Coronavirus, "No date per la riapertura": parla Crisanti
Secondo il virologo è necessario prepararsi in modo capilare per evitare la ripresa dei contagi
“Non bisognerebbe dare date sulla riapertura del Paese e sul momento in cui sarà possibile uscire di casa, perché la ripartenza dovrebbe avviarsi solo nel momento in cui avremo una condizione di rischio accettabile, altrimenti la ripresa dell’epidemia è pressochè certa”. Ne è convinto Andrea Crisanti, virologo dell’Università di Padova. “Se seguissimo il modello cinese – ha detto all’Ansa – per la riapertura sarebbero necessari ancora dei mesi“.
“Siamo usciti dalla fase esponenziale dell’epidemia ed il numero dei casi per giorno è diminuito, tuttavia la curva di discesa è molto lenta e siamo ancora in presenza di trasmissione del virus”, rileva l’esperto.
Quindi bisogna innanzitutto capire “da dove derivi tale trasmissione residua ed io penso che la causa principale sia la trasmissione intra-familiare, fronte su cui bisogna agire”. Per questo secondo Crisanti serviranno i test sierologici su larga scala su campioni della popolazione: “Saranno importanti per effettuare un’analisi epidemiologica ma anche per verificare le categorie a rischio sulle quali eseguire anche i tamponi”.
Riguardo alla Fase 2, avverte il virologo, “bisogna essere molto cauti. Tutto dipenderà da come ci prepariamo poichè il vero punto non è quando bensì come riaprire“.
Per la sicurezza totale, chiarisce, “dovremmo arrivare ad un indice di trasmissione R con zero, ovvero zero contagi, e mantenerci su questo indice per diverse settimane. Solo dopo di ciò si potrebbe riaprire in sicurezza. È il modello cinese, ma se dovessimo seguirlo sarebbero necessarie ancora settimane di lockdown”.
L’alternativa a questo scenario “è avviare la riapertura dotandoci di modelli organizzativi forti e preparandoci in modo capillare, partendo da tre misure cruciali: dotare l’intera popolazione di mascherine, aumentare le diagnosi ed i test in modo cospicuo e attuare tracciamenti dei casi e dei contatti su scala nazionale”. Senza tutto questo, conclude Crisanti, “la ripresa dei casi e dell’epidemia è pressochè certa”.