Draghi, il discorso nel segno del Covid: la linea del premier
La lotta al Covid e il sostegno a un'economia più "green" corrono sullo stesso binario nel discorso che il neo premier ha tenuto al Senato
Una delle parole più pronunciate nel discorso di Mario Draghi è stata “pandemia”. Se, da una parte, è inevitabile che venga dedicata così tanta attenzione all’emergenza Covid, dall’altra la reiterazione del termine per 20 volte in un discorso di 50 minuti testimonia la determinazione del neo premier nella battaglia al nuovo coronavirus.
Presumibilmente, gli interrogativi degli italiani hanno a che fare con la serie di divieti che saranno istituiti nelle prossime ore per limitare la diffusione del contagio e garantire allo stesso tempo il miglior bilanciamento tra economia e salute pubblica, visto e considerato che le chiusure e le restrizioni danneggiano non soltanto gli esercenti costretti a calare le serrande, ma anche le persone messe alla prova dalle ricadute psicologiche dell’isolamento.
Tuttavia per qualcosa di veramente concreto bisognerà aspettare il primo Consiglio dei ministri, e in particolare la data del 5 marzo, scadenza dell’ultimo decreto firmato da Conte. Invece il discorso pronunciato al Senato per la fiducia contiene diverse indicazioni riguardo l’atteggiamento che il neo premier e la sua squadra terranno rispetto alle misure di contenimento al virus.
La guerra al Covid è una priorità, non a caso comparsa in testa a un discorso che si è aperto nel ricordo delle vittime del Covid e si è sviluppato seguendo un doppio binario, sanitario ed economico, appunto: misure di contenimento, da una parte, riforme sul breve e lungo termine, dall’altra.
Covid, il discorso di draghi: la pandemia è il primo tema
La prima occorrenza della parola “pandemia” coincide con la seconda frase del discorso pronunciato dal presidente del Consiglio davanti ai senatori, che in serata voteranno la fiducia alla nuova squadra di ministri: “Il principale dovere cui siamo chiamati, tutti, io per primo come presidente del Consiglio, è di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini”. Il richiamo di Draghi alla solidarietà nazionale si rafforza nel commosso ricordo di “chi non c’è più” e nel pensiero “partecipato e solidale a coloro che lavorano nelle attività più colpite o fermate per motivi sanitari”.
Eccoli qui i due estremi, salvaguardia dell’economia e tutela della salute pubblica, rispetto ai quali il neo premier dovrà trovare un equilibrio efficiente. “Ci impegniamo a fare di tutto – ha continuato il capo dell’esecutivo, auto-citandosi nel suo celebre “whatever it takes“, che salvò l’euro – perché (i cittadini, ndr) possano tornare, nel più breve tempo possibile, nel riconoscimento dei loro diritti, alla normalità delle loro occupazioni. Ci impegniamo a informare i cittadini con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole”. Un riferimento, quello rispetto ai tempi, alle polemiche suscitate dal repentino stop che ha bloccato gli impianti sciistici a pochi giorni da una mini-stagione aperta ai corregionali, e che ha generato polemiche in una squadra che ancora deve insediarsi in maniera permanente.
Il presidente del Consiglio ha rifiutato la politica dei due tempi: “Non esiste un prima e un dopo”, ha detto, citando Cavour. Insomma riforme e lotta al virus proseguiranno di pari passo.
L’enunciazione dei dati sul Covid nel discorso di Draghi
“Da quando è esplosa l’epidemia, ci sono stati – ha detto Draghi ai senatori – 92.522 morti, 2.725.106 cittadini colpiti dal virus”, mentre sono “2.074 i ricoverati in terapia intensiva” (a causa di un lapsus il premier ha parlato in prima battuta di 2 milioni di ricoverati, correggendosi poco dopo). “Ci sono 259 morti tra gli operatori sanitari e 118.856 sono quelli contagiati”. Il calo nell’aspettativa di vita offre un quadro ancora più eloquente delle terribili conseguenze della pandemia a livello sistemico: “Fino a 4-5 anni” nelle zone più colpite, “un anno e mezzo-due in meno per tutta la popolazione italiana”. L’unico parallelo possibile per una diminuzione così consistente sono le due guerre mondiali, ed è proprio per questo che, parlando della sfida posta dal nuovo coronavirus, Draghi ha utilizzato le metafore militari della “trincea” e della “battaglia”.
Anche l’emergenza economica, dopo quella sanitaria, si arricchisce delle cifre di un bilancio assai preoccupante, che riguarda soprattutto fasce della popolazione mai toccate prima dalla povertà. Il numero uno di Palazzo Chigi ha spiegato che secondo “i dati dei centri di ascolto Caritas”, nel 2020, rispetto al 2019, “l’incidenza dei ‘nuovi poveri’ passa dal 31% al 45%: quasi una persona su due che oggi si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta”. Aumenta la rappresentanza delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, degli italiani e delle persone in età lavorativa.
Tra i lavoratori i più colpiti ci sono gli autonomi (-209mila unità sul 2019) e i detentori di contratto a termine (-393mila), mentre sono 4 in più le ore di cassa integrazione. “La pandemia ha finora ha colpito soprattutto giovani e donne, una disoccupazione selettiva ma che presto potrebbe iniziare a colpire anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato”, ha detto il neo premier. La conclusione è ovvia ma non meno degna di nota: “La diffusione del Covid ha provocato ferite profonde nelle nostre comunità, non solo sul piano sanitario ed economico, ma anche su quello culturale ed educativo”, ha sottolineato in riferimento agli studenti costretti a osservare interi mesi di didattica a distanza.
