Covid, perché sappiamo così poco della variante Omicron e cosa è emerso finora: parla Palù (Aifa e Cts)
Giorgio Palù, presidente dell'Aifa e membro del Cts, ha spiegato perché non sappiamo ancora molto della variante Omicron e ogni ipotesi rimane valida
“Non è scontato che in poche settimane la variante Omicron diventi prevalente in Italia. Non abbiamo dati sufficienti per affermarlo. In ogni caso è bene essere guardinghi e rafforzare le misure di protezione e prevenzione collettive ed individuali, facendo ricorso alla mascherina e al tampone. Le restrizioni in arrivo sono necessarie”. Esordisce così Giorgio Palù, virologo del Comitato tecnico scientifico e presidente dell’Aifa, sulle pagine del Corriere della Sera.
Spiegando perché sappiamo così poco del nuovo ceppo virale. “Noi attualmente ci basiamo sui dati del Sudafrica, dove ha preso il predominio, sugli ancora preliminari dati epidemiologici europei e sui pochi studi eseguiti. Ma le condizioni del Sudafrica sono diverse. Oltretutto disponiamo di elementi troppo scarsi per trarre conclusioni, e chi traccia scenari allarmistici appare quantomeno precipitoso”.
Al 14 dicembre, in Europa, i dati aggiornati parlavano di un numero di casi confermati di variante Omicron compreso tra i 2 mila e i 3 mila su alcune centinaia di migliaia che avevano contratto il virus. Sabato 18 dicembre solo nel Rengo Unito erano 10 mila su 90 mila positivi a Sars-Cov-2. “L’Italia ha individuato sinora poco più di 80 sequenze di variante Omicron, in quanto svolge un’attività di sequenziamento molto bassa. Siamo penultimi in Europa con la Spagna”.
Covid, variante Omicron richiede più anticorpi per essere fermata: lo studio
Questa nuova versione del virus “presenta circa 35 mutazioni sulla proteina Spike, che gli è necessaria per agganciare le cellule umane e che costituisce la base del vaccino. Molte di queste mutazioni sono state identificate in precedenti varianti come responsabili della capacità del virus di eludere la sorveglianza del sistema immunitario e di infettare efficacemente la cellula ospite”.
“Non sappiamo però ancora esattamente se quella che viene descritta come maggiore capacità diffusiva della variante Omicron sia dovuta ad un processo infettivo più efficiente o a una maggiore abilità di evadere l’immunità” data dal vaccino anti Covid o dalla precedente infezione.
“Alcuni studi non ancora pubblicati ci informano che per fermare il nuovo virus ci vuole una quantità di anticorpi tra le 10 e le 40 volte superiore a quelli che bastano a neutralizzare il ceppo originale” di Wuhan, ma ancora non sappiamo se ci troviamo davanti a un patogeno più virulento rispetto alla variante Delta.
Covid, variante Omicron banale raffreddore? Perché è ancora presto per dirlo
“L’esperienza del Sudafrica che sembrerebbe indicarlo non fa testo. La popolazione sudafricana è più giovane di quella europea, il tasso di copertura vaccinale è intorno al 25% e attualmente il Paese si trova nell’estate australe”. Condizioni dunque ben diverse da quelle in cui si trovano l’Italia e gli altri Paesi europei.
Inoltre è ancora “troppo presto per dire con certezza” se la variante Omicron si presenti come un banale raffreddore e con sintomi meno gravi perché, come già detto, la popolazione sudafrica ha caratteristiche nettamente diverse rispetto alle nostre, e non è possibile rapportare i dati.
Covid, variante Omicron: due dosi di vaccino non bastano, serve la terza
Sembrerebbe che due dosi non bastino perché la variante Omicron “riesce a sfuggire agli anticorpi sia sviluppati dal vaccino sia dall’infezione. Con due dosi ci si può reinfettare”.
Più positive le aspettative sull’efficacia della terza dose che “non solo funziona” ma “è il completamento del ciclo come avviene per quasi tutti i vaccini. È uno schema che rientra nella storia della vaccinologia, non bisogna pensare che la necessità di fare i richiami sia la prova del fallimento di questi anti Covid”.
“È bene” fare la terza dose “per una semplice esigenza di tutela della salute e come approccio prudenziale”, ha rimarcato Giorgio Palù parlando dell’efficacia del farmaco nel contrastare il Sars-Cov-2 e le sue varianti.