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Vaccino e trombosi, intervista all'esperto: casi, sintomi, cure

Le risposte del prof. Antonio Chistolini per mettere a fuoco alcuni punti sui preparati di AstraZeneca e Johnson & Johnson

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Sono stati 15 i casi di trombosi esaminati dalle autorità sanitarie statunitensi riscontrati nei pazienti che hanno ricevuto il vaccino Johnson & Johnson. In tutte le occorrenze si è trattato di donne, di cui 13 comprese tra i 18 e i 49 anni d’età. Il dato è stato fornito durante un panel tenuto dalla Food and Drug Administration (FDA), nell’ambito del quale le autorità sanitarie degli Usa hanno disposto la ripresa della somministrazione del preparato J & J, sospeso per 11 giorni, dopo 8 milioni di inoculazioni.

Sul fronte europeo maggiori preoccupazioni le ha generate AstraZeneca. La raccolta di dati riguardanti gli effetti collaterali del preparato anglo-svedese è naturalmente in corso nei paesi (tra cui quelli dell’Ue) che hanno molto puntato sul vaccino di Oxford per uscire dalla pandemia e che tuttavia stanno valutando una marcia indietro per il prossimo futuro, che passa anche per azioni legali.

L’ultimo report dell’Oms (datato 21 aprile) stima un’incidenza di 1 caso di trombosi ogni 250mila vaccinazioni, sulla base dei dati raccolti nel Regno Unito. Una rapporto che sale a 1 su 100mila stando invece ai database dei paesi Ue. La discrepanza su base geografica (fuori dell’Europa i casi di trombosi accertati sono ancora meno) è stata motivata dall’Oms con la necessità di ulteriori accertamenti.

Virgilio Notizie ha avvertito la necessità di integrare i numeri, dotati di una propria forza “oggettiva” e in costante aggiornamento, con il parere di un esperto, nel tentativo di fare chiarezza in un dibattito purtroppo viziato da comprensibili timori e tutt’altro che comprensibili episodi di disinformazione.

Quella che segue è quindi un’intervista al prof. Antonio Chistolini, ricercatore universitario presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e dirigente responsabile del servizio di Emostasi e Trombosi dell’Istituto di Ematologia presso il Policlinico Umberto I di Roma. Una breve ed essenziale conversazione con cui si è tentato di sciogliere i dubbi che agitano il dibattito sui vaccini.

Dottore, si parla tanto di trombosi associata ai vaccini. Prima di entrare nello specifico, le vorrei chiedere cosa si definisce “trombosi” in medicina.

La trombosi implica la formazione di coaguli, definiti appunto trombi, che non hanno, come fisiologicamente avviene, la funzione di arrestare il sanguinamento, rappresentando, pertanto, un evento patologico. Tale patologia può interessare il circolo venoso o arterioso e avere come conseguenza, tra le altre cose, le trombosi venose, l’embolia polmonare, l’infarto, l’ischemia o l’ictus.

Perché alcuni casi di trombosi sono stati collegati ai vaccini AstraZeneca e Johnson & Johnson?

È stato osservato un nesso temporale, tra l’insorgenza degli eventi trombotici e la somministrazione dei vaccini anglo-svedese e J & J. Si tratta di trombosi atipiche, ma non sconosciute, in quanto già osservate precedentemente in medicina.

Quali caratteristiche ha la trombosi finita sotto la lente delle autorità per la regolamentazione dei farmaci, come l’EMA europea e la FDA americana?

Nei casi esaminati si è trattato di un evento trombotico importante, localizzato nel circolo venoso soprattutto cerebrale e addominale con una forte riduzione del numero delle piastrine. Pur in presenza di un’alta mortalità, abbiamo a disposizione indicazioni terapeutiche per curare quelli che sono pur sempre eventi rari.

Molte persone si dicono preoccupate a causa di alcune condizioni di salute preesistenti. Esistono test preliminari che possono rassicurare chi intende procedere alla vaccinazione?

Essendo il meccanismo che innesca l’evento trombotico diverso da quello della trombosi comune, per la quale invece si conoscono alcuni fattori di rischio predisponenti, non è possibile, al momento, consigliare un vaccino rispetto a un altro sulla base di una determinata patologia preesistente o di specifici test di laboratorio. Detto questo, si sa che nella maggior parte dei casi gli eventi trombotici si sono verificati in soggetti con età inferiore ai 60 anni. Da qui la raccomandazione, che non è un obbligo, a somministrare il vaccino a soggetti in età più avanzata.

Ci sono trattamenti farmacologici preventivi che possono ridurre il rischio di trombosi post vaccino?

È necessario, prima di dire che una determinata profilassi funzioni, fare studi e verificare i trattamenti, in modo da dare indicazioni terapeutiche che si fondino su evidenze scientifiche. Assumere farmaci sulla base dell’intuito o del sentito dire non ha senso. Non ha quindi nessuna evidenza scientifica eseguire una profilassi con l’eparina o l’aspirina nei giorni precedenti all’inoculazione.

Esistono sintomi ai quali è necessario prestare attenzione?

Nel lasso di tempo dai 5 ai 20 giorni successivi alla vaccinazione, l’insorgenza di alcuni sintomi, come cefalea importante, stordimento, la comparsa di manifestazioni emorragiche, suggeriscono un’attenta valutazione clinica e di laboratorio.

Come si cura la trombosi associata ai vaccini?

Le cure sono state proposte da diverse Società Scientifiche nazionali ed internazionali, come la Società Italiana per lo Studio dell’Emostasi e Trombosi. Si basano fondamentalmente sull’uso delle Immunoglobuline somministrate per via endovenosa in modo da bloccare gli anticorpi antipiastrine che innescano l’evento, del cortisone, importante immunosoppressore, della plasmaferesi, una procedura che ha lo scopo di rimuovere dal sangue cellulo o proteine. Appena le piastrine risalgono a livelli accettabili, con conseguente contenimento del rischio emorragico, possono essere utilizzati gli anticoagulanti.

È possibile che alcuni casi di trombosi siano passati inosservati con una conseguente sottovalutazione dell’incidenza?

No, perché si tratta di episodi molto evidenti ed eclatanti.

Consiglia di fare il vaccino?

Non posso dire che non esistano effetti collaterali, ma i casi di trombosi associati ai vaccini sono rarissimi. Se volessimo eliminare il vaccino dovremmo accettare il problema della pandemia, con tutte le ricadute a livello sanitario, economico e sociale del caso.

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