Mascherine: produzione nel carcere di Stasi, Parolisi e Bossetti
Bollate, ma anche Rebibbia e Salerno, prenderanno parte al progetto "Ricuciamo"
Non si sa se loro, i detenuti “vip” come qualcuno li ha ribattezzati, vi parteciperanno. Saranno 320 in totale dal carcere di Bollate, ma anche Rebibbia e Salerno, a prendere parte al progetto “Ricuciamo” che trasformerà queste tre case circondariali in un vero polo industriale per la produzione di 800mila mascherine al giorno. In particolare il carcere di Bollate è quello che ospita tra gli altri Alberto Stasi, Salvatore Parolisi, Massimo Bossetti o Rosa Bazzi.
II progetto è nato dalla collaborazione fra il Commissario straordinario per l’emergenza Covid e il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia. Solo a Bollate, dove in totale ci saranno 4 macchine (le altre 4 negli altri due penitenziari) e si produrranno fino a 400mila mascherine al giorno, saranno inizialmente impegnati al lavoro “89 detenuti”, come ha raccontato la direttrice Cosima Buccoliero.
A Bollate si lavora nell’area della “ex falegnameria” di 500 metri quadri, a Rebibbia in tre aree di 150 metri quadri ciascuna, adiacenti fra loro, e nel carcere di Salerno in un’area di 500 mq. Con quattro turni lavorativi ogni macchina produrrà mascherine 24 ore su 24.
Sono tanti i detenuti eccellenti all’interno del carcere di Bollate: Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l’omicidio a Garlasco della fidanzata Chiara Poggi; Salvatore Parolisi in carcere per l’omicidio della moglie Melania Rea; Massimo Bossetti condannato per l’assassino di Yara Gambirasio e Rosa Bazzi, condannata assieme al marito Olindo Romano per la strage di Erba.
Già dall’inizio della pandemia, altre due detenute le cui vicende giudiziarie hanno occupato la scena dei media per lungo tempo, Sabrina Misseri e la madre Cosima Serrano, condannate entrambe all’ergastolo per l’omicidio della cugina e nipote Sarah Scazzi il 26 agosto 2010 ad Avetrana, nel carcere di Taranto, sono impegnate nel laboratorio di sartoria del penitenziario. Prima, si occupavano del confezionamento di tovaglie, corredi, vestiti. Ora sono passate alla produzione di mascherine.