Covid, cena Natale: cosa fare per incontrare parenti in sicurezza
Covid, Natale: l'esperto consiglia quali precauzioni adottare per scongiurare di essere contagiati e di diffondere il virus
Sarà un Natale differente da qualsiasi altra festività vissuta fino ad ora. Inevitabile ai tempi di una pandemia galoppante, quella da coronavirus. Spostamenti ridotti, niente assembramenti e altre misure restrittive: il Dpcm che vedrà la luce nelle prossime ore metterà nero su bianco i dettagli delle regole da seguire. Si sta discutendo ancora, ma la linea ormai è più che chiara. Limitare il più possibile il pericolo cenoni e riunioni ‘massicce’ familiari per scongiurare la terza ondata, ora che la seconda si sta attenuando.
I parenti stretti, con tutte le precauzioni del caso e rispettando le norme, potranno in diversi casi essere frequentati. Ma come fare ad evitare nuovi eventuali contagi? Un cittadino come può autonomamente e con certezza cercare di non contrarre il virus e allo stesso tempo non diffonderlo? Pierangelo Clerici, Presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici italiani e della Federazione Italiana Società Scientifiche di Laboratorio, intervistato dal Corriere della Sera, ha provato a rispondere ai quesiti e ad offrire delle soluzioni.
Molti italiani, prima di incontrare i parenti, stanno pensando di effettuare dei test rapidi. Servirà tale precauzione e soprattutto è affidabile? “L’affidabilità è legata al singolo prodotto, dipende di fatto dall’azienda produttrice. In commercio ci sono quasi 200 diversi tipi di tamponi rapidi, ma non sono tutti uguali”, spiega Clerici che aggiunge che vista la vasta gamma di test rapidi è opportuno effettuare quelli ad alta sensibilità, “diciamo al 90-95%”.
C’è dell’altro da sapere: “Allo stato attuale – prosegue il microbiologo – i dati disponibili per i vari test sono quelli dichiarati dal produttore. In commercio c’è di tutto, non esiste un ente regolatorio, come per i farmaci o per i vaccini, per una valutazione di efficacia”. Dunque massima attenzione, con il consiglio di usare “i tamponi autorizzati alla vendita” che “hanno marchio CE, che certifica una serie di caratteristiche sia di produzione che di controllo”, anche se “non è imposto uno standard minimo di accuratezza”.
Clerici spiega pure che ci sono dei “limiti intrinseci” nella fase del prelievo dei tamponi rapidi: “il test deve essere eseguito da mani esperte e non da personale improvvisato, pena la non riuscita del test”. A ciò si aggiunge che “se la carica virale è molto bassa il test non riesce a rilevare il virus e il risultato sarà un falso negativo”.
Altra domanda cruciale. Quanto tempo prima di vedere i familiari bisognerebbe effettuare i test? “Il test andrebbe eseguito a ridosso dell’occasione di incontro, ma almeno 24 ore dopo un eventuale contatto a rischio per verificare con maggior certezza l’eventuale positività. Per motivi logistici un’alternativa potrebbe essere fare il tampone magari il 22 dicembre ma poi chiudersi in casa fino a Natale“, afferma Clerici.
Dunque massima attenzione e occhio alle tempistiche. “Io vorrei che fosse chiara una cosa – incalza il professore -. Il tampone rapido non può essere un passaporto per il cenone perché potrebbe arrivare a tavola gente che in realtà è positiva per i mille motivi che abbiamo elencato: un test diagnostico non abbastanza sensibile o fatto troppo precocemente, una bassa carica virale, un’infezione successiva al test ma precedente all’incontro, la cinetica virale diversa da individuo a individuo”.
E ancora: “Il tampone rapido negativo è solo un semaforo verde psicologico. Contano molto di più la responsabilità e l’autocoscienza del singolo”.
Alla fine quindi cosa è meglio fare? Clerici ha le idee chiare e consiglia di “fare un check dei nostri comportamenti nelle ultime 48-72 ore. Se si è certi di non essere stati a contatto con persone positive, di non aver avuto attività sociali e di non aver avuto comportamenti a rischio come prendere mezzi pubblici affollati o mettersi in coda davanti ai negozi senza mascherina mi sentirei abbastanza tranquillo se il pranzo lo si condivide con i congiunti che abitualmente si frequenta e che negli ultimi 2-3 giorni non hanno incontrato nessun altro”.
“È molto più sicuro un pranzo tra dieci persone che si vedono sempre che tra sei che non si vedono mai”, conclude.