Lavori del futuro, quali sono le professioni più richieste: dal data specialist al customer relation manager
Il lavoro c’è purché si scelga quello giusto, come dice Luca Maniscalco, autore di “Il lavoro che c’è”: i lavori su cui puntare e le skill richieste
Quali saranno i lavori del futuro? Su quali professionalità e competenze puntare? A fare una previsione per i lavori nel prossimo futuro (2030 e dintorni) sono stati di recente gli esperti del World Economics Forum, che, tra le professioni più richieste, indicano per esempio il data detective, l’analista di dati biometrici, il designer dei nuovi ambienti di lavoro, così come il project manager, gli specialisti nella trasformazione digitale e così via.
Un lavoro che dunque c’è e sembra esserci anche in futuro, a patto di saper puntare sulle competenze giuste. Ne parliamo con Luca Maniscalco, responsabile marketing e comunicazione fondazione UNIMI (Università Statale di Milano) e digital expert, oltre che autore del libro “Il lavoro che c’è. Jobs on the rise” edito da Dario Flaccovio Editore.
Grazie all’aiuto di 25 professionisti, esperti ognuno del suo settore, il libro è infatti una guida su skill e tematiche legate in particolare al mondo del lavoro digitale, che spaziano dallo UX design agli algoritmi di machine learning, dalla marketing automation al personal branding passando per social media, fundraising e nuove forme di public relation. Vediamo di scoprirne di più partendo dall’analisi del contesto lavorativo oggi.
Lavori del futuro: i consigli dell’esperto Luca Maniscalco
Com’è cambiato il mondo del lavoro oggi? Quali sono alcune keyword che lo descrivono?
“Sicuramente una delle keyword che rappresentano una vera rivoluzione nel mondo del lavoro è pandemia. Saremmo degli ingenui a non considerare l’effetto che il Covid ha avuto sul mondo del lavoro. Nel 2019 ‘fingevamo’ che ci fosse lo smart working, ma di fatto non lo applicavamo. E tutt’oggi, che sia smart working o remote working, il fatto di considerarlo come una modalità di lavoro dipende molto dall’azienda”, spiega Luca Maniscalco.
“I lavori del futuro, ma anche quelli di oggi sono poi all’insegna del cambiamento che è quasi una soft skill. La capacità di cambiare è diventa molto importante e va al di là del lavoro specifico che ognuno porta avanti. Anche perché”, ricorda l’autore, “non lavoriamo più confinati nelle nostre quattro mura. E questa attenzione al cambiamento è uno degli elementi più complicati da percepire ma che deve essere indubbiamente sviluppata in ambito HR”.
Quali sono altre soft skill importanti nel lavoro di oggi e per il prossimo futuro?
Secondo Maniscalco un’altra soft skill “è l’alfabetizzazione informatica, che deve essere diffusa tra tutti. Inutile organizzare una riunione su Teams se dall’altra parte si ha un dirigente anziano che non sa usarlo, così come qualsiasi altro strumento che può apparentemente semplificare il modo di lavorare, ma di fatto non è così”.
Altra skill fondamentale è secondo l’autore “l’empatia: se nella presenza fisica il fatto di non essere particolarmente empatici poteva anche essere ‘superato’ da altre caratteristiche personali, oggi che si lavora molto a distanza o in modalità ibrida, bisogna essere in grado di allenare l’empatia. Così come le aziende devono sapere condividere i valori e non solo all’esterno, ma soprattutto all’interno per trattenere le persone valide. La parte valoriale deve essere condivisa con la parte manageriale che in questo modo gestisce le persone al meglio e aiuta anche gli HR a trovare nuovo personale”.
Quali sono quindi le professioni più richieste nel mondo digitale? Per esempio nei big data?
“Per i big data sicuramente conta molto l’aspetto analitico, tant’è che uno dei lavori del futuro sarà sicuramente quello del data scientist”, spiega l’autore.
Un profilo che, come si legge nel capitolo a cura di Giovanni Bucci, “è principalmente tecnico, ma che deve anche farsi carico del compito di andare oltre i numeri, di trasmettere le conoscenze acquisite dai dati e farne un ulteriore strumento di supporto per le aziende. Un ruolo poliedrico, che sa come sfruttare al meglio la tecnologia, ma sa anche prendere i risultati dei calcoli e tradurli in azioni che hanno un effetto concreto sulla vita di tutti i giorni”.
