Sentenza Cassazione trattativa Stato-mafia: assolti Marcello Dell'Utri e carabinieri Mori, Subranni e De Donno
In Cassazione arriva un'assoluzione con formula più ampia per gli indagati: i dettagli della sentenza
Confermata dai giudici di Cassazione l’assoluzione per i tre ex investigatori del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno. I giudici hanno annullato la sentenza di appello senza rinvio con la formula per non avere commesso il fatto nel procedimento sulla presunta trattativa stato-mafia.
Assoluzione definitiva anche per l’ex parlamentare Marcello Dell’Utri.
- Trattativa Stato-mafia, assoluzione con formula più ampia da parte della Cassazione
- Mario Mori: "Sono parzialmente soddisfatto"
- Il processo
Trattativa Stato-mafia, assoluzione con formula più ampia da parte della Cassazione
I giudici della sesta sezione della Cassazione hanno dichiarato la prescrizione per il boss di Cosa Nostra, Leoluca Bagarella, condannato dai giudici di Appello di Palermo a 27 anni, e per il medico Antonino Cinà, ritenuto vicino a Totò Riina, a cui in secondo grado furono inflitti 12 anni di reclusione nell’ambito del procedimento sulla presunta trattativa stato-mafia.
I giudici hanno infatti riqualificato i reati di violenza e minaccia ad un corpo politico dello Stato nella forma del tentativo. Con la riqualificazione la fattispecie è andata in prescrizione.
Mario Mori: “Sono parzialmente soddisfatto”
“Sono parzialmente soddisfatto considerando che per 20 anni mi hanno tenuto sotto processo. Ero convinto di non avere fatto nulla, il mio mestiere lo conosco, so che se avessi sbagliato me ne sarei accorto”. Lo afferma il generale ex Ros Mario Mori, commentando la decisione della Cassazione.
Il processo
Per i giudici di Palermo una trattativa si svolse fra pezzi dello Stato e i vertici della mafia quando ci furono le stragi in cui vennero uccisi Falcone e Borsellino. L’anno scorso, la Corte d’assise d’appello aveva scritto che gli ex ufficiali del Ros Mori, Subranni e De Donno si erano resi protagonisti di un’azione a metà fra la “trattativa politica e una mera trattativa di polizia” per dividere Cosa nostra. Ma anche “un’improvvida iniziativa” accettata dal boss Salvatore Riina.
La trattativa sarebbe andata a buon fine secondo quanto emerso in un dialogo segreto avviato con l’ex sindaco Vito Ciancimino, dopo la strage di Capaci. Dialogo che i giudici di Palermo non avevano ritenuto reato, a differenza di quanto avevano valutato i giudici di primo grado, che avevano fatto scattare la condanna degli ufficiali del Ros. Per i giudici d’appello, l’unico obiettivo degli inquirenti era fermare la strategia delle bombe.
“Scartata in partenza l’ipotesi di una collusione dei carabinieri con ambienti della criminalità mafiosa — hanno riferito il presidente Angelo Pellino e il giudice a latere Vittorio Anania nelle 2971 pagine della sentenza di secondo grado — e confutata l’ipotesi che essi abbiano agito per preservare l’incolumità di questo o quell’esponente politico, deve ribadirsi che nel prodigarsi per aprire un canale di comunicazione con Cosa nostra che creasse le premesse per avviare un possibile dialogo finalizzato alla cessazione delle stragi, furono mossi piuttosto da fini solidaristici (la salvaguardia dell’incolumità della collettività nazionale) e di tutela di un interesse generale — e fondamentale — dello Stato”.