Le misure per ripartire: il piano di vaccinazioni
“La nostra prima sfida è ottenerne le quantità sufficienti, distribuirlo rapidamente ed efficientemente”, ha detto Draghi parlando in riferimento al vaccino. Per portare a termine con successo la campagna di profilassi, il nuovo presidente del Consiglio prevede di impiegare anche “protezione civile, forze armate, volontari”. Insomma uno sforzo collettivo, che riflette lo spirito di unità nazionale più volte invocato durante il discorso a Palazzo Madama.
“Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti: abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili”, non solo “pubbliche”, ma anche “private”. I riferimenti per il piano vaccini dovranno essere due: il modello-tamponi, partiti sottotraccia e in pochi mesi eseguiti “anche al di fuori della ristretta cerchia di ospedali autorizzati”; l’esempio di “Paesi che si sono mossi più rapidamente di noi disponendo subito di quantità di vaccini adeguate”, forse un riferimento al successo della Gran Bretagna nella somministrazione del siero.
A proposito di vaccinazioni, i retroscena parlano di un Draghi ottimista per alcune buone notizie in arrivo dall’Europa. C’è chi allude a una licenza che dia al nostro Paese la possibilità di produrre il vaccino sul suolo nazionale. Sicuramente rafforzate dall’impegno manifestato dal premier con il discorso di mercoledì, le voci secondo cui l’obiettivo, ambizioso certo, ma non forse non impossibile, se entrassero in gioco tutte le forze e le risorse disponibili, di arrivare a 300mila inoculazioni al giorno.
Scuola, aperture, linea dura: Draghi vs Conte nelle politiche di contenimento del contagio
Come da dettato costituzionale, quelle espresse dal premier oggi in assemblea sono le linee guida del programma di governo. Per i provvedimenti specifici riguardanti zone rosse, orari di apertura e chiusura, attività ammesse o no a prestare servizio, probabilmente bisognerà aspettare la fiducia parlamentare (attesa per giovedì in tarda serata) e il primo Consiglio dei ministri, dalle prime indiscrezioni già in programma prima della fine della settimana.
La sorprendente chiusura degli impianti sciistici potrebbe essere un primo indizio del modo in cui Draghi intenda portare avanti senza tentennamenti la lotta al contagio, affidandosi, come peraltro sottolineato in sede parlamentare, a riforme di lungo respiro piuttosto che ad aperture provvisorie per garantire agli esercenti qualche occasionale boccata d’aria. Quest’ultima è stata invece la strategia osservata da Conte, che in parte è stato costretto ad andare a braccio, disponendo misure di contrasto che non potevano contare sulla prospettiva storica costruita in un anno di pandemia.
Un altro indizio è la nomina di Speranza a ministro della Salute. Non è un mistero che tra i ministri di Conte, quello in quota Leu fosse uno dei più favorevoli alla linea dura di contrasto alla diffusione del Covid. È anche il politico che ha lavorato meglio tra quelli rappresentati in Cdm, eccettuati gli ultimi due premier, almeno secondo i sondaggi che misurano il consenso degli italiani. Un cambiamento radicale della linea Speranza, insomma, appare meno verosimile di una continuità tra la visione dell’esecutivo Conte e di Draghi.
Diverse le prospettive sulla scuola. Anticipata dalle interviste di Patrizio Bianchi, nuovo titolare dell’Istruzione, che ha manifestato una linea aperturista, il progetto di Draghi riguardante la didattica è tra i più concreti esposti nel discorso di mercoledì: “Non solo dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie – ha detto il premier – ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori difficoltà”.
“Occorre rivedere il disegno del percorso scolastico annuale. Allineare il calendario scolastico alle esigenze derivanti dall’esperienza vissuta dall’inizio della pandemia. Il ritorno a scuola deve avvenire in sicurezza”, ha poi concluso il numero uno di Palazzo Chigi sollevando la testa dai fogli e guardando negli occhi i parlamentari.
Le misure di sostegno a lungo termine: il nodo dell’economia
“Uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce”. Draghi sembra condividere l’idea di tutti coloro che nel pieno della prima ondata dicevano che “ne saremmo usciti cambiati”. La priorità diventa quella di “proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori”, ma non tutte le attività economiche. Il principio ordinatore tra le attività da preservare e quelle da riconvertire, è un principio di sostenibilità. Non a caso, prima ancora dell’insediamento, il ministero della Transizione Ecologica è stato oggetto di grandi manovre politiche. Sicuramente anche in vista dei 77 milioni su 209 che dovrà amministrare nel capitolo di spesa per un’economia green.
Osservati speciali “i giovani, le donne e i lavoratori autonomi”, che più di tutti “hanno pagato il prezzo” della crisi. Per loro necessaria “una strategia di sostegno delle imprese e del lavoro, strategia che dovrà coordinare la sequenza degli interventi sul lavoro, sul credito e sul capitale”. A tal proposito, il Corriere della Sera accennava a una riduzione del cuneo fiscale e riguardante i redditi sotto i 40-50.000 euro, da recuperare con la lotta all’evasione fiscale e imposte dirette.
Draghi ha parlato anche del turismo, che attualmente rappresenta “il 14% del totale delle nostre attività economiche”. L’intenzione è quella di aiutare “imprese e lavoratori” di quel settore.
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