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Morto sul Brenta l'alpinista Ermanno Salvaterra: caduta fatale dal Campanile Alto, inutili i soccorsi

Grande alpinista, la sua famiglia gestiva il Rifugio XII Apostoli sul Brenta. Una vita dedicata alla montagna fra sfide e conquiste tra le vette

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Una vita spesa interamente sulle maestose Dolomiti di Brenta, dalla tenera età fino al tragico epilogo. Si è spenta venerdì 18 agosto un’autentica icona dell’arrampicata, Ermanno Salvaterra. L’alpinista è stato vittima di una caduta accidentale mentre si trovava al primo punto di ancoraggio sulla parete del Campanile Alto. Un impatto crudele, un destino ineluttabile. Anima irriducibile della montagna, Ermanno Salvaterra ha perso così la vita nel luogo che ha chiamato casa per gran parte della sua esistenza dedicata all’alpinismo.

L’incidente

La tragedia si è abbattuta intorno alle 14, quando un’improvvisa caduta ha interrotto il cammino di Ermanno Salvaterra. I soccorsi sono stati attivati immediatamente: un elicottero si è librato sul Campanile Alto, ma ogni sforzo si è infranto contro la gravità delle ferite.

L’alpinismo ha perso una figura capace di illuminare le vette e gli animi degli amanti dell’arrampicata. L’eredità di Ermanno Salvaterra rimane impregnata nelle montagne che ha sfidato, nelle storie che ha ispirato, nei cuori che ha toccato.

Chi era Ermanno Salvaterra

La famiglia Salvaterra ha gestito il suggestivo Rifugio XII Apostoli fin dal lontano 1948, piantando le radici nel cuore della conca di Pratofiorito, una dimora in cui Ermanno ha trovato la sua fede nella verticalità delle vette.

Nato a Pinzolo nel 1955, l’infanzia di Ermanno Salvaterra è stata intrisa di spirito alpinistico. A soli 11 anni, ha iniziato a scalare le Torri d’Agola, scoprendo il suo amore per le altezze. Giovinezza fulminea, a 20 anni diventa Maestro di Sci, e solo a 24 anni raggiunge il prestigioso titolo di Guida Alpina.

Dalle Dolomiti all’America

Ma le montagne delle Dolomiti non bastavano a contenere la sua sete di sfide. L’orizzonte degli Stati Uniti lo ha catturato nel 1980, aprendogli nuove prospettive di arrampicata.

Nel 1982, ha varcato le soglie dell’amatissima Patagonia, il suo secondo focolare. Qui, tra le imponenti cime, è divenuto il Signore del Torre, coniugando la sua epica personale con la leggenda del Cerro Torre.

Nel 1985 ha perfezionato l’ascesa invernale, resistendo per 11 giorni sulla parete e sperimentando il suo talento di cineoperatore, registrando un documentario destinato alla trasmissione guidata da Ambrogio Fogar, “Jonathan”.

La Patagonia

“Il richiamo della Patagonia permane, pur vivendo nuove avventure in terre remote come l’Alaska, l’Isola di Baffin e la California”, dichiarava Ermanno sul suo profilo Inalto. Ventidue spedizioni si sono materializzate nell’abbraccio della Patagonia, testimoniando la sua passione infallibile.

La cinepresa è diventata compagna di viaggio, registrando 11 opere cinematografiche, passando dal 16mm al formato video. L’arte di Salvaterra ha attraversato frontiere, partecipando a festival e illuminando serate di appassionati e conferenze in Italia.

Una carriera eclettica, ulteriormente ravvivata dalla gestione del Rifugio XII Apostoli, opera condivisa con sua moglie Gabriella, sua sorella Luisa e il marito Stefano.

Tragedie in montagna

Chi ama la montagna e l’alpinismo mette in conto che, inevitabilmente, una scelta di vita del genere nasconde degli evidenti rischi, un aspetto testimoniato dai tanti fatti di cronaca nera che si susseguono in modo frequente sulle vette.

Di recente, il corpo di Giordano Donà, l’alpinista disperso nel 2019 mentre cercava di raggiungere il Monte Breithorn, è stato incredibilmente ritrovato. A dare l’annuncio la figlia Marina con un post su Facebook.

Ul cadavere è stato recuperato dalle autorità svizzere nelle zone del Piccolo Cervino. Giordano, amato sportivo e alpinista, è stato identificato grazie agli abiti e all’attrezzatura.

 

morto ermanno salvaterra alpinista brenta Fonte foto: iStock/Facebook
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