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CRONACA NERA

Omicidio Agata Scuto, disabile scomparsa ad Acireale: la difesa di Rosario Palermo, accusato di averla uccisa

Rosario Palermo, principale imputato nel processo per la scomparsa di Agata Scuto, si difende e ammette il depistaggio

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Luca Bucceri

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista esperto del mondo dello sport e della politica, scrive anche di attualità ed economia. Laureato in Scienze della Comunicazione, muove i primi passi nelle redazioni sportive di Palermo per poi trasferirsi a Milano e lavorare per importanti testate.

Prosegue il lavoro degli inquirenti per cercare di far luce sul caso di Agata Scuto, la 22enne disabile scomparsa nel nulla ad Acireale dal giugno 2012. A presentarsi davanti ai giudici è stato ancora una volta Rosario Palermo, l’ex compagno della madre di Agata, accusato di aver ucciso la giovane.

L’accusa e la difesa di Rosario Palermo

Tutto ruota attorno alla figura di Rosario Palermo, l’uomo che secondo l’accusa avrebbe avuto una relazione con la 22enne, l’avrebbe messa incinta e avrebbe quindi deciso di ucciderla facendo sparire il cadavere.

Della 22enne, scomparsa nel nulla, non si hanno notizie ormai da 10 anni e Palermo ha più volte negato la tesi che viene sostenuta dall’accusa. Infatti l’uomo, che aveva una relazione con la madre di Agata, ha più volte ribadito di non aver mai avuto alcuna rapporto con la 22enne e, anche se fosse, “non avrei avuto problemi a dirlo”.

Ha quindi rivendicato a più riprese la sua innocenza anche dinanzi alla Corte d’assise di Catania rispondendo al pm e al suo avvocato, il penalista Marco Tringali.

Il tentativo di depistaggio

Nel corso dell’ultima udienza, Palermo ha chiarito punto per punto tutte le accuse, ha sostenuto di avere “otto figli sparsi per il mondo” e di averne avuto uno anche con un’ex cognata. Ha quindi ribadito di aver visto Agata “come una figlia”, rivendicando che ucciderla non avrebbe avuto senso.

E nel corso dell’esame, durato circa sei ore, l’uomo imputato ha fatto anche delle ammissioni importanti. Palermo infatti ha ammesso di aver cercato di depistare le indagini.

Il depistaggio, ha sottolineato, è stato messo in atto perché aveva capito di essere indagato e sentiva la pressione mediatica. A quel punto avrebbe pensato di darsi da fare per trovarsi un alibi ed essere scagionato.

L’alibi dell’infortunio

Nel corso dell’esame davanti ai pm ha anche parlato del testimone che ha negato il suo alibi. Un uomo, infatti, aveva smentito la sua copertura di essere con lui a raccogliere origano il giorno in cui Agata si dileguò nel nulla.

Palermo ha quindi fornito altri elementi, sostenendo di essersi fatto male durante questa ricerca in campagna, e di essere stato poi qualche giorno a casa di sua madre, dove sarebbe andato a trovarlo la stessa madre di Agata.

Fonte foto: ANSA

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