Bruno Vespa e il paragone tra Donald Trump e Mussolini: "Ha delle vocazioni, ma la democrazia Usa è forte"
Bruno Vespa paragona Donald Trump a Benito Mussolini, ma non crede che possa scardinare le istituzioni Usa
Il giudizio di Bruno Vespa. Il giornalista italiano paragona Donald Trump al dittatore fascista Benito Mussolini, ma afferma di credere nella forza delle istituzioni democratiche statunitensi.
Bruno Vespa su Donald Trump
Il giornalista italiano Bruno Vespa è stato ospite alla trasmissione di La7 Di Martedì, condotta da Giovanni Floris, per parlare del suo nuovo libro Hitler e Mussolini L’idillio fatale che sconvolse il mondo.
Vespa non viene però intervistato dal conduttore della trasmissione ma da Antonio Padellaro, editorialista del Fatto Quotidiano ed ex direttore dello stesso giornale, prima di lasciare il posto a Marco Travaglio.
Proprio Padellaro apre l’intervista con una domanda secca a Vespa su quello che, di lì a poche ore, diventerà il vincitore delle elezioni americane: “Donald Trump è più Hitler o Mussolini?”
Il paragone a Mussolini
Dopo una breve risata, Bruno Vespa chiarisce di non considerare credibile il paragone con il dittatore della Germania Nazista, ma specifica alcuni caratteristiche di Trump che gli ricordano invece Mussolini.
“Donad Trump ha delle vocazioni mussoliniane, quelle dell’uomo forte. Grazie a Dio la democrazia americana ha, o almeno spero che abbia, gli anticorpi” ha risposto Vespa.
A quel punto è stato Giovanni Floris a intervenire nel dialogo: “Più che le caratteristiche dell’uomo forte Mussolini aveva quelle del codardo, vedremo se Donald Trump sarà lo stesso” ha detto il conduttore.
Trump e l’ammirazione per Hitler
Nonostante Bruno Vespa non noti paragoni plausibili, Donald Trump avrebbe già più volte rivelato una certa ammirazione per Hitler, quantomeno in quello che immaginava fosse il suo rapporto con i suoi stessi generali.
“Perché non sei come i generali tedeschi? Quelli di Hitler! erano totalmente fedeli. Hitler ha fatto pure cose buone” avrebbe detto ai tempi del suo primo mandato da presidente, durante un diverbio con John Kelly, il suo capo di gabinetto, come riportato nel libro The Divider.
Quando Kelly gli ricordò che i generali di Hitler tentarono di assassinarlo tre volte, andando anche vicini a raggiungere l’obiettivo il 20 luglio del 1944, mentre la Germania perdeva terreno su tutti i fronti. L’obiettivo sarebbe stato quello di prendere il potere, trattare una pace separata con gli Alleati e continuare la guerra contro la sola Urss.