Coronavirus, "anticorpi boomerang": l'ipotesi e le conseguenze
Secondo uno studio, gli anticorpi sviluppati dopo aver contratto il coronavirus possono essere controproducenti, con serie conseguenze per il vaccino
Il tema dell’immunità al coronavirus è molto dibattuto all’interno della comunità scientifica. Non è ancora noto se chi contrae il virus sviluppi anticorpi in grado di proteggere dalle successive infezioni, né quanto eventualmente possa durare la protezione. Ma uno studio italiano pubblicato sulla rivista BMJ Global Health ha fatto emergere una possibilità poco rassicurante: ovvero che gli anticorpi potrebbero al contrario favorire successive infezioni.
La ricerca è firmata dagli studiosi dell’Irccs Burlo Garofalo di Trieste ed ex compagni di corso della London School of Hygiene & Tropical Medicine.
Coronavirus, “anticorpi boomerang”: lo studio
Secondo quanto riporta La Repubblica, Luca Cegolon, medico epidemiologo presso l’Ausl 2 di Marca Trevigiana di Treviso e autore dello studio, ha affermato: “Abbiamo preso spunto per questa ricerca osservando l’andamento della malattia, in particolare l’elevata trasmissibilità e il tasso di casi severi in generale tra gli operatori sanitari anche giovani sia in Italia che in Cina, come dimostra il caso del medico cinese trentenne di Wuhan, deceduto e da cui tutto è partito”.
Secondo Cegolon, la ragione della bassa infettività tra i bambini potrebbe celarsi proprio dietro la minore presenza di anticorpi: “I bambini hanno inevitabilmente meno anticorpi degli adulti e degli anziani, essendo stati meno esposti ad agenti infettivi nel corso della loro breve vita e questo potrebbe spiegare perché sono più protetti”.
Coronavirus, gli anticorpi potrebbero allearsi col virus
L’epidemiologo ha spiegato che per alcuni virus appartenenti alla famiglia del coronavirus, come il Mers-CoV e il Sars-CoV, si verifica un fenomeno noto come Antibody Dependent Enhancement (Ade): “In pratica non solo l’immunità acquisita non sembra proteggere dalle re-infezioni da coronavirus, ma può addirittura diventare un boomerang”.
Più precisamente, esiste la possibilità che gli anticorpi possano allearsi “con il virus stesso durante infezioni secondarie per facilitarne l’ingresso nelle cellule bersaglio, sopprimere l’immunità innata e scatenare o amplificare una reazione infiammatoria importante dell’organismo”, ha precisato Cegolon.
Gli studi sugli effetti protettivi degli anticorpi
Mentre uno studio cinese pubblicato su Nature Medicine ha rilevato un progressivo calo di anticorpi entro due-tre mesi dalla guarigione, nel Regno Unito è in corso lo studio Siren per fare chiarezza sull’effetto protettivo degli anticorpi contro il Sars-CoV-2.
Luca Cegolon, commentando lo studio Siren, ha sottolineato che “si presta benissimo anche a verificare il possibile effetto boomerang di tali anticorpi, cioè l’eventuale comparsa della forma critica di Covid-19 negli operatori socio-sanitari ri-esposti a Sars-Cov2 dopo pregressa infezione lieve/asintomatica che ha prodotto una risposta anticorpale”.
Coronavirus, “anticorpi boomerang”: le conseguenze sul vaccino
Se l’ipotesi osservata dai ricercatori italiani si rivelasse veritiera, potrebbe compromettere anche l’efficacia dei vaccini in via di sviluppo. “Per nessun Coronavirus è mai stato possibile produrre e commercializzare un vaccino efficace finora, neppure per quelli temibili che, come il Sars-CoV-2, causano sindromi respiratorie acute severe”, ha osservato l’epidemiologo.
Ma lo studio, è bene ricordare, ha avanzato soltanto un’ipotesi, che lo stesso autore vorrebbe che fosse smentita: “Se la nostra ipotesi fosse confermata ci sarebbero forti implicazioni non solo per la terapia dei casi critici di Covid-19, ma anche (in negativo) per la produzione di un vaccino efficace contro il Sars-CoV-2”.
Coronavirus, la chiave di volta è la prevenzione
Per Cegolon, infine, la vera strategia di difesa dal contagio è rappresentata dalla prevenzione. “Ora che grazie al caldo-umido la diffusione del virus è rallentata – ha concluso l’epidemiologo – bisogna approfittarne per potenziare l’immunità innata e attrezzarsi per l’autunno con interventi farmacologici che possano proteggere le porte d’ingresso del virus come, per esempio, il naso”.