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Il trilogo frena sulla direttiva case green e tutto viene rimandato a dicembre: perché l'Europa è divisa

L'Unione europea è divisa fra il Parlamento che accelera al 2033 sulle ristrutturazioni edilizie e il Consiglio che punta alla scadenza del 2050 per gli immobili già esistenti

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Mauro Di Gregorio

GIORNALISTA

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Approdato a QuiFinanza e Virgilio Notizie dopo varie esperienze giornalistiche fra Palermo e Milano. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Non c’è l’accordo in merito alla direttiva case green e la discussione slitta (forse) alla successiva riunione di dicembre. L’intesa sull’efficientamento energetico nell’edilizia è complicata dalle resistenze di alcuni Paesi membri, fra i quali l’Italia.

Cosa prevede la direttiva case green

Il trilogo ha così deciso di rinviare la discussione. Nel gergo giornalistico il termine indica il tavolo di lavoro fra le tre massime autorità comunitarie: Parlamento, Consiglio e Commissione.

Il nodo della questione riguarda la revisione dell’Epbd (Energy performance of buildings directive), inserita nel pacchetto “Fit to 55” presentato dalla Commissione.

Due posizioni sulle ristrutturazioni

Sulla questione dell’efficientamento energetico si scontrano due posizioni: quella più oltranzista del Parlamento europeo e quella più morbida avallata dal Consiglio.

Il Parlamento spinge per far raggiungere a tutti gli edifici residenziali degli Stati membri la classe energetica E entro il 2030 e la classe D entro il 2033.

Il Consiglio europeo punta all’obiettivo di rendere a emissioni zero entro il 2030 solo ed esclusivamente gli edifici residenziali di nuova costruzione. La scadenza per gli edifici già esistenti invece andrebbe spostata al 2050.

L’Italia invoca una quota di esenzione

L’Italia fa parte del blocco dei Paesi più scettici dal momento che gran parte del nostro patrimonio immobiliare, nei centri storici delle città e nei borghi, è composta da edifici di antica costruzione sui quali esistono vincoli architettonici.

Ristrutturare tali edifici (ad esempio coibentandone le pareti esterne o applicando pannelli solari sui tetti) potrebbe rovinarne l’estetica e il valore storico.

Secondo il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin anche l’obiettivo del 2050, allo stato attuale, non è raggiungibile dall’Italia.

“Abbiamo un patrimonio particolare con 31 milioni di fabbricati, di cui 21 milioni oltre la classe D“, ha detto Fratin.

Si tratta di un patrimonio “diverso da quello di altri Paesi europei per questioni storiche, di conformazione geografica, oltre che di una radicata visione della casa come bene rifugio”.

Il ministro invoca l’inserimento nella direttiva di una quota di patrimonio edilizio esentato dalle ristrutturazioni.

Oltre alla difesa del patrimonio storico e culturale, c’è una criticità correlata ai costi: secondo alcune stime dell’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) se dovesse passare la direttiva ogni anno andrebbero ristrutturati 180mila stabili privati.

I costi potrebbero raggiungere i 60 mila euro per le case di metratura più ampia.

Fonte foto: 123RF

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