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Bonaccini e Schlein avversari per la guida del PD, compatti contro le correnti: chi li sostiene e perché

Con il risultato alle elezioni e le dimissioni di Enrico Letta si è aperta una nuova crisi del PD, che dovrà essere rilanciato dal prossimo leader

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Dopo il risultato delle ultime elezioni, il Partito Democratico sta attraversando l’ennesima crisi della propria storia. Dopo le dimissioni di Enrico Letta, l’ottavo segretario in soli dieci anni, con il congresso del prossimo anno si aprirà una nuova stagione politica. Che potrebbe vedere la leadership di uno tra due personaggi che si sono guadagnati nel tempo, e con storie diametralmente opposte, un ruolo di spicco all’interno della coalizione di centrosinistra. La partita, che per ora conta solo questi partecipanti ufficiali, sarà giocata tra Elly Schlein e Stefano Bonaccini. Quando arriveranno altri nomi, difficilmente riusciranno a rubare loro la scena e le attenzioni degli elettori dem.

Chi sono Elly Schlein e Stefano Bonaccini: i due candidati a confronto

Elly Schlein, all’anagrafe Elena Ethel Schlein, è l’outsider della competizione. Ha iniziato la sua esperienza politica con Occupy PD, un movimento di protesta contro gli oltre cento franchi tiratori che affossarono l’elezione di Romano Prodi come presidente della Repubblica. All’epoca 28enne, la giovane politica aveva già fatto importanti esperienze all’estero, con la campagna elettorale di Barack Obama, per poi tornare in Italia e occuparsi di attivismo sui temi delle migrazioni e delle realtà carcerarie. In poco tempo divenne il volto più riconoscibile di Occupy PD, lanciando 102 proposte per cambiare il partito ed evitare il governo di larghe intese guidato da Enrico Letta.

Uscita dal partito, ha poi trovato la propria casa politica nella creature di Beppe Civati, Possibile, per poi approdare a Green Italia dal 2020. Negli anni è stata anche eurodeputata, senza però lasciare mai l’attivismo. Sempre dal 2020 e fino all’inizio del suo mandato è stata vicepresidente della Regione Emilia Romagna, diventando così il braccio destro del suo attuale rivale alle primarie, Stefano Bonaccini.

Il governatore, che guida la regione dal 2014 ed è stato anche presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ha iniziato la sua carriera politica nel Partito Comunista Italiano. Spostandosi però sempre più al centro, abbracciando posizioni sempre più liberali e, dopo aver militato nel PD sotto l’ala di Pierluigi Bersani, è diventato infine uno dei volti della corrente riformista del Partito Democratico – quella di Matteo Renzi e Carlo Calenda, che oggi occupano gli scranni del Parlamento al centro, presentandosi come i moderati del Terzo Polo, in alternativa agli attuali partiti di centrosinistra e centrodestra.

Bonaccini e Schlein avversari per la guida del PD, compatti contro le correnti: chi li sostiene e perchéFonte foto: ANSA
Elly Schlein e Stefano Bonaccini in occasione dell’elezione di Matteo Lepore come sindaco di Bologna.

Perché Stefano Bonaccini ed Elly Schlein vogliono eliminare le correnti

Entrambi i candidati vorrebbero superare le correnti del PD, creando un partito più coeso e strutturato per evitare crisi a cadenza biennale. I suoi segretari sono durati infatti mediamente solo due anni. La volontà dei suoi esponenti è stata sempre quella di dare l’idea di un movimento collettivo, con il rischio di aver voci contrastanti al proprio interno, e non di un partito personale – l’esperienza del più longevo dei leader, ovvero Matteo Renzi, che ha provato a renderlo tale si è poi ritorta contro di lui.

La base sembrerebbe stufa delle troppe divisioni interne e di cambi di rotta a cadenza periodica, e per questo il Partito Democratico potrebbe presto cambiare forma. Anche perché, inevitabilmente, sia con la vittoria di Elly Schlein che con quella di Stefano Bonaccini, molti esponenti di spicco potrebbero cambiare casacca o comunque abbandonare la casa del centrosinistra. La giovane outsider con il profilo internazionale e l’uomo delle istituzioni profondo conoscitore dei meccanismi di governo, immancabilmente, scontenteranno una parte dell’elettorato. Ma proprio la riscoperta di un’identità, abbracciando ideali più esplicitamente di sinistra o altri a vocazione liberale, potrebbe salvare il PD, ormai sbiadito e confuso.

Chi supporta i due principali candidati alle primarie del PD e perché

Le correnti però sono ancora vive e vegete e influenzano il percorso dei dem. A sostenere Elly Schlein, in maniera più o meno evidente, ci sono i fedelissimi di Dario Franceschini e quelli di Nicola Zingaretti. Dunque il vicesegretario Giuseppe Provenzano e Andrea Orlando, che potrebbe essere lui stesso uno dei papabili alla dirigenza del partito e che ha sottolineato come il nuovo PD dovrà essere fieramente socialista e ambientalista o smetterà di esistere.

La deputata è anche appoggiata da Enrico Letta, che l’ha voluta fortemente come nome di punta delle elezioni anticipate del 25 settembre, e che ha trovato un cavillo per permetterle di essere eletta nonostante, ancora, Elly Schlein non risulti iscritta al PD. Prima del congresso, infatti, prende vita ora la fase costituente, che precede il confronto tra i candidati, dando tutto il tempo per il tesseramento a chi ancora non è ufficialmente nel partito.

Con Stefano Bonaccini c’è invece Base riformista, la corrente che ora è guidata da Lorenzo Guerini, appena eletto all’unanimità presidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica. Dalla parte del governatore c’è poi la fitta rete di amministratori e primi cittadini, come i sindaci di Firenze, Bergamo e Bari, rispettivamente Dario Nardella, Giorgio Gori e Antonio Decaro. È ipotizzabile che a loro si aggiungano anche Vincenzo De Luca e Michele Emiliano, governatori di Campania e Puglia. Sosterrebbero così un candidato con idee più caute e un forte legame con i territori, sicuramente meno scomodo di una outsider attivista.

Perché Elly Schlein piace alla stampa ed è chiamata “l’anti Meloni”

Il partito nazionale comunque si starebbe schierando in prevalenza dalla parte di Elly Schelin, se non altro perché alle primarie del 19 febbraio si presenterà quella che la stampa nazionale ha già insignito del titolo di “anti Meloni“. Giovane donna, bisessuale, di sinistra, con una narrazione che la vorrebbe persona del popolo. Si rivolge ai suoi potenziali elettori chiamandoli “compagne e compagni” (salvo poi prendere le distanze dal comunismo nel salotto di Lilli Gruber) e non ha paura di intonare “Bella ciao” dopo aver annunciato la sua candidatura direttamente dal Monk di Roma, a Portonaccio, ben distante dalla sede del partito, in via Nazareno, a pochi passi da Via del Corso e dalle Ztl del centro.

Come detto da lei stessa e da molti osservatori nazionali e internazionali a più riprese, c’è differenza tra una comoda leadership femminile e una rivoluzionaria leadership femminista. A cui il PD potrebbe non essere pronto o di cui potrebbe stancarsi nel giro di un biennio. La prova del nove saranno le primarie, aperte a tutti, come di consueto, che decreteranno, comunque vada, una nuova rotta per il Partito Democratico. Che potrebbe uscire rafforzato da un segretario o da una segretaria che dovranno avere il coraggio di esprimere una visione politica forte e identitaria.

schlein Fonte foto: ANSA
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