Droga, boom di crack in Italia: sequestri raddoppiati, il derivato della cocaina dilaga dove c'è povertà
Dal 2019 a oggi l'Italia ha registrato un raddoppio nei sequestri di crack: metà del quantitativo nazionale in Campania
L’Italia sta vivendo un vero e proprio boom di crack. Lo rivelano i dati della Dcsa (Direzione centrale dei servizi antidroga) aggiornati al 2023, che mostrano come dal 2019 a oggi i sequestri siano raddoppiati. La potente droga derivata dalla cocaina dilaga soprattutto nelle zone urbane dove la povertà è più diffusa.
Il boom del crack in Italia
I dati della Dcsa (aggiornati al 1° dicembre 2023) rivelano che, dal 2019 a oggi, nel nostro Paese si è verificato un raddoppio nei sequestri di crack: da 6,9 chili a 14,8, con un aumento costante negli anni (nel 2021 6,9 chili, nel 2022 10,5).
“Il dato dei 14 chili fornito, già in pochi giorni è passato a 15, per dare un’idea – spiega a LaPresse Salvatore Leotta, tenente colonnello della Dcsa – Non stiamo parlando di tonnellate ma se andiamo a spezzare il dato nelle regioni vediamo per esempio che in Campania c’è stato un aumento netto”.
“C’è un maggior numero di sequestri che ovviamente corrisponde a un maggior consumo. Parliamo prevalentemente delle regioni del Meridione o più in generale delle aree urbane più povere”.
“In Campania – prosegue Leotta – c’è la metà dei quantitativi nazionali sequestrati, 8 chili. Non vogliamo creare allarmismo, perché i quantitativi in assoluto sono bassi, ma il raddoppio è comunque indice di qualcosa”.
Cosa è il crack, ricavato dalla cocaina
Il crack è una droga nata negli Stati Uniti e diffusasi a partire dagli anni Ottanta.
Ricavata tramite processi chimici dalla cocaina, viene assunta inalando il fumo dopo aver surriscaldato i cristalli in pipe di vetro (o ricavate da bottiglie di plastica e lattine).
In origine era destinato ai cocainomani cronici come sostituto della cocaina, in quanto l’assunzione nasale di quest’ultima provocava la distruzione dei tessuti nasali.
Il crack è la “droga dei poveri” e il suo uso è in aumento “da anni”, spiega a LaPresse Leopoldo Grosso, presidente onorario del Gruppo Abele.
“Spesso i sequestri non distinguono tra cocaina e crack mentre gli operatori possono fare distinzione per la modalità d’uso, la cocaina viene sniffata il crack viene inalato, e qui vedono un aumento specifico del crack”, conclude Grosso.