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Viroterapia oncolitica per curare i tumori, si riapre il dibattito dopo il caso della virologa Beata Halassy

Il caso di Beata Halassy, la virologa che ha curato il suo tumore al seno con due virus, ha riaperto il dibattito sulla viroterapia oncolitica

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Ubaldo Argenio

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista esperto di cultura, sport e cronaca, scrive anche di attualità, politica e spettacolo. Laureato in Scienze della Comunicazione, inizia a collaborare con testate locali di Benevento per poi passare a testate nazionali, per le quali si è occupato principalmente di approfondimenti sportivi e culturali. Lavora anche come editor.

Dopo la diffusione della notizia su Beata Halassy, la virologa che ha curato il suo tumore al seno iniettandosi due virus da lei coltivati in laboratorio, ha riaperto il dibattito scientifico sull’efficacia della viroterapia oncolitica: ecco cos’è.

Cos’è la viroterapia oncolitica per curare i tumori

La viroterapia oncolitica è una strategia emergente, ancora definita in fase sperimentale, per trattare il cancro utilizzando virus modificati per infettare e distruggere selettivamente le cellule tumorali.

Questi virus, detti appunto “oncolitici”, sono progettati per replicarsi all’interno delle cellule tumorali, causandone la morte. Possono essere naturali o geneticamente modificati per aumentare la loro specificità per le cellule tumorali interessate e ridurre al minimo l’impatto su quelle sane.

Ci sono ancora prove di efficacia sui tumori della viroterapia oncolitica, la tecnica utilizzata dalla virologa Beata Halassy

La maggior parte degli studi clinici sulla viroterapia oncolitica finora sono stati condotti su tumori metastatici in fase avanzata, anche se negli ultimi anni sono stati indirizzati verso malattie in fase iniziale. Negli Stati Uniti è stata approvata una terapia oncolitica, la T-VEC, per il trattamento del melanoma metastatico.

Il parere dei medici

Come spiegato sul sito della Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, al momento gli studi su questa terapia non sono molti, e “nessuna prova di efficacia è stata ottenuta mediante una sperimentazione rigorosa”.

Come chiarito, inoltre, in alcuni Stati la terapia viene pubblicizzata per curare tumore del seno, della prostata, del polmone, del fegato e altri, ma “non sono mai stati pubblicati su riviste scientifiche dati che dimostrino l’efficacia della terapia in nessuna di queste patologie oncologiche […] A sostegno della terapia vengono portate solo testimonianze di pazienti che dicono di essere guariti”.

Anche perché esistono ovviamente dei rischi legati all’utilizzo dei virus a scopo terapeutico. Nonostante ciò, la ricerca è molto attiva, e ci sono risultati incoraggianti in merito alla cura del mieloma. Ma nessuna terapia è stata ancora riconosciuta per il tumore al seno, come nel caso di Beata Halassy.

Il caso della virologa Beata Halassy

Il dibattito medico sulla viroterapia oncolitica si è riacceso con l’uscita della notizia riguardante la virologa Beata Halassy, che nel 2020, all’età di 49 anni, aveva scoperto di avere un tumore al seno nel sito di una precedente mastectomia.

Non volendo affrontare un nuovo ciclo di chemioterapia, la virologa dell’Università di Zagabria ha studiato la letteratura scientifica e ha deciso di affidarsi a una cura non ancora comprovata, colpendo il suo tumore con due virus diversi: un virus del morbillo seguito da un virus della stomatite vescicolare.

Monitorata dai suoi oncologi, dopo due mesi di cure l’approccio ha dato i suoi frutti, con il tumore che si è ridotto ed è stato rimosso. Nonostante ciò, la virologa ha fatto fatica a trovare una rivista scientifica che volesse pubblicare la sua ricerca, a causa delle implicazioni etiche dell’auto-sperimentazione.

Fonte foto: iStock/Facebook Beata Halassy

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