Ok Ema ad AstraZeneca, ora lo sprint per recuperare i ritardi
Mentre il parere dell'Ema potrebbe infondere nuova fiducia nel vaccino AstraZeneca, l'Italia si attrezza per recuperare i ritardi dopo la sospensione
Nella giornata delle vittime del Covid, celebrata nello stesso 18 marzo che nel 2020 vide sfilare a Bergamo gli autocarri pieni di bare, arriva l’importante parere dell’Ema sul vaccino AstraZeneca, che nei giorni precedenti è stato sospeso in molti paesi europei tra i quali Germania, Francia, Spagna e Italia, a causa di una possibile correlazione tra una forma rara di trombosi e l’inoculazione in alcuni pazienti.
Ebbene il parere dell’agenzia di regolamentazione Ue non lascia margini di interpretazione. Il preparato viene definito “sicuro” ed “efficace”, un endorsement che di fatto significa la raccomandazione dell’autorità a continuare sulla strada che i governi dell’Unione avevano intrapreso prima della sospensione precauzionale. Adesso la palla passa al governo di Mario Draghi che proprio sui vaccini aveva deciso di accelerare. Lo sprint adesso dovrà tenere conto non soltanto dei ritardi già accumulati e degli ambiziosi obiettivi autunnali, ma anche dei disagi che lo stop ha provocato alla campagna vaccinale.
Le dichiarazioni di Draghi e di Speranza prima e dopo il responso dell’Ema
Il compito di fare previsioni su quanto le decisioni dell’Ema possano impattare sulla prosecuzione della campagna vaccinale è reso più semplice dalle parole pronunciate da Mario Draghi. Subito dopo la decisione dell’Ema, il premier ha assicurato che “il governo italiano accoglie con soddisfazione il pronunciamento dell’Ema sul vaccino di AstraZeneca. La priorità del governo rimane quella di realizzare il maggior numero di vaccinazioni nel più breve tempo possibile”. Una nota del ministero della Salute ha invece informato che le vaccinazioni riprendono il 19 marzo alle ore 15.
In mattinata, a Bergamo, il presidente del Consiglio ha ricordato la generazione scomparsa nell’epicentro della prima ondata e contestualmente ha, come prevedibile, affrontato l’argomento sieri: “La sospensione del vaccino AstraZeneca, attuata lunedì con molti altri paesi europei – ha detto – è stata una decisione temporanea e precauzionale. Nella giornata di oggi – ha continuato l’ex numero uno della Bce – l’agenzia europea dei medicinali darà il suo parere definitivo sulla vicenda. Qualunque sia la sua decisione, la campagna vaccinale proseguirà con la stessa intensità, con gli stessi obiettivi”, ha concluso.
Sono parole che godono evidentemente di ampio consenso tra i ranghi dell’esecutivo, perché richiamano le affermazioni del ministro Roberto Speranza. Mercoledì il titolare della Salute si è presentato in audizione alle Commissioni Affari Sociali di Camera e Senato riunite. “Quanto avvenuto nelle ultime ore – ha detto Speranza riferendosi allo stop delle somministrazioni del preparato di Oxford – non incrina la nostra fiducia, la campagna di vaccinazione va quindi avanti e dovrà accelerare anche con l’aumento delle dosi che avremo a disposizione”.
Il motivo per cui sia Draghi sia Speranza hanno potuto anticipare l’esito della riunione all’Ema con manifestazioni di fiducia molto decise, sta nel mantra più volte ripetuto in questi giorni, secondo cui i benefici del vaccino sarebbero assai maggiori degli eventuali effetti collaterali. Basta un facile confronto tra ordini di misura enormemente diversi per rendersi conto della fondatezza di questa assai reiterata argomentazione: in Europa si sono verificati 30 casi di trombosi dopo il vaccino, fino al 13 marzo, su 5 milioni e passa di iniezioni, nessuno dei quali è stato direttamente collegato al preparato AstraZeneca.
Anche ammesso che un rapporto di causa-effetto sussista in ciascuno di questi episodi (cosa tutt’altro che scontata, come suggeriscono i primi responsi delle autopsie sui deceduti), sarebbero comunque un tragico bilancio di trenta contro 2,68 milioni morti provocate dal Covid. Una cifra che la vaccinazione su larga scala eviterebbe di far crescere ancora (qui i dati forniti dall’azienda, che includono anche il Regno Unito).
La sospensione di AstraZeneca: disdette e ritardi hanno già danneggiato la campagna vaccinale
Nei prossimi giorni si capirà se le paure di questi giorni hanno minato irrimediabilmente la fiducia nel vaccino di Oxford o se lo stop-and-go necessario a un esame più approfondito dei casi di trombosi sospetti sia servito a ripartire con maggiore fiducia nel brevetto inglese. Per adesso i numeri parlano di una campagna vaccinale non compromessa rispetto agli obiettivi, che si riassumono nell’intenzione di immunizzare l’80% degli italiani entro settembre triplicando l’attuale ritmo di inoculazioni, da 170mila a 500mila, dunque.