Continua Luca: “Un altro ruolo importante nel mondo dei dati è quello ricoperto dalla data monetization: il dato oggi è business e pertanto coinvolge la parte più dirigenziale, che lo prende in considerazione non solo per trarre il proprio guadagno economico, ma anche in termini di valori e di conoscenza”. Come si legge nel capitolo a cura di Sergio Scornavacca, per data monetization si intende “la capacità di interpretare e poi estrarre valore, o maggiore valore, dai dati che orbitano attorno a noi secondo un concetto di scambio, di reciprocità o di semplice arricchimento di ciò che si vende o si offre. In tal senso le caratteristiche che rendono valore a un dato sono l’esclusività e la specificità”.
I dati, inoltre, sono cruciali per il machine learning, come si spiega nel capitolo a cura di Luisella Giani, dal titolo forse provocatorio ma molto realistico “Il tuo miglior collega sarà un robot”, in cui si parla anche del ruolo degli algoritmi. Che sono “bravi a processare dati in modo routinario” o utili per “un lavoro manuale prevedibile (produzione in catena di montaggio)”, così come per “attività di customer care (un chatbot può essere educato analizzando le conversazioni precedenti con i clienti)”. Inoltre, ricorda Luca “l’algoritmo può avere capacità predittive e prescrittive, ecco perché chi lavora in tal senso sarà sempre più richiesto”.
Oltre al mondo dei dati, quali altre professioni saranno più richieste nel digitale?
“Sicuramente tutte le attività legate al digital marketing come il digital marketing manager, il brand manager, chi si occupa di PR online, ma anche il social media manager e l’UX designer. Si tratta di professioni che sono distinte tra di loro e che si sono evolute nel tempo. Alcune non sono nuove, ma sono cambiate tantissimo eppure devo dire che viviamo un’arretratezza nella parte manageriale tale che ancora non si conoscono tutte le specifiche di questi lavori che continueranno a essere richiesti”.
Inoltre, continua l’esperto “in un mondo in cui sembra crescere la robotizzazione, in realtà un lavoro che sta avendo e avrà sempre più mercato è il customer relation manager: oggi il rapporto con il cliente è diventato principale. Il customer care è una delle attività alla quale pochi prestano attenzione all’inizio della propria carriera ma in cui sarà sempre più necessario investire e approfondire. Il customer care non è soltanto la gestione telefonica o tramite chat pre-ordine, ma si tratta sempre di più di gestione completa del cliente e il suo perfezionamento è alla base del successo di tutto il progetto”.
Cosa significa lavorare oggi nei media e cosa significherà in futuro?
Spiega ancora Maniscalco: “Lavorare nei media significa che non esistono solo i vecchi media, ma bisogna prestare particolare attenzione anche ai nuovi media. Oggi un professionista deve essere multicanale e non può pertanto essere associato a uno solo. Per esempio gli stessi podcast che inizialmente sembravano non avere mercato, oggi sono diventati remunerativi. Così come una tendenza del prossimo futuro potrebbe essere quella della newsletter in cui vengono personalizzati i contenuti. Un utente invece di decidere di abbonarsi al giornale X, può scegliere di abbonarsi al contenuto “politica” o “economia” in base ai suoi interessi. Così come può decidere di seguire un giornalista ben specifico e la sua newsletter.
Ecco perché bisogna curare il personal branding e aumentare così la credibilità del proprio contenuto, cercando di ottimizzarlo in modo da essere visibile sui motori di ricerca. La qualità resta, ma sapere usare delle tecniche digitali che vanno oltre il contenuto, ne aiuta la diffusione”.
Se oggi il lavoro c’è perché spesso non si trova personale?
“A mio avviso non è che il personale non si trovi, dipende molto dalle condizioni, dalle offerte e anche da cosa si sta cercando. Spesso, quando si parla di questo aspetto, non si considera che bisognerebbe puntare sulla specializzazione delle professioni richieste per attrarre le persone. Forse, in alcuni casi, come per la ristorazione, si tratta di professioni che si sono un po’ svuotate e devono rinascere”, spiega l’esperto. “E forse devono essere raccontate meglio mettendo in evidenza i valori del datore di lavoro e perché lavorare lì anziché in un altro posto può dare qualcosa di più al lavoratore, evidenziando quindi la crescita che ogni persona può avere. Solo in questo modo ci può essere lavoro e gente che lo cerca”.