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Proteste Iran, impiccato il primo manifestante condannato a morte: aveva 23 anni. L'accusa nei suoi confronti

Eseguita in Iran la prima condanna a morte di un manifestante: si chiamava Mohsen Shekari. A confermarlo è stata la magistratura della Repubblica islamica

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Simone Cadoni

GIORNALISTA

Giornalista, scrive di cronaca, politica e altre tematiche legate all’attualità.

È stato impiccato questa mattina Mohsen Shekari, il 23enne arrestato e condannato a morte dopo aver preso parte alle proteste antigovernative esplose in Iran a seguito dell’uccisione della giovane curda Mahsa Amini. Si tratta della prima esecuzione capitale eseguita da Teheran nei confronti di un manifestante.

Solo pochi giorni fa il capo della Giustizia iraniana Gholam-Hossein Mohseni-Ejèi aveva annunciato l’imminente esecuzione delle pene inflitte per le manifestazioni e confermate dalla Corte Suprema. La rivolta della popolazione iraniana si è ormai estesa in tutte le province del Paese, nonostante i violenti tentativi di repressione delle forze di sicurezza. Ad oggi gli arresti sarebbero circa 18mila.

Manifestante impiccato dopo le proteste in Iran: le accuse

Secondo quanto si apprende dai media statali citati dalla ‘Bbc’, Mohsen Shekari è stato giudicato colpevole dal tribunale rivoluzionario islamico di “moharebeh”, vale a dire di “inimicizia contro Dio”. Accusa che comporta la pena capitale. L’udienza si è tenuta lo scorso 10 novembre e il giovane, stando a quanto riferito dalla magistratura iraniana, avrebbe confessato.

Giovani iraniani in protesta contro il regime della Repubblica Islamica

Il 23enne era stato accusato di aver bloccato una strada durante una manifestazione antigovernativa che si era tenuta il 25 settembre a Teheran, di aver provocato disordini e di aver estratto un coltello con l’intenzione di uccidere un membro delle forze paramilitari. Secondo la testimonianza di un attivista del posto il processo che ha portato alla condanna a morte di Shekari è stato “una farsa”.

Human Rights lancia l’allarme

Il direttore della ong ‘Iran Human Rights’, Mahmood Amiry-Moghaddam, ha lanciato l’allarme su Twitter in merito alle prossime condanne a morte che verranno eseguite. Secondo quanto affermato inizieranno a verificarsi quotidianamente a meno che le autorità iraniane non siano messe di fronte a “rapide conseguenze pratiche a livello internazionale”.

Intanto le proteste nelle città contro il regime non si placano: stando alle stime riportate dall’agenzia di stampa degli attivisti per i diritti umani ‘Hrana’, il numero dei manifestanti uccisi da quando è scoppiata la rivolta è salito a 475, con circa 18mila persone arrestate.

Condannata anche la compagna di cella di Alessia Piperno

Ad oggi i condannati a morte sarebbero una decina. Tra questi risulterebbe esserci anche la compagna di cella di Alessia Piperno, che fino a un mese fa era stata rinchiusa nel carcere di Evin.

Farimah Karimi, questo il suo nome, è un’allenatrice di pallavolo madre di tre figli: la terribile sentenza nei suoi confronti è stata inflitta perché avrebbe dato un calcio a un pasdaran che tentava di fermarla durante una manifestazione a Pakdasht, nella provincia di Teheran.

“La sera le cantavo Bella Ciao per calmarla – ha scritto su Instagram la travel blogger italiana – da quando sono tornata ho cercato sue notizie ogni giorno”.

Fonte foto: SalamPix/ABACA/IPA

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