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CRONACA ESTERA

Perché Israele e Palestina sono in guerra: la questione palestinese dal sionismo ai giorni nostri

Il conflitto fra Israele e Palestina esplode ancora prima della nascita dello Stato ebraico. Il riassunto della questione israelo-palestinese

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Mauro Di Gregorio

GIORNALISTA

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Approdato a QuiFinanza e Virgilio Notizie dopo varie esperienze giornalistiche fra Palermo e Milano. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Il conflitto arabo-israeliano è una disputa territoriale più volte combattuta, anche nel corso di campagne belliche, e sorta ancora prima della dichiarazione di indipendenza che segnò la nascita dello Stato di Israele nel 1948.

Gli antefatti del conflitto Israele – Palestina

Alla fine del XIX secolo le discriminazioni contro gli ebrei diedero il via a una nuova presa di coscienza collettiva del popolo ebraico che portò al sionismo, un movimento politico-religioso il cui fine ultimo era permettere agli ebrei sparsi per il mondo di tornare a quella ‘Terra promessa’ annunciata delle Sacre Scritture.

Un costante flusso migratorio di ebrei verso la Palestina esisteva da sempre, ma a partire dal 1882 i flussi migratori si intensificarono. L’evento scatenante furono i pogrom messi in atto dall’Impero Russo che causarono la fuga di circa 30mila ebrei nel giro di un ventennio.

L’Organizzazione sionista mondiale vide la luce nel 1897. I sionisti puntavano a fondare in Palestina un nuovo Stato, casa di tutti gli ebrei che avessero voluto trasferirvisi.

Il sionismo portò alla creazione nel 1901 del Fondo nazionale ebraico, un fondo finalizzato all’acquisto di terra nella Palestina ottomana per il trasferimento degli ebrei.

Nel 1917 arrivò una sorta di legittimazione politico-istituzionale: il 2 novembre 1917 il ministro degli Esteri inglese Arthur Balfour scrisse una lettera al barone Walter Rothschild, principale rappresentante della comunità ebraica britannica e leader sionista. La lettera impegnava il governo inglese a favorire la nascita di una nazione ebraica in Palestina alla fine della Prima Guerra Mondiale.

Nella foto, la Cupola della Roccia a Gerusalemme detta ‘Spianata delle Moschee’ dai musulmani e ‘Monte del Tempio’ dagli ebrei.

Con il trattato di Sèvres del 1920, firmato fra le potenze alleate e l’Impero ottomano, il Regno Unito acquisì la Palestina in qualità di ‘mandato’. Mandato che venne mantenuto fino al 1948.

Nel frattempo altri eventi di portata storica innescarono grandi flussi migratori di ebrei verso la Palestina. Uno di essi fu la Rivoluzione russa. L’altro fu il nazismo, un’ideologia che vedeva nell’antisemitismo uno dei suoi pilastri e che portò alla più grande persecuzione su base etnica nella storia dell’umanità. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale gli ebrei morti in Europa furono in tutto 6 milioni.

Durante quegli anni gli ebrei giunsero in Palestina da ogni parte del mondo e acquistarono terra dagli autoctoni. Le tensioni, però si fecero crescenti e sempre più violente. Ancora prima della nascita formale dello Stato di Israele quei territori divennero una polveriera sul punto di esplodere.

L’Onu cercò di risolvere la situazione nel 1947 votando un piano di spartizione dei territori finalizzato alla nascita di due stati indipendenti: uno stato ebraico e uno stato palestinese.

A Gerusalemme, città tre volte santa perché luogo sacro per arabi, ebrei e cristiani, venne attribuito uno statuto speciale. I sionisti accettano, i palestinesi rifiutano.

Lo Stato di Israele non era ancora nato, ma era già scoppiata una guerra civile fra arabi ed ebrei. Evento scatenante, l’approvazione del 29 novembre 1947 della Risoluzione 181 con la quale l’Assemblea generale delle Nazioni Unite raccomandava l’adozione del piano di ripartizione dei territori.

La firma innescò ondate di violenze degli arabi contro gli ebrei. Violenze che nei giorni seguenti diedero il via a una spirale di attacchi e contrattacchi e recriminazioni reciproche. La neonata questione palestinese era già nel vivo.

