressioni, organizzazioni capillari. Tutto registrato dalle cimici, delle quali spesso gli stessi ‘ndranghetisti erano al corrente. Bonifiche delle auto per farle ripulire dalle microspie, telecamere e videocitofoni per riprendere ogni centimetro delle proprie case.
Nonostante ciò, spesso i membri si comportavano come fossero intoccabili. A partire da Gaetano Bandiera, il boss rinchiuso dal 2010 nel carcere di Opera, che telefonicamente impartiva ordini per organizzare le minacce: “Gli mettiamo un biglietto in bocca… la prossima testa è di vostro figlio”.
Lo Stato contro le mafie
Il direttore centrale Anticrimine della polizia, prefetto Francesco Messina, ha detto che l’operazione avvenuta questa mattina è testimonianza che “che l’agire mafioso della ‘ndrangheta in Nord Italia ha assunto da tempo caratteristiche assolutamente sovrapponibili a quelle che ne caratterizzano l’azione nei territori in cui il fenomeno è endemico”.
E, nonostante ci siano sentori di una sorta di “evoluzione” delle dinamiche mafiose, il prefetto chiarisce che “la narrazione di una ‘ndrangheta evolutasi al punto da abbandonare l’aspetto militare in favore di strategie criminali più sofisticate non è del tutto precisa”.
E lo Stato non può far altro che contrastarne proprio la parte violenta, per poi “essere affiancato da una sistematica aggressione all’accumulo dei patrimoni illeciti, che ne costituiscono la linfa vitale”.