Virus Nipah, quarantena in India per l’infezione che ricorda il Covid: sintomi e rischi spiegati da Bassetti
Il virus Nipah viene trasmesso dai pipistrelli, ma ci può essere contagio anche da uomo a uomo. In India mascherine e scuole chiuse come durante il Covid
Scuole e università chiuse, obbligo di mascherine, massima attenzione ai cibi e alla disinfezione. Sono misure che sono scattate in India, dove da tempo c’è preoccupazione per la diffusione del virus Nipah, che ora ha fatto innalzare i livelli di attenzione. Si tratta di un patogeno trasmesso dai pipistrelli, ma non solo. Come spiega il Ministero della Salute italiano, l’infezione da virus Nipah (NiV) può avvenire anche tramite “alimenti contaminati con saliva, urina ed escrementi di animali infetti”. Il contagio, inoltre, “può anche essere trasmesso direttamente da uomo a uomo attraverso il contatto stretto con una persona infetta”, anche se più raramente. L’intervista a Matteo Bassetti, infettivologo e direttore della Clinica di Malattie infettive dell’Ospedale San Martino di Genova, concessa a Virgilio Notizie.
- L’allarme in India
- Perché sale l'allerta
- Che malattia causa il virus Nipah e quali sono i sintomi
- L'intervista a Matteo Bassetti
L’allarme in India
È da tempo che in India, in particolare nella regione del Kerala che si trova nel sud del Paese, viene monitorata con attenzione la situazione.
Negli ultimi mesi, però, i livelli di allerta sono cresciuti: come riferito dal quotidiano The Hindu, infatti, lo scorso giugno c’era stata una prima vittima, un ragazzo di 14 anni morto dopo aver contratto l’infezione. Per 200 persone, invece, si era resa necessaria la quarantena.
Ora sono scattate ulteriori misure di precauzione, come l’obbligo di indossare la mascherina in ambienti scolastici: alcuni istituti sono stati chiusi per evitare una diffusione del virus, che porta a sintomi simili a quelli influenzali.
Perché sale l’allerta
Il virus Nipah (Nipah henipavirus) è un virus a RNA che appartiene alla famiglia Paramyxoviridae e al genere Henipavirus.
Non è la prima volta che circola ed è ben noto agli esperti, in particolare nel sud-est asiatico: in passato è stato anche responsabile di epidemie “stagionali in Bangladesh – spiega ancora il sito del Ministero della Salute – con casi che si verificano solitamente ogni anno tra dicembre e aprile in corrispondenza della raccolta e del consumo della linfa della palma da datteri”.
A creare maggiore preoccupazione, però, è l’aumento dei morti: i primi del 2024 si sono verificati proprio nel Bangladesh, a Dhaka, nei mesi scorsi.
Il virus è presente – oltre che in India – anche in:
- Malesia
- Singapore
- Africa
Che malattia causa il virus Nipah e quali sono i sintomi
I sintomi della malattia sono confondibili con quelli di una influenza, con “infezioni respiratorie acute ed encefalite fatale” tra le conseguenze più gravi.
Si presenta con:
- febbre
- mal di testa
- dolori muscolari
- gola infiammata
- vomito
Talvolta può portare anche a:
- vertigini
- sonnolenza
- stato di coscienza alterata
- encefalite acuta
- polmonite atipica
- gravi problemi respiratori
- convulsioni
Il periodo di incubazione varia da 4 a 14 giorni, ma in alcuni casi arriva anche a 45.
I tassi di mortalità, secondo il Ministero, “variano tipicamente dal 40% al 100%, a seconda delle capacità locali di diagnosi precoce e gestione clinica”.
Al momento non esistono vaccini e la cura si basa soprattutto sulla prevenzione o sul trattamento dei sintomi dell’infezione.
L’intervista a Matteo Bassetti
In passato si erano già registrate epidemie, ma oggi il timore è di una nuova pandemia, dopo l’esperienza del Covid. Quanto può essere fondata questa ipotesi, vista la mobilità mondiale?
“Intanto è evidente che dopo quello che successo 5 anni fa con il Covid, oggi prevale la prudenza, soprattutto da parte delle istituzioni nazionali e sovranazionali. Il rischio non va mai sottovalutato, visto che nel 2019 si era inizialmente esclusa una possibile pandemia, che invece poi si è verificata. Ora, quindi, l’atteggiamento prevalente è a non sottovalutare, ma piuttosto a enfatizzare i potenziali rischi”.
Ma a suo avviso di fronte a che tipo di virus ci si trova?
“Il Nipah è un virus tutt’altro che ‘piacevole’. È già conosciuto e assomiglia molto al Sars-Cov2, responsabile del Covid, per diversi motivi. Il primo è che colpisce i pipistrelli e un altro animale ospite intermedio, come per esempio il maiale infetto, ma ha la potenzialità di trasmissione anche tra uomo a uomo, e questo preoccupa. Si tratta, quindi, di una zoonosi, cioè un’infezione degli animali passata agli uomini”.
Qual è l’altro motivo per cui non va sottovalutato il rischio?
“L’altra caratteristica è l’elevata mortalità che può dare l’infezione. Il Covid inizialmente si attestava sul 3-4%, mentre in questo caso – stando ai dati degli esperti che lo hanno visto sul campo e ne hanno riferito – si arriva al 30-40%”.
Quali sono i sintomi dell’infezione da virus Nipah?
“Si va dalla febbre, anche molto alta, al malessere generale, ma si può arrivare alla polmonite atipica e all’encefalite, quindi un’infezione generalizzata, per la quale, peraltro, non ci sono né farmaci né vaccini. Questo può rappresentare un grande problema. L’unico aspetto che ci tranquillizza è che al momento la situazione sembra critica solo in India dove, purtroppo, a renderla tale può contribuire anche uno standard sanitario meno efficiente di quello che abbiamo noi e l’Occidente in generale”.
Come si distingue dall’influenza o dal Covid?
“Non c’è un modo preciso per distinguere l’infezione da Nipah virus da quella dovuta ad altri virus perché le forme influenzali infettive sono molto simili, con tratti comuni come appunto i dolori articolari, l’astenia, la febbre alta e il malessere generale”.
Chi sono i soggetti più a rischio?
“Mentre per altre forme, compreso il Covid, gli anziani sono più a rischio, qui sappiamo che sono decedute persone anche giovani, come un ragazzo di 24 anni prima e poi un 16enne. Però nel caso delle malattie infettive molto dipende anche dalla carica virale. Magari il soggetto infetto con cui erano entrati in contatti l’aveva molto elevata. Oppure può aver contribuito una comorbidità o un’altra malattia pregressa”.
Quali sono le cure, al momento?
“Come detto, non c’è cura e non c’è vaccino, come per la maggioranza delle infezioni virali. Ricordiamoci che abbiamo farmaci antivirali solo per l’HIV, l’epatite B, l’Herpes e il Covid. Quando si viene colpiti bisogna lavorare sulle terapie cosiddetto di supporto, quindi soprattutto governare la febbre e che non si arrivi a una polmonite. Ma curare un’infezione senza armi non è facile”, conclude Matteo Bassetti.