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Brain Rot è la parola dell'anno per Oxford Dictionary: cosa significa e perché è stata scelta

"Brain Rot" è la parola dell'anno secondo il prestigioso Oxford Dictionary: cosa vuol dire e perché è tanto dibattuta

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Mirko Vitali

GIORNALISTA

Giornalista esperto di politica e attualità, attento anche ai temi economici e alle dinamiche del mondo dello spettacolo. Dopo due lauree umanistiche e il Master in critica giornalistica, lavora e collabora con diverse testate e realtà editoriali nazionali

Il prestigioso Oxford Dictionary ha individuato in “Brain rot” la parola dell’anno. La scelta è stata fatta dopo un’analisi approfondita di dati linguistici e tenendo presente della discussione pubblica a livello mondiale relativa all’espressione. In particolare, è stato spiegato come il termine, che in italiano può essere tradotto con “Marcescenza del cervello” o “Marciume del cervello“, racchiuda in sé la complessità del fenomeno che vede sempre più individui impegnati a consumare una moltitudine di contenuti ‘leggeri’, soprattutto online, pratica che secondo gli esperti non stimola le capacità cognitive, anzi le fa regredire.

Oxford, “Brain Rot” è la parola dell’anno: il significato

Che cosa si intende quando si parla di “Brain Rot”? Lo ha spiegato Casper Grathwohl, presidente di Oxford Languages. Trattasi del “deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona, considerato come il risultato di un consumo eccessivo di materiale (in particolare contenuti online) considerato banale o poco impegnativo”.

Il riferimento è all’ampio uso che milioni di persone fanno del cosiddetto scrolling di contenuti di vario genere. ‘Scrollando’, inevitabilmente, ci si imbatte in una serie di post spesso banali e di scarsa importanza dal punto di vista intellettuale.

Non un esercizio innocuo secondo gli esperti che sostengono che tale pratica quotidiana fa arretrare il processo conoscitivo delle persone. Altrimenti detto, ne va della salute del cervello umano, che si affatica nel visionare informazioni prive di valore intellettuale.

L’espressione “Brain Rot” è sempre più utilizzata

Gli studiosi di Oxford Languages hanno sottolineato che la frequenza dell’utilizzo di “Brain Rot” è aumentata tra il 2023 e il 2024 del 230%. Un’impennata sull’uso del termine la si è registrata ad esempio su TikTok tra la Generazione Z e la Gen Alpha. Anche nel giornalismo l’espressione è stata dibattuta e adoperata in svariati casi.

Un episodio simbolo di “marciume del cervello” è quello relativo al successo della serie di video virali Skibidi Toilet del creator Alexey Gerasimov. Trattasi di contenuti ultra leggeri in grado di macinare miliardi di visualizzazioni, soprattutto tra i giovanissimi.

Cosa dice la scienza

La questione inerente al consumo massiccio di contenuti online privi di spessore intellettuale è stata affrontata anche dal punto di vista scientifico. Brillante il lavoro pubblicato su National library of Medicine in cui è stato dimostrato come Internet possa innescare alterazioni acute e permanenti nella cognizione relativa all’attenzione e alla memoria. Fattori che possono persino produrre cambiamenti nella materia grigia del cervello.

Passare ore e ore a scrollare post sui social può spingere il cervello ad assopirsi e a non essere più in grado di processare e conservare le informazioni più complesse. C’è anche il pericolo che gli individui vedano ridursi la loro capacità di attenzione.

“Si può vedere – ha dichiarato il presidente di Oxford Languages – la crescente preoccupazione della società per come sta evolvendo la nostra vita virtuale, il modo in cui la cultura di Internet sta permeando così tanto in chi siamo e di cosa parliamo. La parola vincente dello scorso anno, “Rizz”, è stato un esempio interessante di come la lingua sia sempre più formata, modellata e condivisa all’interno delle comunità online”.

“Brian Rot” fu usato per la prima volta 170 anni fa

L’Oxford Dictionary ha inoltre rilevato che l’espressione non è nata in tempi recenti. Addirittura si ha notizia che è stata registrata per la prima volta nel 1854, nel libro Waden di David Thoreau. Nell’opera, l’intellettuale critica l’inclinazione della società a non interessarsi alle idee complesse, prediligendo concetti semplici. Ora la tematica è tornata attuale.

“Trovo affascinante che il termine “marcescenza cerebrale” sia stato adottato di nuovo dalla Generazione Z e dalla Gen Alpha, quelle comunità in gran parte responsabili dell’uso e della creazione dei contenuti digitali a cui si riferisce il termine”, ha spiegato il direttore di Oxford Languages.

“Queste comunità – ha concluso il direttore – hanno amplificato l’espressione attraverso i canali dei social media, il fatto stesso che si dice causi il “marciume del cervello” mostra una consapevolezza di sé un po’ sfacciata nelle generazioni più giovani sull’impatto dannoso dei social media“.

Fonte foto: Getty Images

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