Brunetta: "Basta smart working". Ma la frase è di giugno: il caso
Sui giornali sono rimbalzate dichiarazioni del neo ministro Renato Brunetta sullo smart working vecchie di mesi
È di ieri la notizia secondo cui il nuovo ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta avrebbe sollecitato la fine dello smart working e il ritorno in ufficio dei dipendenti pubblici. Una notizia pubblicata dall’edizione online del Corriere della Sera e poi ripresa da tanti altri organi di stampa.
Dichiarazioni, attribuite ad un’intervista di Brunetta a TgCom24, che hanno subito fatto il giro dei social suscitando numerose polemiche. Si tratta però, come scrive la testata Mediaset, di “un caso politico montato sul nulla“.
Come ha spiegato lo stesso Brunetta su Facebook, l’intervento a cui faceva riferimento il Corriere risale al 22 giugno dell’anno scorso, “periodo nel quale sembrava che la pandemia fosse in via di superamento, con il ritorno auspicato alla normalità”.
“Io non ho rilasciato alcuna intervista, a nessuno, come doveroso riserbo, in attesa del discorso programmatico del presidente del Consiglio Mario Draghi alle Camere del prossimo mercoledì al Senato e giovedì alla Camera, con conseguente dibattito parlamentare e voto di fiducia”, ha detto il ministro.
“Sono sconcertato e dispiaciuto. Dal momento del giuramento, io non ho rilasciato alcuna intervista, né scritto alcun articolo. Nulla”.
Preso atto delle scuse e delle rettifiche delle varie testate che hanno riportato la notizia, l’esponente forzista è tornato sul caso: “Ma a questo punto mi chiedo: chi ha interesse ad avvelenare i pozzi?”
“Chi vuole mettere già i bastoni tra le ruote a questo governo? Chi ha interesse a giocare con gli equivoci? Quello del ‘Corriere’ sarà un errore… ma io queste domande me le sto ponendo”.