Le chat dell’inchiesta sul Covid, Guerra a Brusaferro: fare tamponi a tutti "è la ca**ata del secolo"
Pubblicate le chat tra gli esperti e gli uomini di governo risalenti all'inizio della pandemia
Dalle chat Whatsapp e Telegram in cui ci sono centinaia di scambi di messaggi, è emerso che gli esperti e le istituzioni, quando scoppiò la pandemia, non avevano le idee chiarissime su come procedere. Le conversazioni sono emerse dopo che la Procura di Bergamo ha acquisito informazioni dagli smartphone degli indagati nell’ambito dell’inchiesta per epidemia colposa e omicidio colposo, legata alla gestione dell’emergenza Covid.
- La chat tra Silvio Brusaferro e Ranieri Guerra
- La chat di Bersani e Zaccardi
- La conversazione tra Cajazzo e Borrelli
La chat tra Silvio Brusaferro e Ranieri Guerra
La prima fase della pandemia fu drammatica. In particolare fu tragico il focolaio di Bergamo. Il Corriere della Serra ha pubblicato parte delle chat di alcuni esperti e di alcune figure istituzionali risalenti a quel periodo concitato.
“Il tema è che tutti pensano che il test serva a qualcosa” scriveva per esempio il 22 febbraio, il giorno dopo il Paziente 1, il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, conversando con Francesco Curcio, direttore del Dipartimento di Medicina di laboratorio di Udine.
In quel momento le istituzioni italiane, con tanto di circolari, avevano in mente di non procedere con “l’uso massiccio dei tamponi”, anche se da Londra era stato comunicato che “oltre 2/3 dei portatori sani provenienti dalla Cina sono rimasi “undetected” e hanno avuto il tempo di diffondere il virus”.
Eppure, in quei giorni, si stava già procedendo con i tamponi a tappetto anche a Vo’ Euganeo, in Veneto. Il 15 marzo fu il direttore vicario dell’Oms, Ranieri Guerra, a contattare Brusaferro. “Ma fare tamponi a tutti adesso è la ca**ata del secolo”, scriveva Guerra, commentando l’ipotesi di effettuare test a tappeto. Il presidente dell’Iss replicava: “No è che ognuno va per conto suo”.
Guerra, riferendosi a Massimo Galli, aggiungeva: “Ho parlato con lui, gli ho detto di desistere dal proporre scemenze come tamponi per tutti… ha convenuto, spero…”.
La chat di Bersani e Zaccardi
Altre chat dimostrano come in quei giorni le idee su come affrontare la pandemia fossero confuse. Il 23 febbraio 2020 è il giorno in cui si capisce che il Covid in Italia non è più un problema limitato a Codogno e Vo’ Euganeo. Si ha notizia dei primi tamponi positivi all’ospedale di Alzano, il presidio sanitario che viene chiuso per poche ore. Ed è in quelle ore, a metà mattina, che un uomo di spicco del ministero della Salute, il capo di gabinetto Goffredo Zaccardi, contatta Pierluigi Bersani.
Tra Zaccardi e Bersani c’è un rapporto di fiducia. Il dirigente lavorava al servizio del ministro Roberto Speranza. “Penso sia evidente che da Ruocco in giù i nostri non sono stati all’altezza”, scrive Zaccardi a Bersani, riferendosi al segretario generale Giuseppe Ruocco.
Zaccardi fa poi il punto sui rapporti tra la Cina e il resto del mondo: “Le persone che rientravano transitando da qualunque aeroporto del mondo dalla Cina andavano messe in quarantena. Questo non ci avrebbe messo totalmente al riparo dal virus, ma dalle responsabilità sì. E i voli erano molto più controllabili. Questo è ciò che penso…”.
La conversazione tra Cajazzo e Borrelli
Le chat mostrano la concitazione degli esperti e degli uomini di governo per come la situazione lombarda e bergamasca fosse precipitata. Il dg del Welfare Lombardo Luigi Cajazzo così si rivolgeva in una telefonata ad Angelo Borrelli, allora a capo della protezione civile: “Non ti preoccupà, se non ti bastano i letti (nelle terapie intensive, ndr) te li portiamo noi i pazienti in altre regioni. Te manno gli elicotteri!”.