Nascita di Israele e aggravarsi della questione palestinese

Israele nacque formalmente con la Dichiarazione d’indipendenza israeliana proclamata il 14 maggio 1948. Data che, dalla mezzanotte di quel giorno, coincise con la fine del mandato britannico.

Guerra arabo-israeliana del 1948

Dalla guerra civile si passò immediatamente alla guerra fra stati indipendenti, quando battaglioni provenienti da nazioni islamiche attaccarono Israele subito dopo la proclamazione di indipendenza.

Le forze in campo: da una parte Israele, dall’altra soldati provenienti da Egitto, Transgiordania, Siria, Libano e Iraq e contingenti militari minori provenienti da altri paesi arabi.

La guerra nelle intenzioni delle nazioni arabe avrebbe dovuto essere una blitzkrieg. Invece le ostilità terminarono il 20 luglio 1949, dopo aver causato quasi 6.400 morti fra gli israeliani e un numero imprecisato di vittime fra i soldati degli eserciti islamici (fra 5.000 e 15.000).

Con l’armistizio del 1949 Israele espanse i suoi territori e incluse Gerusalemme ovest. Gli arabi sfollati furono 700mila.

Crisi di Suez e nascita dell’Olp

Il 1956 vide un nuovo conflitto passato alla storia con vari nomi: ‘Crisi di Suez’, ‘guerra arabo-israeliana del 1956’, ‘seconda guerra arabo-israeliana’, ecc…

Motivo scatenante, l’occupazione militare del canale di Suez da parte di Francia, Regno Unito e Israele. A tale occupazione si oppose l’Egitto, supportato da Unione Sovietica e Stati Uniti.

Temendo scontri con sovietici e statunitensi, i britannici, i francesi e gli israeliani si ritirarono. La seconda guerra arabo-israeliana iniziò il 29 ottobre 1956 e terminò il 7 novembre 1956. Le vittime: 1.650 fra gli egiziani, 175 fra gli ebrei, 56 fra i britannici e 10 fra i francesi.

Nel 1964 nacque l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). L’obiettivo: la liberazione della Palestina attraverso la lotta armata.

Guerra dei sei giorni

Il 5 giugno 1967 fu la volta del conflitto passato alla storia come ‘Guerra dei sei giorni’. L’Egitto impose un blocco navale a Israele.

Israele reagì con l’aviazione militare e distrusse completamente le flotte aeree della coalizione araba composta da Egitto, Siria e Giordania che nel conflitto erano supportati da Iraq, Arabia Saudita e Libano.

Alla fine delle ostilità Israele divenne ancora più grande e conquistò Gerusalemme Est, la Cisgiordania, la Striscia di Gaza, le alture del Golan e il Sinai.

Guerra del Kippur

Il 6 ottobre 1973 scoppiò la guerra del Kippur, che deve il suo nome alla festività ebraica del Yom Kippur. L’attacco fu sferrato da egiziani e siriani supportati da una quantità di nazioni islamiche, ma anche comuniste (Unione sovietica, Cuba, Corea del Nord e Germania Est).

Nell’altro schieramento gli israeliani supportati dagli Stati Uniti. Il conflitto terminò il 25 ottobre 1973 con un cessate il fuoco imposto dalle Nazioni Unite. Ciascuno schieramento contò più di 8.000 perdite.

Al termine del conflitto l’Egitto riprese parte del Sinai, Israele strappò alla Siria ulteriori porzioni delle alture del Golan. Con gli Accordi di Camp David del 1978 il Sinai tornò poi all’Egitto, che riconobbe Israele.

Prima guerra del Libano

Nel 1982 scoppiò la Prima guerra del Libano quando l’esercito israeliano invase il Libano per cacciare le forze palestinesi. L’occasione vide la nascita di Hezbollah, organizzazione paramilitare libanese.

Prima Intifada e nascita di Hamas

Nel 1987 si verificò la Prima Intifada (‘rivolta’, in arabo): i palestinesi insorsero in massa contro gli israeliani. Le tensioni esplosero nel campo profughi di Jabaliya per poi propagarsi a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Nel 1987 nacque Hamas, organizzazione paramilitare palestinese che prese a operare attraverso atti di terrorismo

Il 15 novembre 1988 il capo dell’OLP Yasser Arafat dichiarò l’indipendenza della Palestina.

La Prima Intifada terminò nel 1993 con gli Accordi di Oslo. Accordi che riconobbero l’Olp come interlocutore di Israele nella risoluzione della crisi, ma che nei fatti non risolsero le tensioni fra le due parti.

