Coronavirus, italiana sull’Oceano scopre la pandemia dopo un mese
Dopo aver attraversato l'Oceano con il fidanzato, ha scoperto la situazione drammatica della sua città, Bergamo
Quasi un mese senza avere collegamenti con il mondo esterno, sopra una barca a vela di 11 metri in mezzo al mare. E poi l’amara scoperta dell’emergenza sanitaria in Italia dovuta al nuovo coronavirus. È la storia di Elena Manighetti, originaria di Bergamo, e del suo compagno Ryan Osborne, inglese. Tra il 28 febbraio e il 25 marzo non hanno avuto accesso a internet, impegnati ad attraversare l’Oceano Atlantico.
“Ricordo che Ryan ha letto le notizie sulla pandemia, e le nostre mascelle si sono come paralizzate“, ha raccontato la giovane al Guardian. L’intervista è stata tradotta dal Corriere della Sera.
A fine febbraio la coppia aveva lasciato Lanzarote, una delle isole Canarie, per dirigersi verso le Antille, nell’America Centrale. La malattia era ancora in gran parte limitata alla Cina, e l’Oms non aveva ancora dichiarato lo stato di pandemia.
“Le ultime notizie sulla Covid-19 erano positive”, ha spiegato Elena Manighetti, “e dicevano che le morti stavano rallentando“.
Dopo la traversata i due hanno potuto riaccendere il telefono. “All’inizio è stato difficile comprendere le dimensioni del dramma. È come svegliarsi dopo un lungo coma e immaginare la portata di ciò che è accaduto nel frattempo”, ha dichiarato Brian, secondo quanto riporta il Corriere della Sera.
“Dopo circa tre giorni dal nostro arrivo sull’isola, Ryan ha letto sul New York Times che la mia città natale era la più colpita al mondo. Non ne avevo assolutamente idea. Ho chiamato mio padre e mi ha detto: ‘Oh, l’hai scoperto. Non fatevi prendere dal panico'”, ha raccontato Elena.
Un dolore immenso per lei vedere le foto dei camion militari di fronte al cimitero di Bergamo perché non c’era spazio per le bare. “È stato il momento più scioccante“.
Durante la traversata oceanica l’unico mezzo di comunicazione era un telefono satellitare in grado di ricevere messaggi di 160 caratteri. Avevano chiesto a familiari e amici di non usarlo per inviare brutte notizie. “È una prassi abbastanza comune per i marinai. Se uno si trova nel mezzo dell’Oceano non c’è assolutamente nulla che si possa fare in caso di cattive notizie. Si può piangere, urlare, preoccuparsi, ma non ci si può voltare perché il vento è dietro di te ed è molto forte”, ha spiegato Elena.
Vicino ai Caraibi i due si sono resi conto che qualcosa non stava andando per il verso giusto. “Eravamo a circa due giorni di distanza quando ci è stato inviato un elenco di tutte le isole che avevano chiuso i confini. Abbiamo pensato che stessero prestando solo una particolare attenzione al coronavirus perché la maggior parte delle isole non ha infrastrutture sanitarie. Insomma, misure preventive”.
Elena e Ryan si trovano ancora a Bequia, un’isola di Saint Vincent e Grenadine, dove non ci sono confermati di contagio dal nuovo coronavirus. “È surreale. Ci troviamo in un luogo dove tutto sembra normale, mentre sappiamo che il mondo è chiuso. Siamo in un posto fantastico mentre nel frattempo le persone muoiono o sono in ospedale”.
I due trentenni vivono sulla loro barca a vela dal 2017, quando hanno deciso di vivere in mare perché una casa a Manchester, dove vivevano, sarebbe costata troppo. Hanno iniziato così a viaggiare per il mondo, guadagnandosi da vivere come grafici freelancer e raccontando le loro vite sul loro blog.