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5 falsità che girano sull'Ucraina dall'inizio della guerra: chi c'è dietro la diffusione e come smascherarle

Come vengono diffuse le falsità sulla guerra tra Ucraina e Russia e come smascherarle

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Propaganda, fake news, rilettura dei fatti operata in modo parziale, poca attenzione sulla verifica delle fonti e altre mancanze: un mix che spesso innesca un circolo vizioso di divulgazione di notizie false o devianti. La guerra tra Ucraina e Russia non ha fatto eccezione a tale schema. Anzi le falsità sul conflitto circolate dal 24 febbraio (data in cui Putin ha lanciato l’invasione) a oggi sono andate via via aumentando. Ma chi sono coloro che le diffondono? E perché ciò accade?

Ucraina e Russia, così si diffondono le falsità

In primis è bene sottolineare che alcune persone legate alla politica, all’imprenditoria e pure al giornalismo diffondono fake news perché hanno rapporti stretti con uno schieramento piuttosto che con un altro. Altre per pregiudizio e altre ancora per il semplice fatto che si convincono di cose che in realtà non sono state dimostrate.

Un esempio di come a volte vengano sostenute tesi con argomenti che poggiano su basi precarie lo ha offerto Butac.it, con un articolo che ha analizzato un editoriale a firma del giornalista Marco Travaglio uscito lo scorso 20 marzo sul Fatto Quotidiano. Il testo è curioso perché contiene una serie di inesattezze.

Travaglio scrive: “A chi crede o vuole far credere che la guerra in Ucraina sia iniziata il 24 febbraio 2022 con l’attacco criminale di Putin e dimentica i 16mila morti in otto anni nel Donbass, gli accordi di Minsk sull’autonomia della regione russofona traditi da Kiev e altre cosucce, segnalo un fatterello che mi ha ricordato il lettore Angelo Caria”.

Già in queste poche righe ci sono informazioni su cui porre attenzione. Il dato dei morti in Donbass, precedente all’invasione russa, non è 16mila, ma 14mila, per lo meno se si fa affidamento alla fonte più prestigiosa in materia, vale a dire l’Alto commissariato delle Nazioni Unite. Di per sé, il numero riportato (16mila al posto di 14mila) cambia poco la sostanza, ma è un esempio di poca accuratezza di controllo delle fonti.

Il passaggio più spinoso è invece quello relativo agli accordi di Minsk.  Viene affermato che questi siano stati “traditi da Kiev“. Le cose però sono un poco più complesse e assolutamente non risolvibili in “bianco/nero”, “traditori/traditi”.  Né l’Ucraina né la Russia, ha evidenziato sempre Butac.it, erano d’accordo sull’interpretazione da dare al protocollo.

Il governo ucraino intendeva gli accordi come una conferma della propria integrità territoriale, del controllo delle frontiere a cui sarebbe seguita la concessione di un’autonomia per le regioni contestate. Secondo il governo russo invece il protocollo di Minsk garantiva alle autorità ribelli del Donbass una larga autonomia, in modo da permettere alla Russia di porre il veto alle decisioni ucraine in politica estera. Dunque gli accordi sono falliti perché nessuna delle due parti era d’accordo sul loro significato. Quindi dire che Kiev abbia “tradito” è alquanto deviante.

In un altro passaggio, Travaglio parla della “rivolta di Euromaidan” che viene definita come una “sanguinosa protesta nazionalista che il 22 febbraio 2014, con l’ausilio di milizie neonaziste, caccerà il presidente eletto Viktor Yanukovich, filo-russo ma anche filo-Ue”.

In realtà la “sanguinosa protesta nazionalista” nasce nel novembre del 2013 a seguito dell’improvvisa decisione di Yanukovich di ribaltare la sua politica di avvicinamento alla UE sostituendola con maggiori rapporti con Putin. La protesta si è fatta violenta soltanto dopo i numerosi tentativi (questi sì, sanguinosi) delle forze di sicurezza ucraine di disperdere i manifestanti e dopo l’emanazione di una serie di misure atte ad impedire la libertà di manifestazione e di parola.

Vladimir Putin, presidente della Russia

Quando si parla di Ucraina si sente spesso parlare anche di neonazisti. Anche Travaglio infatti parla di “protesta neonazista”. Ad un lettore poco attento potrebbe sembrare che l’Ucraina sia un paese in cui il neonazismo sia diffusissimo, pure tra gli elettori. In realtà il partito neonazista Svoboda, nelle elezioni del 2014, ha preso solo 6 seggi su 450; in quelle del 2019 i 4 seggi si sono ridotti a uno.

In sintesi: la protesta di Maidan non era sanguinosa prima che tentassero di farla tacere; Yanukovich non era più filo-UE, ma filo-putiniano; i neonazisti non hanno avuto un ruolo preminente come a volte si vuol far intendere.

Guerra tra Ucraina e Russia, la bufala rilanciata dalla tv di Stato

Un altro esempio di fake news sulla guerra in Ucraina arriva dalla tv di Stato russa e riguarda il massacro di Bucha. Il canale tv Russia24 ha mandato in onda un video che dimostrerebbe come i cadaveri trovati nella cittadina ucraina non siano altro che manichini. Stando a questa ipotesi, sostenuta con una clip rilanciata dalla tv, il massacro sarebbe in realtà una messa in scena organizzata dagli occidentali.

Poche ore dopo, però, la bufala è stata smascherata. La scena dei manichini, infatti, proviene da una serie tv in fase di lavorazione in Russia. A spiegarlo, su Facebook, è stata Nadezhda Kolobaeva, un’operatrice che sta lavorando alla serie.

Guerra Ucraina-Russia, come riconoscere le fake news

I consigli degli esperti del New York Times invece sono questi:

  • 1 Chi sta condividendo il contenuto che a tua volta vorresti inoltrare ad altri? Molti giornalisti e fonti ufficiali hanno la spunta blu accanto al nome. Questo non garantisce che diffondano notizie verificate, ma è un buon punto di partenza. Ah, attenzione agli account parodia.
  • 2 Se un account ha la spunta blu, cercate di capire se sono reporter sul posto oppure se sono esperti della materia che di solito citano fonti affidabile. O invece se sono soltanto social-star che cercano qualche facile “mi piace”
  • 3 Gli account con i numeretti (“Stellina120362824”) sono molto, molto spesso account fasulli, creati da poco per motivi di propaganda o governati da un bot (un’automazione). Soprattutto se l’account risulta attivato da poco e ha un bassissimo numero di follower.
  • 4 Troppi hashtag: se per attirare l’attenzione su Instagram un post che parla di guerra ha anche l’hashtag #catoftheday forse è bene diffidare.
  • 5 Google ti aiuta. Se la foto che ti ha scioccato su Twitter e su Facebook non si trova da nessuna parte su Google, è possibile che sia di qualche guerra o tragedia precedente, che non c’entra con l’Ucraina.
  • 6 Un occhio ai fact-checkers. Molte organizzazioni, soprattutto le agenzie di stampa, hanno team dedicati a verificare le notizie, soprattutto in periodi ad alta intensità di news come quello attuale
  • 7 Attenti alle raccolte fondi. Tra le centinaia di iniziative legittime, si infilano anche i truffatori. Verifica online se l’organizzazione che propone la raccolta di denaro è reputata.

Fonte foto: ANSA

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