Antisemitismo e razzismo, lo sfogo di Liliana Segre a Bruxelles
Ospite al Parlamento europeo la senatrice a vita ha parlato della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz
Applausi e commozione quest’oggi a Bruxelles dove, al Parlamento Europeo, Liliana Segre è intervenuta ricordando la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz. Nel corso dell’intervento della senatrice a vita gli europarlamentari presenti si sono stretti anche in un minuto di silenzio su richiesta del presidente David Sassoli.
“Anche oggi qualcuno non vuole guardare e anche adesso qualcuno dice che non è vero” ha sottolineato Segre, parlando della liberazione del campo di sterminio. La senatrice ha anche ricordato con le parole di Primo Levi “lo stupore per il male altrui”, che “nessuno che è stato prigioniero” nel campo “ha mai potuto dimenticare”.
Ha poi aggiunto: “La parola razza ancora la sentiamo dire e per questo dobbiamo combattere questo razzismo strutturale, che c’è ancora. La gente mi domanda come mai si parli di antisemitismo, di razzismo, ma perché c’è sempre stato e perché sono insiti negli animi dei poveri di spirito“.
Sull’antisemitismo e il razzismo Liliana Segre ha poi aggiunto che “ci sono sempre stati, ci sono corsi e ricorsi storici: prima non c’era il momento politico per poterli tirare fuori. Ma poi arrivano i momenti, in cui ci si volta dall’altra parte, in cui è più facile far finta di niente e tutti quelli che approfittano di questa situazione trovano il terreno adatto per farsi avanti”.
“Questo è un semplicissimo messaggio da nonna che vorrei lasciare ai miei futuri nipoti ideali: che siano in grado di fare la scelta della non indifferenza e con la loro responsabilità e la loro coscienza essere sempre quella farfalla gialla che vola sopra i fili spinati” ha proseguito.
Durante il suo discorso, Segre ha ricordato la marcia della morte e poi una bambina del campo di Terezin, che prima di essere uccisa dai nazisti disegnò una farfalla gialla che vola sopra ai fili spinati: “Anche oggi fatico a ricordare, ma mi è sembrato un grande dovere accettare questo invito per ricordare il male altrui, ma anche per ricordare che si può, una gamba davanti all’altra, essere come quella bambina di Terezin”.