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Quarantena Covid ridotta a 3 giorni: cosa ne pensano gli esperti, da Bassetti a Pregliasco

Cosa ne pensano Bassetti, Ricciardi, Gismondo, Lopalco e Pregliasco della possibile riduzione della quarantena per i positivi al Covid da 5 a 3 giorni

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Stefano D'Alessio

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista. Laureato in Comunicazione, per anni si è occupato di sport e spettacolo. Scrive anche di attualità, cronaca e politica. Ha collaborato con importanti testate e programmi radio e tv, a livello nazionale e locale.

Dopo l’annuncio del nuovo ministro della Salute Orazio Schillaci, che nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei Ministri di lunedì scorso ha riferito che sono in corso riunioni scientifiche sulla durata dell’isolamento dei positivi al Covid-19, si è riacceso il dibattito su questa questione.

Tra le ipotesi attualmente sul tavolo, stando ad alcune indiscrezioni di stampa, sembrerebbe che ci sia anche la riduzione dagli attuali 5 giorni di quarantena a 3 giorni con tampone negativo.

Cosa ne pensano gli esperti? ‘Adnkronos Salute’ ha interpellato sulla questione Matteo Bassetti, Walter Ricciardi, Maria Rita Gismondo, Pier Luigi Lopalco e Fabrizio Pregliasco.

Matteo Bassetti

Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, ha dichiarato: “Io mi auguro che si arrivi non alla riduzione della quarantena per i positivi al Covid, ma alla completa eliminazione. Credo che si debba necessariamente cambiare approccio su questo virus: levare l’obbligo di isolamento è lo strumento per una maggiore normalizzazione della convivenza con il virus. Spero di essere ascoltato, peraltro è stato già fatto in altri Paesi”.

Secondo l’infettivologo, “chi è positivo può uscire di casa con la mascherina Ffp2 oppure dopo 48 dalla scomparsa dei sintomi, a prescindere dal tampone, magari mantenendo l’uso della mascherina per qualche giorno”.

Per Matteo Bassetti, a questo punto della pandemia, “tutto dipende da quanti tamponi facciamo e oggi ne facciamo troppi inutili. L’esperto ha concluso: “Dobbiamo tornare a un utilizzo appropriato dei test, altrimenti abbiamo tante persone isolate e che creano problemi importanti. Va cambiato l’impianto base nella gestione del Covid: meno tamponi, meno isolamento e più semplificazione”.

L’infettivologo Matteo Bassetti.

Walter Ricciardi

Walter Ricciardi, docente di igiene all’Università Cattolica, ha spiegato: “Nella gestione dell’isolamento delle persone contagiate da Covid, il faro da seguire è rappresentato dai dati scientifici. Nel momento in cui dovesse emergere con certezza che non si è più contagiosi dopo un determinato periodo di tempo, l’isolamento potrà essere adeguato. Il concetto fondamentale è che, per limitare la circolazione del virus ed evitare il rialzo di ondate pandemiche, è necessario che le persone infettive e contagiose rimangano a casa fino a quando non rischiano più di infettare gli altri. Se ci sono lavori scientifici seri che dimostrano questo, ben venga la riduzione dell’isolamento. Al momento, però, non mi pare ci siano”.

Maria Rita Gismondo

Per i contagiati dal Covid-19, secondo Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di Microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’Ospedale Sacco di Milano, “dobbiamo assolutamente avviarci verso i 2-3 giorni di isolamento, non di più”.

La stessa Maria Rita Gismondo ha spiegato che l’ipotesi di rivedere il periodo di quarantena per i positivi al Covid è “assolutamente da prendere in considerazione”. L’esperta ha ribadito che “se il virus continuerà a produrre questa bassa patologia”, l’infezione da Sars-CoV-2 va considerata “al pari di un’influenza” almeno per le persone senza particolari fragilità. “Dovremmo allora prevedere un isolamento anche per chi contrae un’influenza?”, ha domandato in conclusione Maria Rita Gismondo.

Pier Luigi Lopalco

Secondo l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’università del Salento, “3 giorni di isolamento per i positivi al Covid sono davvero pochini“. Lopalco ha aggiunto: “Negli Stati Uniti, che sono stati da sempre i più ‘liberali’ in questo campo, si segue l’indicazione dei 5 giorni di isolamento, sempre a patto che non ci siamo sintomi e la febbre sia passata da almeno 24 ore”.

L’isolamento, ha precisato l’esperto, “è una misura che si applica a tutte le malattie infettive. Se avremo prove solide che il periodo di contagiosità si riduce, sicuramente il periodo di isolamento si potrà accorciare”.

Fabrizio Pregliasco

“Per quanto riguarda la tempistica dell’isolamento”, ha detto il virologo Fabrizio Pregliasco, “concordo che si debba cominciare a parlarne, ma vediamolo dopo questa potenziale onda di risalita dei contagi”. Secondo il docente di Igiene dell’università Statale di Milano, “ci sta” che ci si muova “per renderlo più realistico e attuabile, perché oggi sicuramente molte persone non si fanno registrare e non attuano comunque questo isolamento. Quindi ben venga come prospettiva”.

 

Fonte foto: ANSA

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