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Cos'è il concordato preventivo con il fisco per i lavoratori autonomi con partita Iva: cosa prevede la bozza

Il concordato preventivo col fisco è un patto con i lavoratori autonomi sui redditi che dura 2 anni: si ipotizza di poter incassare 760,5 milioni

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Stefano D'Alessio

GIORNALISTA

Giornalista pubblicista. Laureato in Comunicazione, per anni si è occupato di sport e spettacolo. Scrive anche di attualità, cronaca e politica. Ha collaborato con importanti testate e programmi radio e tv, a livello nazionale e locale.

In Consiglio dei Ministri arriva il testo sul nuovo “concordato preventivo“, un patto con i lavoratori autonomi sui redditi che dura 2 anni e da cui l’Erario ipotizza di poter incassare fino a 760,5 milioni. La bozza del decreto legislativo di attuazione della delega fiscale approda in Consiglio dei Ministri venerdì 3 novembre, per poi andare alle Camere per il parere prima del passaggio definitivo e l’entrata in vigore, prevista già dal 2024.

Gli obiettivi del nuovo testo sul “concordato preventivo”

La pubblicazione in Gazzetta, come riportato dall’agenzia ‘ANSA’, riscriverà molte regole fiscali attualmente affidate a testi datati. Le nuove norme, seguite dal viceministro all’Economia Maurizio Leo, permetteranno di svecchiare la macchina fiscale affidando la lotta all’evasione anche alle nuove tecnologie e, nello specifico, all’intelligenza artificiale.

Tra gli obiettivi c’è anche l’integrazione tra le diverse banche dati. Nelle intenzioni del legislatore, i contribuenti devono partecipare sempre di più, per esempio nel caso degli accertamenti.

Novità in arrivo per i lavoratori autonomi con Partita Iva dall’Agenzia delle Entrate.

Cosa prevede il “concordato preventivo”

La chiave di volta del nuovo testo è, per l’appunto, il concordato preventivo, che permetterà ai contribuenti di accordarsi in anticipo per 2 anni sui propri redditi con il fisco.

L’Agenzia delle Entrate metterà a disposizione dei contribuenti la proposta di adesione entro aprile 2024 (ma a regime la scadenza è il 15 marzo). I contribuenti potranno aderire entro luglio 2024 e, negli anni successivi, entro giugno.

L’accordo è rivolto ai contribuenti con la partita Iva ‘esercenti attività d’impresa, arti o professioni, sia quelli che versano le imposte forfait, sia quelli che applicano gli indici sintetici di affidabilità’.

Chi non può accedere al “concordato preventivo” con il fisco

Ci sono anche alcuni limiti a difesa di un’applicazione trasparente: l’indicazione nella dichiarazione dei redditi di dati non corrispondenti a quelli comunicati, ai fini della definizione della proposta di concordato, per esempio, impedisce l’accesso.

I contribuenti sottoposti agli indici di affidabilità fiscale (i vecchi studi di settore) dovranno avere un voto alto per aderire al concordato, pari almeno a 8. Chi ha un voto basso potrà aggiornare i dati in possesso dell’amministrazione.

Inoltre, per accedere al concordato preventivo, i contribuenti non devono avere debiti tributari o aver almeno estinto quelli oltre i 5 mila euro. Sono esclusi anche quelli che non hanno presentato le dichiarazioni dei redditi o hanno ricevuto condanne, per esempio, per “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”.

Sarà possibile mettersi in regola per superare alcuni di questi “paletti”. Proprio per questo il governo conta di incassare 748,1 milioni l’anno prossimo e 12,3 milioni nel 2025. Si tratta di somme non messe a bilancio.

Le altre novità previste dal fisco

La nuova attuazione della delega punta anche a un maggiore dialogo preventivo con i contribuenti, soprattutto in fase di accertamento. Nel testo si impone una sorta di dialettica obbligatoria tra amministrazione e contribuente: per esempio, l’Agenzia delle Entrate dovrà dialogare in caso di accertamento e verbale. Il contribuente potrà aderire e dialogare anche subito. Con l’adesione le sanzioni saranno dimezzate.

L’intelligenza artificiale servirà a stanare preventivamente i “furbetti“, nel rispetto delle norma sulla privacy. Maggiore sarà anche l’integrazione delle banche dati: le informazioni verranno utilizzate dall’Agenzia delle Entrate, anche attraverso l’interconnessione tra loro e con quelle di archivi e registri pubblici.

Le notifiche fiscali, incluse le contestazioni e, quindi, le cartelle, potranno essere spedite al contribuente anche sul domicilio digitale, prevedendo anche un secondo invio nel caso in cui la casella risultasse satura. La decorrenza dei termini scatterà praticamente da subito, non appena il gestore della Pec comunicherà al fisco l’arrivo della notifica in casella postale.

Fonte foto: ANSA

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