L'ansiolitico Pregabalin usato come droga preoccupa l'Italia: cos'è, quali sono i rischi, come crea dipendenza
L'ansiolitico Pregabalin ha fatto scattare l’allarme nel Regno Unito: in Italia è autorizzato contro l’epilessia e l’ansia. Ma è dannoso e può creare dipendenza
L’allarme arriva dal Regno Unito, dove il Pregabalin è prescritto a 8 milioni di pazienti come ansiolitico, ma è anche un farmaco che ha causato circa 3.400 morti negli ultimi cinque anni per un uso scorretto. In particolare, il medicinale si sta diffondendo nel mondo degli stupefacenti, sotto forma di droga low cost. Proprio la facilità con la quale è possibile procurarselo, però, ne ha aumentato l’assunzione su larga scala, tanto che il Daily Mail riporta il parere di alcuni esperti che paragonano la sua prescrizione al “vendere un’auto senza freni”. La preoccupazione ha raggiunto l’Italia, dove il farmaco è autorizzato contro l’epilessia e l’ansia. L’intervista concessa a Virgilio Notizie da Riccardo Gatti, medico specializzato psichiatria, psicoterapeuta ed esperto di dipendenze.
A cosa serve il Pregabalin
L’uso del farmaco, indicato contro gli stati di ansia ma anche per ridurre le convulsioni nell’epilessia o il dolore neuropatico, può avere anche effetti molto nocivi.
Nel Regno Unito la sua diffusione è cresciuta notevolmente negli ultimi anni, tanto da farlo diventare una delle sostanze stupefacenti a più alto tasso di mortalità dopo gli oppiacei – dunque principalmente eroina e morfina, la cocaina e le benzodiazepine, che sono alla base di altri medicinali come Valium e Xanax.
L’intervista a Riccardo Gatti
L’intervista a Riccardo Gatti, esperto di dipendenze e oggi coordinatore del Tavolo Tecnico sulle Droghe della Regione Lombardia, secondo cui il Pregabalin “non solo può dare dipendenza, ma può avere un effetto tossico e potenzialmente mortale”.
Il Pregabalin è una droga impropria, assunta perché in grado di procurare un senso di euforia o di rilassatezza, ma in realtà si tratta di un farmaco autorizzato per alcune terapie specifiche, non è così?
“Sì, viene usato prevalentemente per il dolore neuropatico. Può essere utilizzato come coadiuvante anche nella terapia di contrasto ad attacchi epilettici parziali e anche per il disturbo di ansia generalizzata negli adulti. Queste sono le indicazioni previste dall’ente regolatore e per il quale l’Agenzia italiana del farmaco lo ha autorizzato alla somministrazione”.
Esiste, però, un sempre maggiore uso improprio, come vera sostanza stupefacente, che allarma in particolare il Regno Unito. Perché?
“Intanto occorrerebbe fare una premessa: ci siamo ormai abituati a parlare dell’abuso di sostanze come un’emergenza. C’è stato un tempo in cui questo aveva un fondamento, ma si tratta di diversi anni fa, circa una cinquantina. Oggi assistiamo ad allarmi frequenti legati, per esempio, al crack o al fentanyl che sta mietendo molto vittime negli Stati Uniti, ecc. Il rischio di questo tipo di approccio è di non mettere a fuoco il problema.”
In cosa consiste, allora?
“Da un punto di vista individuale, i confini tra ciò che è legale e ciò che non lo è si sono di molto assottigliati. Ma anche da un punto di vista pratico sostanze come il fentanyl, appunto, o la xilazina (nota anche come Tranq, che è un farmaco sedativo e tranquillante ad uso veterinario, NdR), sono in effetti dei farmaci, non nascono come droghe”.
Questo significa che ne è cambiato l’utilizzo?
“Sì, anche il Pregabalin come medicinale funziona bene nei trattamenti terapeutici per i quali è in commercio, male se esce da questi confini. Però eviterei di parlare di emergenza perché questo termine era più adatto a quanto accadeva 50 anni fa con l’eroina, o la cannabis o, in tempi più recenti, con l’ecstasy e le droghe sintetiche”.
Ma si tratta solo di un problema di comunicazione o ci sono rischi reali?
“I rischi sono reali, certo. Il fatto è che oggi ci si avvicina a diverse sostanze un po’ per desiderio di esplorare, un po’ per eccesso di consumismo e un po’ per l’abbondanza di informazioni che permette di conoscere anche queste sostanze che possono avere un effetto psicoattivo se usate come droghe. Tutto ciò è avvenuto contemporaneamente a un altro fenomeno: la diffusione di droghe low cost, che possono consistere anche in farmaci”.
L’uso su larga scala può essere legato alla facilità con cui è possibile procurarsi queste sostanze e al loro costo non eccessivo?
“Sì. Questi farmaci si possono trovare nel mercato classico dello spaccio, ma anche tramite ricette false o semplicemente perché un familiare in casa li utilizza per terapie specifiche. Ma il problema sono gli effetti collaterali nocivi di un abuso”.
Quali possono essere?
“Di solito il problema è legato al consumo sotto forma di mix, cioè insieme ad altre sostanze che possono essere alcol o altri farmaci, assunti per modularne gli effetti. A questo proposito c’è un’altra considerazione da fare: oltre agli effetti veri e propri della sostanza, che dà dipendenza, c’è da considerare che chi la assume come droga spesso ha delle aspettative. Per esempio, può pensare di prenderne una certa quantità solo per avere uno sballo o per procurarsi una sensazione di benessere e relax temporaneo, con l’illusione di poterne controllare gli effetti. Ma non è così, perché il risultato solitamente è di rischiare di rischiare di star male e finire in una situazione di dipendenza”.
A livello fisico, quindi, il pericolo maggiore è la dipendenza?
“Un uso costante genera sicuramente dipendenza. L’equivoco oggi è che chi ricorre a questo tipo di sostanze lo fa per un uso cosiddetto sociale, nella vita quotidiana, accompagnato dall’idea di avere tutte le informazioni per evitarne i rischi maggiori. Ma, ripeto, è un’illusione. I latini utilizzavano la parola venenum per indicare sia i farmaci sia il veleno, per sottolineare come il loro uso a sproposito può diventare molto pericoloso. Ecco, credo che dovremmo ricordarlo più spesso”.