Perché la Macedonia del Nord ha cambiato nome: relazioni con la Russia e conseguenze della guerra in Ucraina
La disputa con la Grecia sull'eredità di Alessandro Magno, Putin soffia sul fuoco delle dispute con la Bulgaria, lo stato dell'ingresso del Paese nell'Ue
La guerra in Ucraina ha cambiato le carte in tavola per molti stati europei, restituendo il quadro di uno scenario geopolitico molto complesso. La Macedonia del Nord, soprattutto, ha uno status particolare, perché fa parte della NATO ma non fa parte dell’Unione Europea, nonostante abbia alacremente lavorato all’ingresso in entrambe le organizzazioni sovranazionali.
La Russia lavora naturalmente in senso opposto e soffia sul fuoco di una serie di dispute che hanno rallentato i processi di annessione. Superate quelle con la Grecia per l’entrata nell’Alleanza Atlantica, resta aperto il dossier Ue. Ecco come la guerra contro Kiev potrebbe cambiare le carte in tavola e accelerare i processi. Prima però un po’ di storia recente.
Macedonia del Nord nome: dalla disputa con la Grecia sull’eredità di Alessandro Magno all’accordo di Prespa
Perché Macedonia del Nord e non semplicemente “Macedonia”? Le ragioni sono complesse e si legano all’eredità di Alessandro Magno, il genio militare e diplomatico che in soli 12 anni conquistò l’impero persiano, spingendosi fino ai territori degli attuali Afghanistan, Pakistan e India settentrionale.
Ad Alessandro Il Conquistatore, o, appunto, Il Macedone, sono state dedicate numerose statue in Macedonia del Nord e anche l’aeroporto di Skopje, la capitale, era precedentemente chiamato Aeroporto Alessandro Il Grande di Skopje. La figura del condottiero è però rivendicata anche dalla Grecia, al cui interno esiste una regione chiamata “Macedonia”, nel Nord del Paese e quindi a sud dello stato dell’ex Jugoslavia.
Alcuni greci anzi vivevano la scelta del nome “Macedonia” da parte dello Stato emerso dalla disgregazione, nel 1991, dell’ex Jugoslavia, come una forma di appropriazione culturale, che eventualmente potrebbe alimentare pretese di tipo territoriale. Per questa ragione, proprio i greci si sono opposti all’ingresso della Macedonia del Nord non soltanto nell’Unione Europea, ma anche nella NATO.
Il primo dossier è tutt’ora in stallo, mentre sul fuoco della disputa legata al nome hanno soffiato leader nazionalisti di entrambi i Paesi: l’ultranazionalista Nikola Gruevski, per quanto riguarda lo scenario politico macedone, e Panos Kammenos, leader di un partito greco di destra (ANEL) ed ex ministro della Difesa nel governo di Alexis Tsipras.
La svolta del 2019, il parlamento greco vota il via libera all’accordo tra i capi di governo Tsipras e Zaev
Lo stallo si è sbloccato con Tsipras e Zoran Zaev, primo ministro macedone socialdemocratico, e l’Accordo di Prespa, del 12 giugno 2018. Nel gennaio del 2019, il parlamento greco ha approvato l’accordo raggiunto tra i due capi di governo per ribattezzare quella che prima era semplicemente la “Macedonia” con il nome di “Repubblica della Macedonia settentrionale”, realizzando, in questo modo, un risultato che non era stato possibile conseguire tramite un referendum in Macedonia del Nord (30 settembre 2018), tramite il quale i cittadini erano chiamati ad esprimersi sull’ingresso del Paese nell’Unione Europea e nella NATO e che non aveva raggiunto il quorum.
Quando la Macedonia è entrata a far parte dell’Alleanza Atlantica. È l’ultimo membro della NATO
Il voto favorevole del parlamento greco ha significato la fine dell’opposizione della Grecia per l’ingresso della Macedonia del Nord in entrambi gli organismi sovranazionali. Il 27 marzo 2020, la “Repubblica della Macedonia settentrionale” è entrata a far parte dell’Alleanza Atlantica come trentesimo membro, l’ultimo in ordine di tempo. Questa cosa naturalmente non è piaciuta alla Russia.