A Oslo si stabilì il ritiro delle forze israeliane da Gaza e da altri territori e la creazione entro cinque anni dello Stato palestinese. Intenzione rimasta sulla carta.

La crisi Israele – Palestina dal 2000 in poi

Il 28 settembre del 2000 scoppiò la Seconda Intifada. Il casus belli, la passeggiata di Ariel Sharon, capo del partito Likud, al Monte del Tempio (o Spianata delle moschee). Con Sharon anche una delegazione del suo partito e centinaia di poliziotti in assetto antisommossa.

Il gesto di Sharon ebbe il sapore di una sfida, poiché la sua passeggiata avvenne nel punto in cui, secondo gli islamici, Maometto sarebbe asceso al Paradiso cavalcando un Buraq, un cavallo alato con faccia da donna e coda di pavone.

Sharon intendeva rivendicare il dominio israeliano su quel luogo. La Seconda Intifada esplose a Gerusalemme e si propagò per tutta la Palestina. Le ostilità finirono nel 2005. In seguito alla Seconda Intifada Israele costruì un muro con la Cisgiordania.

Conflitto Israele-Striscia di Gaza

Negli ultimi anni si sono alternati momenti di tensione e momenti di pace. In particolare, la situazione a Gaza, già tesissima, si intensificò a partire dal 2001 con quello passato alle cronache come ‘Conflitto Israele-Striscia di Gaza’ con attacchi palestinesi a colpi di mortaio e missili e durissime rappresaglie israeliane.

Dal 2001 ad oggi gli scontri a Gaza hanno provocato la morte di oltre 1.000 israeliani e di quasi 6.500 palestinesi.

Israele e Palestina negli ultimi anni

Lo Stato della Palestina attualmente è riconosciuto da 138 dei 193 stati membri delle Nazioni Unite.

Il 29 novembre 2012 l’ONU ha riconosciuto la Palestina come Stato non membro con status di osservatore permanente.

Nel 2014 un’escalation degli scontri causò morti e 100mila sfollati. L’anno seguente ci fu la Terza Intifada, definita ‘Intifada dei coltelli’.

Nel 2017 le tensioni si alzarono nuovamente quando il presidente americano Donald Trump annunciò di voler spostare l’ambasciata Usa a Gerusalemme. Questo avrebbe comportato il riconoscimento di Gerusalemme, città contesa fra arabi ed ebrei, come capitale di Israele.

Nel 2020 il premier Benjamin Netanyahu annunciò l’intenzione di annettere le colonie israeliane in Cisgiordania. Si trattava di fatto di una sconfessione degli Accordi di Oslo.

13 agosto 2020 furono firmati gli Accordi di Abramo, una dichiarazione congiunta tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti, in seguito estesi anche al Bahrein. Oltre alla normalizzazione dei rapporti diplomatici fra gli stati firmatari, gli Accordi di Abramo avevano anche lo scopo di rafforzare il fronte contro l’Iran, nemico mortale di Emirati Arabi, Usa e di Israele.

Nel 2021 si combatté una guerra di 11 giorni che causò 200 morti quando alcune famiglie palestinesi furono minacciate di sfratto da Gerusalemme Est.

Nel 2022 è tornata la tensione: a marzo Israele è stato colpito da attacchi terroristici e gli israeliani hanno ucciso alcuni palestinesi in Cisgiordania. Scontri, con centinaia di feriti, fra palestinesi e polizia israeliana a Gerusalemme sulla Spianata delle Moschee. Hamas ha lanciato un missile contro Israele, che ha risposto bombardando la Striscia di Gaza.

Nel 2022 sono stati uccisi 150 palestinesi in Cisgiordania e Gerusalemme est. Solo nei primi due mesi del 2023 i morti sono stati oltre 50.

Missili di Hamas su Israele nel 2023

Il 7 ottobre 2023 una pioggia di missili di Hamas si è abbattuta su Israele, mentre miliziani entravano nel territorio israeliano.

L’attacco è stato deciso dal comandante militare di Hamas, Mohammad Deif.

Israele ha contrattaccato utilizzando anche l’aviazione. Centinaia i morti e i feriti da ambo le parti. Le autorità israeliane hanno parlato dello scoppio di una nuova “guerra”.

Fonte foto: 123RF

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