Perché Martina Patti ha ucciso la figlia Elena? Il giallo del movente e perché si parla di complesso di Medea
I punti oscuri dell'uccisione della piccola Elena Del Pozzo: nebulosa attorno al movente
L”omicidio della piccola Elena Del Pozzo perpetrato dalla madre, Martina Patti (24 anni), ha scosso l’Italia. Una vicenda che tutt’ora ha contorni indefiniti e punti oscuri. Se è ormai chiaro che è stata la giovane donna ad aver tolto la vita alla bimba, resta il giallo sul movente. Perché Martina ha ucciso sua figlia? Per ora nemmeno lei sa spiegare il motivo della sua stessa efferatezza.
- L'incapacità di Martina di spiegare l'omicidio della figlia
- La cognata di Martina Patti: "Lo dicevo sempre che era pazza"
- Movente, le piste seguite dagli inquirenti
- L'avvocato di Martina Patti: "Interrogatorio drammatico"
- Perché si parla di complesso di Medea
L’incapacità di Martina di spiegare l’omicidio della figlia
“Non ricordo cosa sia passato per la mia mente quando ho colpito mia figlia, anzi posso dire che non mi è passato nessun pensiero, era come se in quel momento fossi stata una persona diversa“. Questo è ciò che ha detto Martina agli inquirenti dopo aver colpito con almeno tre coltellate fatali Elena. Poi ha seppellito il suo corpicino in un campo dietro casa. Infine, l’invenzione del finto rapimento smascherato in poche ore dagli inquirenti.
“Ricordo soltanto il coltello, ma non ricordo altro, non ero in me, non ero io”; è un altro passaggio della confessione della donna ai carabinieri. Per provare a far luce sulla vicenda bisogna scavare nel passato della Patti. Laureata in scienze motorie e pronta a conseguire il diploma in scienze infermieristiche, aveva lasciato il marito dopo aver conosciuto un altro ragazzo.
Scientifica al lavoro sull’auto di Martina Patti
Il quotidiano La Stampa spiega però che il rapporto tra i due ex coniugi era rimasto. Alessandro Nicodemo Del Pozzo, 25 anni, odontotecnico con piccoli precedenti per droga e accusato (e archiviato) di un furto, era andato a dimorare dai suoceri; poi aveva fatto le valige ed era andato a vivere in Germania. In terra tedesca ha conosciuto un’altra donna con la quale ha avviato una storia sentimentale. Secondo gli inquirenti potrebbe essere questo il movente dell’omicidio di Elena.
La cognata di Martina Patti: “Lo dicevo sempre che era pazza”
Per la procura, Martina non era in grado di accettare che la figlia si affezionasse anche alla nuova compagna del padre. A ciò si aggiunge che i rapporti tra la Patti e la famiglia dell’ex non erano rosei.
La cognata di Martina così ha descritto la madre di Elena: “Io lo dicevo sempre che per me era pazza, che era strana, distaccata. Le ho dato tutto l’amore che potevo, l’ho aiutata a dare le materie del suo corso di laurea in Scienze infermieristiche, le avevo pure offerto la mia tesi di laurea come modello per scrivere la sua, ma lei mi odiava, odiava me e mia madre, odiava tutte le cose che facevo, era invidiosa”.
Repubblica ha reso noto che secondo una sua amica, qualche giorno fa Martina Patti ha inviato degli sms rabbiosi al suo ex marito. “Era arrabbiata, anzi di più. Perché aveva portato Elena dalla nuova compagna. E lei non lo riusciva a sopportare”, ha confidato tale amica.
Movente, le piste seguite dagli inquirenti
Secondo gli inquirenti, ad innescare la furia omicida di Martina potrebbe essere stata la sera trascorsa da Elena con i nonni paterni. In particolare il fatto che sua figlia era felice di passare del tempo con la compagna del padre. La sera prima di essere assassinata Elena ha dormito dai nonni.
La mattina dopo la zia l’ha portata all’asilo e la madre è andata a prenderla alle 13.30 per poi rincasare a Mascalucia. Martina a quel punto è uscita nuovamente con l’auto, per creare un diversivo. Poi è rientrata a casa. Ed è in questo momento che si crede abbia ucciso la figlia.
Il Corriere della Sera ha pubblicato alcuni passaggi della confessione della donna: “Quando ho preso mia figlia all’asilo siamo andate a casa mia. Elena ha voluto mangiare un budino poi ha guardato i cartoni animati dal mio cellulare. Io intanto stiravo… in serata saremmo dovute andare da un mio amico per il suo compleanno ed Elena era contenta… poi siamo uscite per andare a casa di mia madre, ma poi ho rimosso tutto”.
“Non ricordo se ho portato con me qualche oggetto da casa – ha riferito sempre la Patti -. All’incirca erano le 14.30, siamo andate nel campo che ho indicato ai carabinieri. Era la prima volta che portavo la bambina in quel campo… ho l’immagine del coltello, ma non ricordo dove l’ho preso. Non ricordo di aver fatto del male alla bambina, ricordo solo di aver pianto tanto”.
Sul movente, però, Martina è una tomba al momento. “È rimasta sul vago – hanno dichiarato i carabinieri – come se non si fosse resa conto di quello che ha fatto. È come se avesse detto: ‘l’ho fatto ma non so perché’”.
L’avvocato di Martina Patti: “Interrogatorio drammatico”
L’avvocato della donna, Gabriele Celesti, parla di “un interrogatorio drammatico” e di una “donna distrutta e molto provata che ha fatto qualcosa che neppure lei pensava di poter fare”, agendo come se “qualcuno si fosse impadronito” di lei. Dimostrandosi “tutt’altro che fredda e calcolatrice. Farò incontrare la mia assistita con uno psichiatra di fama per verificare le sue condizioni e dopo decideremo sulla perizia. Devo dare atto di grande correttezza ai carabinieri e alla Procura”.
Perché si parla di complesso di Medea
Al Corriere della Sera, Claudio Mencacci, direttore emerito del Dipartimento di Neuroscienze all’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano, ha parlato di “complesso di Medea”. Trattasi di un impulso omicida che ha come fine il provocare dolore all’ex: “Parlerei piuttosto di intenzionalità non premeditata. Ora si dovrà capire se la donna abbia un disturbo di personalità borderline. Ma possiamo presumere — anche stando alle parole dei familiari — che ci fosse una sorta di abitudine al maltrattamento nei confronti della figlia, unita a forte tensione emotiva”.