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Inps in crisi nel prossimo decennio: buco da 45 miliardi nel 2032, la causa più pensionati che lavoratori

Ultima chiamata per correggere i conti dell'Inps avviati verso il profondo rosso: i fattori che spingono verso la crisi l'Istituto previdenziale e i possibili rimedi

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Mauro Di Gregorio

GIORNALISTA

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Approdato a QuiFinanza e Virgilio Notizie dopo varie esperienze giornalistiche fra Palermo e Milano. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Le previsioni non sono buone: l’Inps, tramite il Civ (Consiglio di indirizzo e vigilanza), ha fornito alcuni numeri durante l’audizione di fronte alla Commissione di controllo sugli enti previdenziali. La popolazione italiana invecchia e presto il numero dei pensionati supererà quello dei lavoratori. In mancanza di un intervento, i conti dell’Istituto previdenziale salteranno.

Quale futuro per l’Inps

L’Italia subisce un costante calo demografico, la popolazione invecchia (per ogni bambino sotto i 6 anni ci sono più di 5 anziani) e il flusso di stranieri non riesce a invertire il trend. Nel corso del prossimo decennio i conti dell’Inps andranno in passivo: si passerà dai +23 miliardi del 2023 a -45 miliardi nel 2032.

Nella sua relazione, il presidente del Civ Roberto Ghiselli parla della “combinazione di due tendenze, l’aumento della longevità e la bassa fecondità, che provocano la cosiddetta inversione nella piramide delle età”.

“Il saldo positivo dei flussi migratori – spiega Ghiselli – non è sufficiente a bilanciare il saldo negativo della dinamica naturale. Il tendenziale calo demografico già ora determina uno squilibrio notevole fra le coorti interessate o prossime al pensionamento, e quelle in ingresso nel mercato del lavoro, con una contrazione tendenzialmente crescente della popolazione attiva”.

Uno degli aspetti di maggiore preoccupazione per gli equilibri futuri del sistema previdenziale “è rappresentato dalla crescita del numero dei pensionati in rapporto ai lavoratori attivi, in particolare per l’effetto combinato delle previsioni di decrescita demografica, in gran parte connessa al fenomeno della denatalità, e l’aumento della speranza di vita, che complessivamente porta a un tendenziale invecchiamento della popolazione”, prosegue Roberto Ghiselli.

Pensioni più basse per gli italiani

Il dato assodato è che i 30-40enni di oggi andranno in pensione sempre più tardi e con poco più della metà dell’ultimo stipendio.

Ghiselli puntualizza che l’incertezza previdenziale è correlata al fatto che le future prestazioni pensionistiche saranno principalmente legate alle condizioni lavorative e reddituali maturate nel corso della carriera lavorativa più che al sistema di calcolo.

“Il rischio di una diffusa inadeguatezza dei futuri trattamenti pensionistici – spiega – potrà dipendere dalla discontinuità nel lavoro e quindi nella contribuzione, dai bassi livelli di reddito, dall’irregolarità nei rapporti di lavoro”.

Come invertire la rotta

Secondo il Civ vanno realizzate politiche di sostegno allo sviluppo economico e produttivo del Paese, che possano incidere sulla “crescita della massa salariale e reddituale e del conseguente gettito contributivo”.

Vanno rafforzate le politiche del lavoro centrate su quei “bacini occupazionali ancora ampiamente sottoutilizzati”, ovvero donne, giovani e Meridione“. In una situazione simile, i migranti “possono rappresentare una risorsa importante”.

Il Civ invoca un impegno per salvaguardare la centralità dell’Inps, pur integrando tale pilastro “con quello complementare, che va esteso soprattutto alle persone che possono averne più bisogno”.

La spesa pensionistica in Italia

Nel 2023 la spesa pensionistica è stata pari a 304 miliardi. Si tratta del +7,4% rispetto all’anno precedente.

Fonte foto: IPA

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