Detenuto si laurea in carcere a Catanzaro e confessa altri omicidi: l'incredibile storia di Catello Romano
Un detenuto del carcere di Catanzaro si è laureato a pieni voti in Sociologia svelando nella tesi dettagli di delitti da lui compiuti finora irrisolti
Come molti detenuti che decidono di utilizzare il tempo della condanna per costruire qualcosa in vista della liberazione, anche un uomo di 33 anni, detenuto nel carcere di Catanzaro, ha deciso di studiare e di laurearsi durante la detenzione. Nella sua tesi ha però svelato dettagli di alcuni omicidi da lui commessi, rimasti finora irrisolti, portando la Dda a richiedere una copia del documento.
L’arresto di Catello Romano
Detenuto da oltre dieci anni nella casa circondariale “Ugo Caridi” di Catanzaro, dove sta scontando una pena di 30 anni di reclusione per omicidio, il 33enne Catello Romano aveva da tempo iniziato a seguire un corso di laurea in Sociologia della Sopravvivenza, riuscendo infine a laurearsi.
Nella sua tesi finale, il detenuto Romano ha colpito la commissione, che ha premiato il suo elaborato con un 110 con lode e la pubblicazione dell’elaborato.
Quello che però ha fatto scalpore è il fatto che Romano nella sua tesi, che era in parte un racconto autobiografico, ha confessato tre omicidi che erano ad oggi considerati irrisolti e per i quali quindi non era stato mai processato.
Le rivelazioni nella tesi
Carmine D’Antuono e Federico Donnarumma, uccisi il 28 ottobre 2008 in quello che Romano, entrato giovanissimo nella fila del clan D’Alessandro, ha definito il suo “battesimo di sangue”, e Nunzio Mascolo, ucciso il 5 dicembre 2008.
Sono questi i delitti confessati nella sua tesi dall’ex camorrista 33enne, che vanno ad aggiungersi a quello per il quale Romano è stato condannato, l’omicidio avvenuto nel 2009 di Gino Tommasino, allora consigliere comunale del Pd a Castellammare di Stabia (Napoli), città d’origine del detenuto.
Le informazioni condivise da Catello Romano svelano alcuni particolari di delitti ad oggi irrisolti, motivo per il quale il suo elaborato ha da subito attirato le attenzioni degli inquirenti.
La richiesta della Dda
A tal proposito la direzione distrettuale antimafia (Dda) di Napoli ha richiesto e acquisito una copia dello scritto meritevole di lode secondo i docenti della facoltà calabrese.
Parlando dell’omicidio di Donnarumma, Romano ha scritto che l’uomo “non doveva essere ucciso” in quanto innocente, ma nonostante questa consapevolezza il 33enne gli sparò lo stesso.
Nella sua tesi Romano afferma di avere abbandonato i modelli positivi della sua giovinezza (la madre, il nonno e il maestro di taekwondo), per seguire quelli di Raffaele Cutolo nel film “Il camorrista” e del padrino del clan stabiese Renato Cavaliere, l’uomo in testa al commando che uccise Gino Tommasino.
Dopo l’arresto Catello Romano decise di collaborare con la giustizia, salvo poi fuggire dalla località protetta nella quale era stato portato, prima di essere nuovamente catturato qualche giorno dopo.