Venezia, perché il Mose non è stato azionato? Parla l'ingegnere
L'ingegnere che ha progettato il Mose di Venezia spiega la scelta di non attivare l'opera, non ancora ultimata
Sollevare d’urgenza le paratoie agli imbocchi della Laguna per proteggere Venezia dall’eccezionale marea dei giorni scorsi “sarebbe stato un atto di pura incoscienza. Dovete togliervelo dalla testa, il Mose non può ancora proteggere Venezia perché non è finito. Sarebbe stato come guidare una Ferrari senza i freni”. Lo ha detto, in un’intervista a ‘Repubblica’, Alberto Scotti, l’ingegnere che ha progettato l’opera.
“La decisione è stata molto sofferta. Io e i due commissari del Consorzio ci sentiamo addosso questa responsabilità. Ma in quelle condizioni sarebbe stata una follia, si rischiava l’allagamento delle gallerie dove ci sono i tecnici a lavorare. Senza collaudo, e con un solo compressore, il mare sarebbe passato sopra le paratoie”.
“Tecnicamente era possibile sollevare le barriere, ma poi non saremmo stati in grado di seguire la marea, perché gli impianti non sono pronti”, ha detto Scotti, amministratore delegato della Technital.
“Per alzarle nel tempo utile di una mezz’ora, come avverrà quando il Mose sarà a regime, servono tre compressori. Ad oggi ne abbiamo solo uno. Ci avremmo impiegato cinque ore, non aveva senso”, ha aggiunto l’ingegnere.
Sulla possibilità di azionarlo in anticipo, Scotti ha spiegato che “il Mose si può azionare solo quando l’acqua raggiunge un certo livello, intorno agli 80-90 cm. Non si può e non si deve farlo prima”.
“E comunque – ha concluso l’ingegnere – se anche avessimo chiuso le bocche del Lido e di Chioggia, lasciando aperta quella di Malamocco dove il test di prova ha mostrato vibrazioni anomale nelle condotte, sarebbe cambiato poco: forse dieci centimetri di acqua in meno rispetto ai 187 che si sono avuti”.