Alberto Scagni condannato a 24 anni per l'omicidio della sorella Alice: come ha fatto a evitare l'ergastolo
Alberto Scagni evita l'ergastolo: aveva ucciso la sorella con 24 coltellate
Alberto Scagni ha evitato l’ergastolo. L’uomo che ha ucciso a coltellate la sorella è stato giudicato seminfermo di mente e condannato a oltre 24 anni. Critici i genitori, che volevano un aiuto psichiatrico per il figlio.
- La condanna di Alberto Scagni
- Infermità mentale e aggravanti
- La reazione dei genitori e il processo parallelo
La condanna di Alberto Scagni
I giudici del tribunale di Genova hanno condannato per omicidio volontario Alberto Scagni, che nel maggio 2022 aveva ucciso la sorella Alice a coltellate. La pena è di 24 anni e 6 mesi di reclusione più 3 anni in una Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza.
L’uomo aveva aggredito la sorella di 34 anni dopo una lite sotto casa di lei. La ragione del diverbio era una ennesima richiesta di soldi da parte dell’assassino, alla famiglia di Alice.
Vistosi rifiutare il denaro, Alberto Scagni ha estratto un coltello da un sacchetto che portava con sé. La sorella è morta dopo la prima coltellata ma l’aggressore ne ha inferte altre 23.
Infermità mentale e aggravanti
L’accusa aveva chiesto l’ergastolo, contestando all’imputato tre aggravanti. La premeditazione, per aver aspettato la sorella per ore sotto casa, la crudeltà per il numero di coltellate inferte e il mezzo insidioso, per aver nascosto l’arma prima del delitto.
La difesa si era basata invece sulle precarie condizioni mentali dell’uomo. Linea parzialmente premiata dai giudici, che hanno dichiarato Scagni seminfermo mentale e fatto cadere di conseguenza le aggravanti.
Oltre alla pena carceraria sono stati disposti due risarcimenti, uno di 100.000 al marito di Alice Scagni e un altro di 200.000 al figlio della vittima, che all’epoca della morte della madre aveva soltanto un anno.
La reazione dei genitori e il processo parallelo
I genitori di vittima e colpevole si sono trovati spesso in disaccordo sia con i magistrati che con la difesa: “Non è stata ricercata la verità, non è stato un processo sano, non siamo neanche stati ascoltati. Alberto va curato” hanno dichiarato.
Nel frattempo è in corso un processo parallelo per la denuncia dei due sporta nei confronti dell’operatore del 112 che aveva risposto alla chiamata di allarme del padre di Alberto Scagni la notte dell’omicidio e che aveva tentato di tranquillizzarlo.
Nell’inchiesta sugli allarmi rimasti inascoltati dei genitori di Alberto anche la dottoressa Centro di Salute Mentale della Asl, accusata di aver omesso alcuni dettagli importanti nella sua testimonianza in tribunale.