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Crisi di Governo, le tappe del caos politico: dal colloquio Draghi-Conte alle dimissioni, la ricostruzione

Una settimana di caos che ha portato alle dimissioni, poi respinte, del premier Draghi: mercoledì lo scontro "finale" alle Camere?

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Luca Bucceri

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista esperto del mondo dello sport e della politica, scrive anche di attualità ed economia. Laureato in Scienze della Comunicazione, muove i primi passi nelle redazioni sportive di Palermo per poi trasferirsi a Milano e lavorare per importanti testate.

Sono passati tre giorni dall’avvio dell’annunciata crisi di Governo, col presidente del Consiglio Mario Draghi che nella serata di giovedì 14 luglio ha presentato formalmente le dimissioni al Quirinale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, come si ipotizzava nelle ore precedenti, le ha però respinte auspicando in un ripensamento del premier. Giornata cruciale sarà quella di mercoledì 20 luglio, quando Draghi sarà chiamato a riferire alle Camere.

La crisi, però, non si è limitata alle frenetiche 24 ore di giovedì, ma pone le sue basi su una settimana di tensioni e ultimatum arrivati all’esecutivo dal Movimento 5 Stelle che si è detto più volte pronto a staccare la spina a un Governo il cui lavoro non era più in linea con il pensiero del partito.

Crisi di governo, colloquio Draghi-Conte e prime incomprensioni

La prima vera e propria avvisaglia della crisi è arrivata mercoledì 6 luglio, quando Mario Draghi e Giuseppe Conte si sono incontrati a Palazzo Chigi per un confronto sulla politica dell’esecutivo. Il premier e il suo predecessore, oggi alla guida dei Cinquestelle, hanno parlato a lungo e si sono salutati, ma qualcosa si era già rotto.

Conte, infatti, aveva presentato delle condizioni chiare all’ex banchiere per continuare con i 5S, un vero e proprio ultimatum che Draghi aveva ascoltato ed esaminato attentamente. All’uscita da Palazzo Chigi le condizioni pentastellate sono diventate vere e proprie minacce, con l’avvocato che non ha lasciato dubbi sui piani: “Non c’è alcuna garanzia di restare al Governo“.

Draghi tradito, partiti in subbuglio

Le parole di Conte suonano per Draghi come un tradimento, una sentenza di condanna a morte per l’esecutivo che scricchiola sempre più. Nel giro di pochi giorni, nonostante le parole rassicuranti del premier che vedeva nelle richieste del Movimento dei “punti di convergenza”, è il resto della maggioranza che sembra voler scaricare Conte e i suoi.

Tra Partito Democratico e 5S è gelo totale, Salvini non si esprime ma l’idea di andare al voto non gli è malvagia. Dall’altra parte c’è invece Giorgia Meloni pronta al pressing per andare alle urne, mentre Berlusconi è inamovibile: “Basta ai ricatti dei 5S”.

Il voto sul Dl Aiuti e le dimissioni

Si arriva così al bivio, con Grillo che il 12 luglio ammette che il Governo sta vivendo un momento difficile e Draghi che vuole “certezze”. Ecco perché, da un nuovo colloquio telefonico con Conte, il premier chiede il voto sul Decreto Aiuti in Senato. Senza il voto dei grillini, infatti, Draghi minaccia di salire al Colle per le dimissioni.

Il 14 luglio, giorno di voto, Conte e i suoi si astengono e danno il via alla crisi che però, almeno per il momento, è congelata per la decisione del presidente Mattarella di rimettere tutto nelle mani delle Camere mercoledì 20 luglio.

Fonte foto: ANSA

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