Omicidio Varese: "C'è un inquietante dilemma". La ricostruzione del criminologo
Omicidio Varese: la tassonomia criminologica del delitto. L'analisi del Prof. Antonio Leggiero, Criminologo e Docente universitario in Criminologia
A poche ore dall’inizio del nuovo anno un efferato delitto familiare si è verificato in provincia di Varese. Un uomo ha colpito ripetutamente con violente coltellate il proprio figlioletto di 7 anni, uccidendolo in maniera brutale e raccapricciante. Dopo l’uccisione del bambino, ha rivolto la sua furia bestiale verso la moglie, che, fortunatamente, è riuscita a salvarsi. Successivamente, ha posizionato il cadavere del piccolo nell’armadio (quasi sicuramente per ritardarne la scoperta) ed è scappato. Dopo poco è stato arrestato.
Omicidio Varese: la ricostruzione criminologica del delitto
Subito dopo il cruento figlicidio si è appreso che l’omicida aveva un pesante excursus di tipo criminologico alle spalle. Si trattava, infatti, di un soggetto violento, tossicodipendente dedito all’assunzione principalmente di cocaina, pluripregiudicato, già oggetto di indagini per maltrattamenti endofamiliari con alle spalle numerosi episodi di violenza in famiglia.
Ciò che ha lasciato completamente sgomenti è che l’omicida, in occasione di uno dei suoi tanti momenti di aggressività (nel corso di un banale diverbio sul luogo di lavoro), aveva tentato di uccidere un suo collega ed era stato denunciato per tentato omicidio. Ciononostante, era stato posto agli arresti domiciliari presso il luogo di abituale dimora con i membri della famiglia!
Si rimane senza parole nel constatare come un soggetto con un tale background criminoso sia stato posto agli arresti domiciliari e non detenuto in un carcere. Ancor di più stupisce come sia stato scelto come luogo di detenzione proprio l’ambito familiare, contesto nel quale aveva avuto modo già di prodursi in episodi criminosi di maltrattamento. Effettivamente è sconcertante.
Una decisione maturata con avvilente superficialità che comunque costituisce un’applicazione (sia pure eccessiva ed incongrua) di una normativa esistente, la quale certamente sarebbe bisognevole di revisioni e modifiche, tutelando maggiormente le vittime e reprimendo con modalità più severe i crimini di ogni genere e tipologia.
Di qui, l’atroce dilemma: si sarebbe potuta evitare questa ennesima tragedia familiare? La risposta che ne segue disarma ed amareggia ancora di più della domanda stessa: soppesando tutti gli elementi, in un’ottica comparativa, quasi sicuramente poteva essere evitata.
Un’immagine della cattura dell’autore dell’omicidio di Varese
Omicidio Varese, perché successo: la tassonomia criminologica del delitto
Questo orribile figlicidio è inquadrabile nel novero dei delitti familiari: con definizione più tecnica nelle stragi familiari. Infatti, tale soggetto ha agito perseguendo l’intento abietto di sterminare l’intero nucleo familiare. Intento che non è riuscito a realizzare per un puro caso fortuito.
Questo genere di delitti, vengono distinti a livello di summa divisio in due categorie: classic mass murder (staged) e classic mass murder (spontaneus). Quale la differenza fondamentale? Nel primo caso (staged) l’azione omicidiaria/stragista è programmata e preordinata spesso da lungo tempo; nel secondo caso (spontaneus) è l’effetto improvviso di un comportamento criminoso subitaneo e repentino.
In entrambi i casi, le conseguenze sono devastanti. A titolo di completezza, va precisato che anche se (come in questi casi) la strage non viene – per qualsivoglia motivo – portata a compimento, ciò che rileva è l’intento omicidiario che è quello stragista e che quindi connota il fatto in tal modo. Se ciò è valido dal punto di vista astratto, in concreto tali delitti nascono da motivazioni diverse e sono il frutto di percorsi mentali differenti.
Ragion per cui, tecnicamente, presentano criminogenesi ed criminodinamica molteplici. Nell’infanticidio di Varese la criminogenesi è facilmente rinvenibile nella personalità alterata e violenta del soggetto agente la cui alterazione è corroborata dall’uso ed abuso di droghe.
Tale inveterata e continua assunzione (sempre in micidiale connubio) con la struttura personologica già disturbata finiscono per dar vita a dei percorsi mentali a loro volta alterati ed incongrui, sovente connotati da violenza e di genere criminale, rappresentandone la criminodinamica.
Tutto ciò senza assolutamente (a scanso di equivoci indulgenzialistici) scomodare le capacità di intendere e di volere, quasi sicuramente perfettamente conservate.
Omicidio Varese: considerazioni conclusive
In ogni caso, al di là delle doverose osservazioni di tipo tecnico-criminologico sull’orribile crimine dell’infanticidio, ciò che è doveroso rimarcare – ancora una volta – è che se ci fosse stata maggiore oculatezza e scrupolo nelle Autorità preposte alla valutazione del caso, quasi sicuramente lo spietato criminale figlicida (soprattutto alla luce dei suoi pesanti e gravosi trascorsi penali e giudiziari) non si sarebbe trovato agli arresti domiciliari.
A maggior ragione in un contesto, quale quello familiare, dove già aveva compiuto pesanti misfatti oggetto di attenzione e di indagine. In tutto questo, mentre si discuterà a lungo di ciò che è avvenuto – in modo sicuramente aleatorio ed improduttivo nonché con la sterilità di sempre – rimarrà inquietante per sempre l’ombra di un bambino crivellato da svariate coltellate nel fondo buio di un armadio.
Ed i bambini hanno il terrore del buio. Peccato che, a volte, siano gli adulti a non avere paura delle conseguenze delle azioni reali e potenziali in danno dei bambini.
Prof. Antonio Leggiero
Criminologo e Docente universitario in Criminologia