Giovanni Brusca e l'omicidio di Giuseppe Di Matteo, bimbo sciolto nell'acido: "Sono un mostro, nessun perdono"
Oggi Giovanni Brusca è un uomo libero. In un dialogo con don Marcello Cozzi si sfoga sull'omicidio di Giuseppe di Matteo, sciolto nell'acido nel 1996
Se oggi Giovanni Brusca è tornato in libertà, lo deve a Giovanni Falcone: il collaboratore di giustizia, nonché uno dei pentiti di mafia dal più grande peso specifico, è ricordato soprattutto per la strage di Capaci (paradossalmente) e per l’omicidio di Giuseppe di Matteo, sciolto nell’acido. In un lungo dialogo con don Marcello Cozzi, Brusca si racconta senza risparmiarsi, senza assolversi.
- La vita di Giovanni Brusca in un libro
- L'omicidio di Giuseppe di Matteo
- La fine di Cosa Nostra, secondo Brusca
La vita di Giovanni Brusca in un libro
Uscirà giovedì 19 settembre Uno così: Giovanni Brusca si racconta, il libro di don Marcello Cozzi che racconta l’incontro tra l’ex vicepresidente dell’associazione Libera – ma ancora in prima linea nella lotta alle mafie e nelle battaglie sociali – e il collaboratore di giustizia.
Tra le pagine non c’è assoluzione per Brusca, che non nasconde di sentire fortemente il peso delle vittime che hanno riempito il suo prontuario quando rispondeva agli ordini di Totò Riina.
Tra gli atti più crudeli cui Brusca partecipò insieme ad altri attori principali, ricordiamo la strage di Capaci nella quale morì il giudice Falcone insieme alla moglie Francesca Morvillo e agli uomini della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Ma nel profilo di Brusca c’è anche la morte di Giuseppe di Matteo, di appena 14 anni, sciolto nell’acido come rappresaglia nei confronti del padre Santino di Matteo. A proposito di questo atto efferato, a don Cozzi Giovanni Brusca dice: “Mi accusano spesso di non mostrare esternamente il mio pentimento, ma io so che per un omicidio come questo non c’è perdono“.
L’omicidio di Giuseppe di Matteo
Giuseppe di Matteo era il figlio di Santino di Matteo, un ex mafioso arrestato nel 1993 che partecipò all’organizzazione della strage di Capaci. Proprio in merito alla tragedia in cui morirono il giudice Falcone, sua moglie e tre uomini della scorta, Di Matteo testimoniò contro mandanti ed esecutori. Lo fece anche per l’omicidio di Ignazio Salvo.
Negli ambienti di Cosa Nostra il suo arresto destò preoccupazione, e quando arrivarono le sue prime dichiarazioni riferite al magistrato Giuseppe Pignatone, si decise di rapire il figlio Giuseppe. Il rapimento fu organizzato dallo stesso Giovanni Brusca insieme a Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella e Giuseppe Graviano il 14 novembre 1993, dunque dopo l’arresto di Santino di Matteo. In quel tempo Brusca, latitante, era capo mandamento di San Giuseppe Jato.
Giuseppe di Matteo fu rapito il 23 novembre. I rapitori si travestirono da agenti della Dia e andarono a prelevare il ragazzino con l’inganno, conquistando la sua fiducia con il pretesto di accompagnarlo a fare visita al padre. Il piccolo Giuseppe accolse la notizia con entusiasmo.
Durante la prigionia di Giuseppe, Giovanni Brusca apprese della condanna inflitta a lui e Leoluca Bagarella da parte della Corte d’Assise di Palermo per l’assassinio di Ignazio Salvo. Il clan decise, dunque, di uccidere il piccolo. Dopo 779 giorni, Giovanni Brusca e i suoi uomini strangolarono il ragazzino e lo sciolsero in una vasca ricolma di acido. Era l’11 gennaio 1996 Per gli inquirenti fu impossibile rinvenire i resti. I dettagli macabri dell’omicidio di Giuseppe di Matteo sono noti dalle dichiarazioni di Vincenzo Chiodo, ex mafioso che fu parte attiva nell’esecuzione.
La fine di Cosa Nostra, secondo Brusca
“Durante i processi le uniche volte che ho perso il controllo è quando sono dovuto ritornare su questa storia”, queste le parole di Giovanni Brusca, riportate dall’Adnkronos, sull’omicidio di Giuseppe di Matteo. Secondo una massima, monumentale, di Giovanni Falcone sulla mafia, la mafia è un “fatto umano” e che in quanto tale “ha un inizio e avrà anche una fine”.
Oggi per Brusca vale lo stesso. “Cosa Nostra scomparirà se i suoi capi resteranno senza eserciti”, riferisce a don Cozzi.