Un abbraccio tra i primi gli ex primi ministri greco e macedone, Alexis Tsipras e Zoran Zaev.
I rapporti tra Russia e Macedonia: Putin soffia sul fuoco delle dispute con la Bulgaria. Obiettivo fermare l’Ue
La Russia ha riconosciuto la Macedonia del Nord un anno dopo la proclamazione, nel 1992, e tra i due Paesi esistono solide relazioni economiche in campo farmaceutico, ingegneristico ed energetico. Già il primo aprile 2020, a pochi giorni dall’entrata della Macedonia del Nord nella NATO, Mosca rilasciò un comunicato con cui sminuivano le parole dell’ex ministro degli Esteri macedone Nikola Dimitrov, secondo il quale l’ingresso nel club dei 30 avrebbe rappresentato un “testamento dei genitori e dei nonni”.
Mosca anzi fece notare la vicinanza tra il giorno dell’annessione e l’anniversario dei fatti del 24 marzo 1999, quando i bombardamenti dell’Alleanza Atlantica causarono l’arrivo in Macedonia di numerosi rifugiati dal Kosovo.
Dal Cremlino inoltre si soffia sul fuoco anche di un’altra questione, direttamente legata all’ingresso, non ancora avvenuto, della Macedonia del Nord nell’Unione Europea, e cioè le divergenze con la Bulgaria in campo storico e identitario. Sofia infatti considera Bulgaria e Macedonia un solo popolo, in parte annesso all’ex Jugoslavia con la forza e risorto successivamente alla disgregazione del 1991 come entità statale tuttavia priva di una propria lingua.
Il macedone, secondo questa interpretazione, non condivisa in sede accademica, sarebbe solo una derivazione del bulgaro. L’anno scorso, in occasione del Giorno dei Santi Cirillo e Metodio, Putin ha elogiato la Macedonia del Nord in quanto terra nella quale è stato concepito l’alfabeto cirillico.
I bulgari potrebbero a questo punto rispondere che il cirillico è nato su commissione del Primo Impero bulgaro, che si estendeva anche sul territorio dell’odierna Macedonia del Nord. La questione è dibattuta, ma a Putin le questioni storiche e filologiche non interessano quanto utilizzare ogni leva per alimentare il malcontento e impedire l’ingresso nell’Ue di un altro pezzo di Europa.
Macedonia – Russia, cosa è cambiato dopo la guerra in Ucraina: più vicino l’ingresso nell’Unione Europea?
Tuttavia sembra che la guerra in Ucraina abbia determinato un allontanamento della Bulgaria dalla Russia, determinando un nuovo contesto, all’interno del quale non avrebbe senso, e sarebbe politicamente insostenibile, continuare ad ostacolare l’ingresso della Macedonia nell’Unione Europea. “Abbiamo avviato un dialogo politico rinnovato”, ha dichiarato il ministro degli Esteri macedone Bujar Osmani all’Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa.
“Stiamo cercando – ha continuato il ministro – di riportare la fiducia, con una serie di misure, e poi affronteremo le questioni sensibili. Le questioni aperte sono cariche di emozioni, e quando le emozioni sono forti non si pensa in modo razionale”.
Il 7 marzo 2022 la Macedonia del Nord è stata aggiunta all’elenco russo degli Stati nemici per il suo sostegno all’Unione Europea e per l’essersi allineata alle sanzioni degli stati membri nei confronti della Russia. La scelta avrà ricadute economiche, tuttavia un meccanismo di compensazione dei costi dell’Ue, simile a quello messo a punto in concomitanza della crisi economica innescata dalla pandemia, non sarà con certezza esteso ai paesi balcanici, ai quali si chiede pur sempre di allinearsi alle scelte dell’Ue in quanto aspiranti membri dell’Unione.
Quanto a lungo può l’Ue tirare la corda ora che un nuovo contesto consiglierebbe di non scontentare ulteriormente i macedoni, che non hanno mai desistito, nonostante tutto?