“La sospensione di AstraZeneca è un danno enorme alla campagna vaccinale”, ha detto l’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato negli scorsi giorni. A Roma e nel Lazio sono stati messi in standby 35 hub vaccinali tra i quali La Nuvola e l’aeroporto di Fiumicino e 2mila medici di medicina generale. Il bilancio complessivo è di 200mila dosi non somministrate in quattro giorni di fermo, recuperabili, assicurano al governo, in due settimane. Gli unici dati sulle cancellazioni causate dalla paura degli effetti collaterali precedono naturalmente l’alt osservato a livello continentale e risalgono al primo giro di sospensioni nazionali (che insomma non ha coinvolto Italia, Germania, Francia e Spagna) e ai lotti sequestrati dalla procura.
Il 13 e il 14 marzo (giorni immediatamente precedenti alla sospensione di lunedì) sono state somministrate 61.261 e 35.130 dosi contro le 61.143 e 34.361 della settimana precedente, scrive Today. A livello locale sono tuttavia stati segnalati episodi che potrebbero rappresentare un campanello di allarme. Il 14 marzo la Asl Toscana sud est ha fatto sapere che, nell’immediato, erano state registrate circa il 10 per cento di disdette per le prenotazioni con AstraZeneca, ma in seguito “l’attività è ripresa come da programma” e non ci sono state ulteriori disdette. In Umbria i cittadini che hanno rifiutato il vaccino non sono stati pochi. Dal 12 al 14 marzo, a fronte di 6.700 prenotazioni presso i centri vaccinali si sono presentate solo 3.530 persone, mentre in Liguria, secondo i dati comunicati dalla Regione, alla data del 13 marzo le disdette sulle vaccinazioni in calendario con AstraZeneca erano state il 2,57% del totale.
Cosa succede adesso: come recuperare il terreno perduto dopo le rassicurazioni dell’Ema
Nei giorni precedenti al pronunciamento dell’agenzia del farmaco Ue, i retroscena sui giornali sottolineavano come Mario Draghi non avesse un piano per affrontare una sospensione definitiva di AstraZeneca. Non si tratta di impreparazione, ma della convinzione che non esistono alternative. Piuttosto gli sforzi del governo si sono concentrati sul come accelerare i tempi e rimettersi in pari con i tempi previsti dal piano strategico generale, che tra l’altro tiene conto di 40 milioni di dosi del preparato inglese che raggiungeranno l’Italia entro il 2021 e alle quali risulterebbe difficile rinunciare.
Sul tavolo c’è l’opzione straordinari per il personale addetto alle vaccinazioni. Per l’Ansa, che ne dà notizia, la riprogrammazione delle prenotazioni prevede l’allungamento, almeno temporaneo, degli orari quotidiani dei turni e l’estensione delle inoculazioni a sabato e domenica. Per il Corriere della Sera è in campo anche l’ipotesi overbooking. Un po’ come succede per i voli aerei, si rende disponibile un numero di prenotazioni maggiore rispetto alla capacità effettiva dei centri vaccinali, confidando che le prevedibili disdette dell’ultim’ora arrivino a pareggiare i conti.
Ma tra gli strumenti di convincimento “soft” da adoperare nei confronti degli indecisi c’è anche un meccanismo vigente dall’inizio della campagna di profilassi ma che adesso potrebbe assumere tutt’altro peso. Si tratta dell’obbligo, per chi “passa” la prima chiamata, di dover “rimettersi in fila”. Lo si vede già con gli insegnanti e i membri delle forze dell’ordine che non si presentano, o che non si prenotano in tempo all’appuntamento con il vaccino: il secondo slot utile arriva dopo le categorie a rischio, insomma quando la disponibilità dei sieri non sarà più un problema e non sarà necessario procedere per scaglioni.
Alcuni giornali, stimano una finestra di tre mesi tra prima e seconda chiama, ma le variabili capaci di allungare (o accorciare) i tempi sono diverse. E non dipendono soltanto dalla fiducia e dalla capacità di organizzazione italiane, ma anche dai tempi di consegna delle aziende fornitrici, o dall’efficacia di altri vaccini attualmente allo studio dell’Ema.
Lo Stato cerca comunque di fare la sua parte e proprio mercoledì Speranza ha annunciato l’entrata in campo di due potenziali game-changer. Si tratta di medici e farmacie. I primi, supportati da specifiche equipe, potranno infatti somministrare il vaccino anti-Covid negli esercizi addetti alla vendita dei medicinali. La chiamata è stata ricevuta anche dagli odontoiatri. Da parte loro, le regioni si stanno attrezzando con protocolli d’intesa con le associazioni di categoria degli industriali, per coinvolgere nella profilassi i presidi sul luogo di lavoro (in pratica i medici) e la rete degli ambulatori dell’Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro (INAIL). L’intesa è già stata trovata in Lombardia. Nella stessa direzione si sono mosse Puglia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige.