Carola Rackete, nuova archiviazione per la comandante della Sea Watch. Fu "dovere di salvataggio"
Caso Sea Watch, Carola Rackete è stata prosciolta dall'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina
Nuova archiviazione per Carola Rackete: il gip del tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, ha archiviato l’inchiesta a carico della comandante della nave Sea Watch 3, accusata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Secondo la giudice Rackete non ha commesso alcun reato entrando in porto a Lampedusa con i naufraghi soccorsi in mare nonostante il divieto di ingresso per il Decreto sicurezza firmato dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini.
La gip archiviato le accuse accogliendo la richiesta della procura, presentata dal procuratore aggiunto Salvatore Vella e dal pm Cecilia Baravelli.
Carola Rackete, archiviate le accuse
Nell’aprile scorso Carola Rackete era già stata definitivamente prosciolta dall’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e violenza a nave da guerra per il presunto speronamento della motovedetta della Guardia di finanza avvenuto a Lampedusa il 29 giugno del 2019.
Il secondo procedimento per la quale è stata nuovamente prosciolta riguardava quanto avvenuto tre giorni prima di quell’episodio, quando la 33enne tedesca decise di entrare senza autorizzazione nelle acque territoriali italiane con la Sea Watch, che stazionava davanti Lampedusa ma in acque internazionali.
Una decisione presa nonostante il divieto di ingresso firmato dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. All’accusa di rifiuto di obbedienza a nave da guerra si era aggiunta dunque quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per avere fatto entrare sul territorio italiano gli oltre 50 naufraghi a bordo, tra cui donne incinta e neonati.
Carola Rackete, la sentenza
“All’esito delle indagini non sono emersi elementi suscettibili di sorreggere l’ipotesi accusatoria nei confronti” di Carola Rackete, scrive il gip del tribunale di Agrigento nel provvedimento di archiviazione.
Secondo il giudice Carola Rackete “ha agito nell’adempimento del dovere di salvataggio previsto dal diritto nazionale e internazionale del mare”, in quanto “non si poteva considerare luogo sicuro il porto di Tripoli”.
Il giudice cita un rapporto dell’Alto commissario per le Nazioni unite nel quale si sottolinea che “migliaia di richiedenti asilo, rifugiati, migranti presenti in Libia versano in condizione di detenzione arbitraria e sono sottoposti a torture e a trattamenti disumani e degradanti in violazione dei diritti umani”.
Anche la nave della ong Sea Watch “non poteva essere considerato temporaneamente un luogo sicuro” perché a bordo “c’erano persone particolarmente vulnerabili, tra cui donne in stato di gravidanza, sei minori di cui due neonati, migranti con ustioni da carburante e soggetti con sospetta tubercolosi”.
Carola Rackete, i commenti all’archiviazione
“Quest’ennesima archiviazione abbatte il pretestuoso muro legislativo eretto da Salvini e, nelle sue motivazioni, conferma quanto già stabilito dalla Corte di Cassazione: soccorrere chi si trova in pericolo in mare e condurlo in un luogo sicuro è un dovere sancito dal diritto internazionale”, commenta la ong Sea Watch.
Veronica Alfonsi, portavoce di Open Arms Italia, ha così commentato all’Adnkronos: “Da quello che leggiamo, nella sentenza viene ribadito come una nave non possa essere considerata un luogo sicuro per persone soccorse da un possibile naufragio e, dunque, in condizioni di fragilità”.
“Questo – ha aggiunto – mi pare un punto fondamentale anche per la vicenda che vede l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona”.